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L’ora nera – recensione in anteprima

Cineblog recensisce in anteprima L’ora nera. Regia di Chris Gorak, con Emile Hirsch

pubblicato 19 Gennaio 2012 aggiornato 1 Agosto 2020 04:56

Quello di Chris Gorak è un passato di un certo spessore. Art director a fianco di registi come Terry Gilliam, Steven Spielberg, David Fincher e i fratelli Coen, Gorak conta all’attivo, in questa veste, collaborazioni davvero blasonate: Paura e delirio a Las Vegas, Fight Club, L’uomo che non c’era, Minority Report. Uno, insomma, che oltre ad essere un privilegiato (per sorte o per talento, non sta a noi dirlo), ha avuto modo di cimentarsi in pellicole un po’ più particolari. Alla portata di molti, probabilmente, ma senza dubbio meno inquadrate entro certi schemi – alcune di queste sono considerate di culto oramai.

Può dirsi la stessa cosa riguardo a L’ora nera? Beh, non proprio. Al suo secondo film da regista, Gorak ha fatto leva su un territorio ampiamente esplorato, puntando sul coinvolgimento emotivo di un pubblico che, in piccola o larga parte, è stato letteralmente travolto dalla mania post-apocalittica. Letteratura, musica, cinema, videogiochi e quant’altro hanno celebrato questo valzer di teorie sulla fine del mondo. Per alcuni un asteroide, per altri degli sconvolgimenti atmosferici interni, per altri ancora la guerra atomica. E gli alieni? E’ chiaro, niente compatta meglio dell’idea di una minaccia esterna al pianeta stesso. Ce l’avra fatta il buon Gorak?

E’ vero, in realtà la domanda è ridondante, anche perché una risposta l’abbiamo pure data. Ed anche troppo secca, a ben vedere. Tuttavia si tratta di onestà. Intanto partiamo col configurare il contesto. Due giovani ragazzi americani partono per Mosca con in tasca qualche mappa con sopra segnati alcuni dei posti più in del luogo, ed un progetto che potrebbe cambiare le loro vite.

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Il progetto sfuma ma le loro vite cambiano ugualmente. Mentre smaltiscono la delusione in un lussuoso locale, avviene qualcosa. Cos’è che si staglia all’orizzonte dinanzi ai loro occhi? Per alcuni trattasi di un affascinante fenomeno atmosferico, altri invece non sanno cosa pensare. Una pioggia di fuochi fatui dall’insolita intensità cromatica si abbatte sulle strade. Neanche il tempo di ammirarne la bellezza, che il primo poliziotto viene polverizzato in un istante. Da lì tutto ha inizio.

L’ora nera ci mette poco a manifestare i propri intenti, alle cui spalle non si scorge certo la volontà di portare chissà quale ventata d’aria fresca. La trovata, se di questo si tratta, più interessante sta semmai nel proporre un nemico letale, i cui punti deboli, chiaramente, vengono fuori alla lunga. Per il resto assistiamo ad un nutrita serie di stereotipi, peraltro neanche tanto articolati. E’ questo il caso del gruppo che tenta di sopravvivere alla catastrofe: i più smaliziati riuscirebbero a tirar sù qualche soldo se solo si cimentassero nello scommettere chi resta e chi invece verrà fatto fuori.

Altri, meno sottili, ma altrettanto eclatanti, emergono in sede di recitazione. Frasi del tipo “non sono piccola” allorquando così viene chiamata una spericolata tra le protagoniste, in evidente fase di ribellione pre-adolescenziale; oppure, cito a memoria, “non possiamo mai dire di conoscere abbastanza noi stessi“, rappresentano solo alcuni di questi esempi. Ma il migliore, a nostro parere, ci viene offerto da un russo a seguito di uno scontro con una di queste forme aliene: “benvenuto in Russia, coglione!“.

Insomma, il confine tra sterile e colto citazionismo non sempre è così netto. Di conseguenza, scampoli di frasi che in noi hanno suscitato un benevolo sorriso, in altri potrebbero generare esaltazione, se non addirittura ammirazione per quelli che venire recepiti addirittura come “omaggi”. D’altro canto, potevano degli americani che scorrazzano all’interno della Madre Russia farsi mancare il ricorso a Ivan Drago in almeno una delle loro conversazioni?

