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A Woman and War: recensione in anteprima del film in concorso a Torino 2013

Torino Film Festival 2013: estremo e sconvolgente, A Woman and War è uno dei film più agghiaccianti degli ultimi anni. Da un pupillo di Wakamatsu, un’opera che invita a rivivere orrori e sensazioni della fine della Seconda Guerra Mondiale in Giappone. Anche a costo di urtare la sensibilità del pubblico. In concorso.

pubblicato 28 Novembre 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 06:50

E sembrò per qualche istante di riavere Kôji Wakamatsu. Già, perché A Woman and War è l’opera prima di un assistente e pupillo del grande regista nipponico scomparso all’improvviso l’anno scorso. L’influenza dell’autore di United Red Army e Caterpillar perciò si vede nell’opera firmata da Junichi Inoue, eccome se si vede.

Un vero e proprio shock: uno di quei film che ti mettono in gioco da ogni punto di vista. In America direbbero innanzitutto che è very graphic, ovvero molto crudo e realistico dal punto di vista visivo. C’è poi chi potrebbe fare degli accostamenti addirittura con il torture porn, e scatterebbe immediatamente la discussione. Fatto sta che A Woman and War ha messo in discussione il pubblico del Torino Film Festival, dov’è in concorso.

In Giappone, negli ultimi anni della Seconda guerra mondiale, si incrociano i destini di una prostituta che non ha mai provato piacere ma continua a inseguirlo, di uno scrittore fallito che ha scelto di sfogare nel sesso il dolore per gli stravolgimenti subiti dal suo Paese e di un reduce tornato a casa senza un braccio.

Incapace di riprendere a vivere normalmente perché ossessionato dagli stupri commessi sul fronte cinese, l’uomo senza un braccio fa partire moglie e figlioletto fuori dal Giappone per metterli al sicuro, e comincia a picchiare, stuprare ed uccidere ragazze. Ne esce fuori un groviglio inestricabile di colpe e violenze generato dalla follia della guerra, che perseguiterà i tre personaggi come in un incubo.

Abbiamo citato Wakamatsu per ovvie ragioni. Nel film si nota una “compostezza grezza” che richiama il suo stile per mettere in scena orrori e crudeltà di un contesto invivibile. Inoue sceglie di dirigere il suo film con inquadrature semplici che si alternano a movimenti di macchina più sporchi e bruschi (si notino quegli zoom così irrequieti), usando una musica altrettanto semplice che con le immagini assume tonalità incredibilmente inquietanti.

Ma se si cita Wakamatsu non si può non citare anche Nagisa Oshima, la cui influenza è più indiretta, ma c’è ed è ben visibile. In A Woman and War c’è tanto, tantissimo sesso, quindi si ritorna lì, a L’impero dei sensi (quasi citato in una delle ultime scene del film: ricordate l’orgasmo “strozzato”?). “Quando si parla di politica e sessualità non si può proprio prescindere da Oshima”, ha dichiarato Inoue dopo la proiezione a Torino.


L’influenza dei due maestri quindi è notevole, anche se A Woman and War non raggiunge le vette dei loro lavori migliori. Dà soprattutto l’impressione di non saper bene quando fermarsi, quando non oltrepassare quella linea del “visibile” che poi sconfina nel gratuito. Ci sono tantissime scene di stupri, alcune a tratti davvero insostenibili. Si noti solo il totale in cui il padre senza un braccio violenta la prima ragazza: la picchia, la fa svenire, la stupra e la strozza. Una scena lunghissima che porta a chiedersi dove sta il limite di certe scelte.

Non sappiamo con certezza se Junichi Inoue ha fatto bene a mostrare così tanto o è andato troppo oltre senza rendersene conto. Forse il senso di A Woman and War, che descrive un’epoca agghiacciante della guerra vista dal Giappone perdente e in crisi totale, sta proprio in questa sospensione. Fatto sta che, almeno per la prima ora, il film è davvero qualcosa di sconvolgente, che ti spiattella in faccia atrocità di guerra impossibili da sostenere.

In A Woman and War i tre protagonisti sembrano ormai incapaci di provare alcun sentimento. Lo scrittore si è innamorato una sola volta nella vita, dieci anni fa, e usa la prostituta come “bambola”. La donna ha imparato grazie all’esperienza nei bordelli (è stata venduta come schiava sessuale a 13 anni) come far venire in fretta gli uomini per poter avere più clienti in una giornata, e non prova più alcun godimento.

Ricomincerà a provare sensazioni erotiche solo quando la violenza subentrerà nei suoi rapporti sessuali. Ancora peggio, si fa per dire, va al padre di famiglia, che dopo averne vissute in prima persona di tutti i colori in Cina, tra strupri, eccidi e torture, si eccita solo quando usa la violenza contro le donne. Terribile il momento in cui capisce che solo così può avere un’erezione (ce l’ha guardando una donna che viene violentata da tre uomini…).

Viene a crearsi una situazione in cui non si sa proprio dove ricercare alcuna morale, perché una morale non c’è più. D’altronde, se i bombardamenti sembrano agli occhi della prostituta “belli come fuochi d’artificio” e se alla fine della guerra si dichiara che quel periodo “è stato come un sogno”, non si sa davvero come reagire.

Poi A Woman and War inizia ad essere un po’ ripetitivo, prova a chiarire fin troppo palesemente le sue posizioni anti-guerra e anti-violenza con troppi discorsi tra i personaggi e rischia grossissimo dal punto di vista del ritmo. Però quello di Inoue è un film che prima di provocare e prima di “piacere” (può “piacere” un film così?) invita davvero a rivivere in prima persona quegli orrori che mette in scena, facendo vivere sulla pelle altrui sensazioni che non si vorrebbe manco sapere che esistono. Lo fa anche rischiando di offendere la sensibilità del pubblico. Chissà, forse solo così non si ha più la tentazione di riscrivere la Storia…

Voto di Gabriele: 7

Senso to Hitori no Onna (A Woman and War) (Giappone 2013, drammatico 98′) di Junichi Inoue; con Noriko Eguchi, Masatoshi Nagase, Jun Murakami, Akira Emoto, Sakiko Takao, Hako Oshima, Yôta Kawase, Kazuhiro Sano. Qui il trailer.

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