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Cannes 2012: piccole recensioni di After the Battle e Paradies: Liebe

I film di Yousry Nasrallah e di Ulrich Seidl recensiti per i lettori di Cineblog

pubblicato 18 Maggio 2012 aggiornato 1 Agosto 2020 01:19


“Baad el mawkeaa” (After the Battle) di Yousry Nasrallah

Una volta membro di uno dei celebri gruppi armati costretti dal Governo Egiziano a combattere con violenza i protestanti di Piazza Tahrir il 2 febbraio 2011, Mahmoud ha perso il lavoro, è stato ripetutamente picchiato e umiliato, ed è stato bandito dalla sua stessa comunità vicino alle Piramidi. Mahmoud e la sua famiglia sono disperati, quando l’uomo incontra Reem, una giovane ragazza egiziana, laica, divorziata e dalla mentalità aperta. Il loro incontro cambierà le vite di entrambi per sempre.

Due ovvietà, tanto per iniziare. Ai festival c’è sempre “il” film politico, spesso più di uno, magari in concorso. After the Battle è il primo. Seconda ovvietà: ci sono film “necessari”, ma che non per questo sono riusciti. Va da sé che spesso, se un film viene identificato come necessario, fa male scriverne male. Però, se il film non è riuscito, bisognerebbe segnalarlo comunque. E questo è ancora il caso del film di Nasrallah, prima delusione di Cannes 2012.

Il film si butta subito a capofitto nell’attualità, ma non solo per quello che racconta, ma per come lo racconta: la prima sequenza è infatti un video preso da Youtube di quell’ormai celebre 2 febbraio, conosciuta come “battaglia dei cammelli”, in quanto i proprietari di cavalli e cammelli del villaggio beduino Nazlet furono riconosciuti dai rivoluzionari come persone pagate da Mubarak per portare scompiglio.

After the Battle-foto

C’è subito qualcosa che non quadra nel film. Credo che innanzitutto su tutta l’opera aleggi un’atmosfera un po’ naïve, forse a causa di qualche dialogo non proprio oliato e troppo “diretto” (quindi poco verosimile, in un contesto così realistico ed urgente). Stride poi, in questo insieme, l’uso di alcuni – pochi – movimenti di macchina decisamente raffinati, come nel momento in cui Reem, Mahmoud e un amico osservano in silenzio le piramidi illuminate. Ma poco male: non è questo il punto.

After the Battle è forse il primo lungometraggio a narrare gli eventi della Rivoluzione del Nilo, ma la giusta intenzione di Nasrallah è quella di girare un film di fiction. Quindi, inserire una storia inventata in un contesto reale. Non gli riesce bene, perché la storia d’amore (castrata) tra i due protagonisti non appassiona, non prende e non tocca alcuna corda. Mentre tutti i discorsi che il film tocca di striscio (la dicotomia tradizione/progresso, il privato e il pubblico, la questione delle donne, l’importanza della cultura) non si amalgamano mai a dovere in un contesto coerente.

Ne esce fuori un film disordinato, che si focalizza man mano su alcune cose e ne dimentica per strada altre. After the Battle disorienta lo spettatore, e potenzialmente non dovrebbe neanche annoiare. Invece si normalizza su un registro piatto e monocorde che poco aiuta ad entrare in empatia sia con i protagonisti che, più grave, con le vicende che descrive. E non basta un’ultima, bellissima e metaforica inquadratura finale a salvare l’insieme.

Voto di Gabriele: 4.5

Paradies: Liebe_2

“Paradies: Liebe” di Ulrich Seidl

Madre e figlia. La ragazzina ha 13 anni, è obesa, e viene mandata via dalla madre per le vacanze. Anche la donna, Teresa, se ne va in vacanza da sola. Vola a Mombasa, in Kenya, per trovare l’amore, e forse un amante di colore.

Prima inquadratura (fissa): alcuni disabili sopra le macchinine degli autoscontri. Improvvisamente inizia il gioco. Il caos: chi urla, chi ride, chi va per inerzia. A guardarli e sorvegliarli c’è Teresa, la nostra protagonista. Colei che evidentemente non è soddisfatta della sua vita, e per questo cercherà “relax” in Kenya.

Liebe è la prima parte della trilogia Paradies. Gli altri capitoli saranno “Fede” e “Speranza”, e uno di questi sarà certamente focalizzato su Melanie, la figlia di Teresa, spedita dalla mamma in campeggio. Quasi un “mega-film”, con personaggi accomunati da un dettaglio, una sfumatura, una parentela, ma che viaggiano per conto proprio. Una costante nel cinema di Ulrich Seidl.

“Le persone sono così crudeli”, si diceva in Canicola, film cinico e sgradevole. Teoria confermata con Import/Export: un film che ho seguito con molto interesse, e che mi ha spesso sconvolto e depresso in modo così forte che a due ore (ne dura 140) mi son chiesto il perché dell’operazione. Seidl era documentarista, ovvio che osservi la realtà e la registri con inquadrature ordinatissime, (ir)reali, spesso sconvolgenti per semplicità e resa pittorica.

Paradies: Liebe

Paradies: Liebe guarda con sguardo oggettivo e distaccato al turismo sessuale e al razzismo occidentale. Teresa arriva in Kenya, trova un vero e proprio “paradiso”, e più ci sta più si lascia andare a tutta la sua volgarità, in un turbinio di erotismo ed esotismo di riporto. Scatta fotografie alle scimmie che le arrivano in balcone e ai peni degli amanti (Gabriel, Munga, Salama, …), schernisce un cameriere per la sua pronuncia tedesca, e via dicendo.

Teresa, insomma, si vuole comprare un po’ di amore. Paga i ragazzi neri per far sì che la tocchino come lei vuole, con gentilezza. Dall’altra parte, Seidl non si ferma lì, e descrive l’altra faccia della medaglia: quella dei ragazzi di colore che vivono quella situazione “normalmente” e, anzi, approfittano di queste signorotte grasse, brutte e volgari per prendere un po’ di soldini. Quasi quasi se lo meritano alla grande.

Paradies: Liebe ricorda per tematica un sottovalutato film di Laurent Cantet, Verso il Sud, ma è nella forma e nei contenuti un film di Seidl al 100%. Provocatorio e “semplice”, grottesco e mostruoso, con momenti di grasse risate e altri di gelo (terribile la lunga sequenza in cui quattro done fanno a gara a chi fa eccitare per prima un ragazzo-oggetto…).

Arrivava sulla Croisette già con la fama di film che avrebbe diviso, e lo ha fatto. C’è chi ci vedrà un gran film autoriale, chi una sòla pazzesca. Seidl ha forse poche idee, ed una sola in particolare sull’umanità, e a volte pare girare a vuoto. Ma la sua visione del mondo è portata avanti con coerenza e rigore. Un film da lasciar depositare.

Voto di Gabriele: 7

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