Non fraintendeteci, però. Al di là dell’ironia con cui ci siamo permessi di portare sin qui avanti la nostra analisi, L’ora nera è un film che sa intrattenere. Non percorre sentieri astrusi, bensì preferisce battere quelli più sicuri e maggiormente rodati della “fantascienza da cartolina”, se ci passate l’espressione: quella accessibile a tutti, e di cui tutti possono godere, magari divertendosi pure. Qualcuno, malignamente, parlerebbe di “film da pop-corn”, ma anche se oramai è troppo tardi, una certa professionalità ci impone considerazioni un attimino più alte.

La città, per esempio. Anche se Mosca l’abbiamo vista a stento in foto, non fatichiamo a credere che di scorci piuttosto evocativi ce ne siano a bizzeffe. Ecco, perché non servirsene? Forse per motivi legali? Chi lo sa. Sta di fatto, però, che, salvo alcuni campi lunghissimi e sin troppo somiglianti tra loro, il film tende a prediligere gli interni per buona parte della sua durata. Senza alcuna particolare pretesa introspettiva circa i sentimenti dei personaggi, la scena mostra questo, ossia la fuga di alcuni ragazzi in cerca di sopravvissuti, mentre tentano a loro volta di non crepare.

Poco o niente emerge dello stato in cui versa la salute mentale dei protagonisti, al che dubitiamo che fosse questa l’intenzione. La domanda non è, come accade in molte pellicole di questo tipo, “cosa faremmo noi al loro posto?“, bensì… non ci sono domande da porsi. Gli eventi si susseguono piuttosto in fretta, dandoci appena il tempo di registrarli. Poche le pause, intervallate da qualche sequenza più movimentata. Un action in crescendo, insomma, il cui culmine risiede proprio nelle ultime fasi del film.

Buona la prova di Emile Hirsch, il quale conferma una certa duttilità nell’affrontare pellicole di taglio diametralmente opposto (in grado cioè di interpretare ruoli da protagonista sia in un film come La ragazza della porta accanto, sia in uno come il toccante Into the wild). Il tutto all’interno di uno scenario che, però, raramente dà ragione di una catastrofe come quella che segue a un’invasione aliena su scala mondiale.

Nonostante questo, non ci sentiamo di bacchettare oltremodo quest’ultimo lavoro di Gorak. Gli amanti della fantascienza potrebbero trovare ne L’ora nera una buona pellicola con cui saziare le esigenze dettate dalla loro propensione. Fantascienza, non scienza, mi raccomando. Quanto al 3D, le cose stanno così: in alcuni film è godibile, in altri superfluo, in altri ancora deleterio. L’ora nera rientra nell’ultimo gruppo. Sia chiaro, non è giudizio di carattere tecnico; probabilmente in altre condizioni il 3D sarebbe stato l’ideale. In realtà noi, come in altri casi, abbiamo sofferto il contrasto troppo scuro delle immagini.

Ultima nota a margine è rappresentata da una piccola considerazione che vogliamo concederci. Che Hollywood sia sempre stata adoperata quale trampolino di lancio per le mode più bizzarre è cosa nota. Non c’è spazio per citare la comunque cospicua bibliografia che tratta questo specifico argomento, sostenuto anche da personaggi degni di credito. E nonostante non sia stato il 2012 secondo i Maya a dare il là a certe tendenze, gli sforzi profusi in simili progetti vanno anche letti alla luce dei tempi che viviamo. Insomma, dopo l’ennesimo film che ci parla di un mondo in cui l’esistenza stessa della razza umana è minacciata da un’invasione aliena, non vorremmo che si perdesse di vista la realtà delle cose. Se avete paura dei lupi, non tenete gli occhi fuori dal recinto. Pur non mescolandosi con le pecore, questi sono già dentro. E mentre siamo presi dal guardar fuori, attorno a noi viene fatta terra bruciata. Poi oh… è chiaro che forse il fascino di un normalissimo animale, a livello di semiotica, oggigiorno non regga il confronto con quello di un fuoco fatuo, ci mancherebbe.

Voto di Antonio: 6,5
Voto di Simona: 6+

L’ora nera (The Darkest Hour, USA, 2011). Regia di Chris Gorak. Con Emile Hirsch, Olivia Thirlby, Max Minghella, Rachael Taylor, Joel Kinnaman, Dato Bakhtadze, Yuriy Kutsenko, Artur Smolyaninov e Nikolay Efremov. Nelle nostre sale dal 20 Gennaio. Qui trovate il trailer italiano.