Home Festival di Cannes The Homesman: Recensione in Anteprima del film di Tommy Lee Jones in Concorso a Cannes 2014

The Homesman: Recensione in Anteprima del film di Tommy Lee Jones in Concorso a Cannes 2014

Il western secondo Tommy Lee Jones è spigliato, divertente e terribile. Una donna alle prese con una missione da uomo, ossia proteggere tre sue concittadine dopo aver perso la ragione

pubblicato 20 Maggio 2014 aggiornato 31 Luglio 2020 01:34

Un fenomeno stranissimo sta avvenendo in un minuscolo centro abitato del Nebraska. Tre donne vanno fuori di senno, come disconnesse: sguardi nel vuoto, incuranti di ciò che sta loro attorno. La diagnosi è incerta, mentre la soluzione è netta: bisogna mandare le tre sventurate presso una chiesa battista che si trova nell’Iowa. Più facile a dirsi che a farsi.

Siamo intorno alla metà dell’800 e scorazzare attraverso quelle lande desolate, in un territorio ancora così vergine, è un po’ come passeggiare fuori dalle mura nel Medioevo. Eppure qualcuno che si prenda la briga di affrontare un viaggio così pericoloso è indispensabile. Come fare? Mary Bee Cuddy (Hilary Swanson) è un membro di tutto rispetto all’interno della comunità, sebbene non sia ancora sposata. Sconcertata dai tentennamenti degli uomini, prende il controllo della situazione e si propone come traghettatore lungo quell’impervio viaggio. Comincia così un’avventura fuori parametro, per il genere, per l’epoca.

Tommy Lee Jones porta in concorso un western abbastanza codificato, classico se vogliamo, ma svecchiato in maniera pressoché impeccabile. Ipnotizzante, The Homesman rimesta nell’ambito della tradizione per poi tirare fuori dal cilindro un prodotto solido e d’effetto. Già a partire dall’ambientazione, in relazione alla quale si lavora per sottrazione, limando il più possibile pur mantenendo intatto il mood nonché la presa emotiva che esercita. Certo, grazie anche ad una confezione impeccabile, su cui non si poteva glissare così impunemente – laddove certi scorci e certe composizioni, per nulla articolate, necessitavano come dell’aria di una fotografia che tenesse il passo.

E, come avrete già intuito, contravvenendo a quella che se non un regola è senz’altro uno delle consuetudini più consolidate, ossia l’assegnazione di un ruolo di primo piano a una donna. E che donna. La Swank è una scelta solare, che s’integra nella parte pienamente, perché il suo non è un personaggio semplice, sospetto d’incredulità a priori. Ed invece la protagonista di Million Dollar Baby asseconda la sfida con decisione, non limitandosi al compitino. La Mary di The Homesman, ci viene detto, è una donna estremamente autoritaria, di indole forte. Vero. Ma quasi mai ci ha abbandonato la sensazione di trovarsi dinanzi a una creatura fragile, ancor più in un contesto che la vede tendenzialmente svantaggiata. E la Swank non fa nulla per celarlo, dotando anzi il proprio personaggio di una forza che a tratti addirittura commuove.

Ma data la natura della missione, l’idea di portarla a termine da sola, e con un simile carico, avrebbe retto ben poco. Ecco allora saltar fuori il personaggio di Jones, un senza-nome che per facilitare le cose a noi e agli altri si fa chiamare George Briggs (nome inventato di sana pianta). Il percorso intrapreso dai due è di un fascino ammaliante, che dispensa dolcezza e spietatezza in egual misura dunque in modo equilibrato. Sono parecchi i momenti in cui The Homesman è lì sul punto di andare fuori strada, eccedere, vanificando magari un’ottima intuizione. Ma non succede. Mai. Un attimo prima si sorride per un episodio perfino grottesco, salvo poi venire scaraventato a terra da una delle parecchie, ben disposte scene disturbanti. Come all’inizio, quando Theoline (Miranda Otto), oramai in preda a questo stato confusionale permanente, incede lentamente verso una latrina con in braccio il proprio bambino. Quest’ultimo di lì a poco finirà in mezzo agli escrementi lanciato come un sacco di patate.

Sono questi estemporanei rovesciamenti atmosferici, imprevedibili, a turbare lo spettatore, che si lascia volentieri manovrare da un film per cui le etichette sono tutt’al più un punto di partenza su cui intavolare un discorso ben più ampio. La bravura di Jones in cabina di regia è tanta, e si vede. Il suo non è certo uno di quei western movimentati, bensì riflessivi, che non c’entra nulla con passivi. Aggiungendo un tassello dopo l’altro, solo a posteriori si riesce ad apprezzare a pieno l’abilità nel far convergere tutto verso quel medesimo punto. Un punto che in The Homesman è la svolta, l’irrimediabile punto di non ritorno.

Crudo, senza però rinunciare ad un certa vena leggera, almeno in apparenza. Sarebbe infatti un errore fraintendere il seppur insopprimibile humor del film, così nero e disincantato – tanto che a tratti viene da pensare ai fratelli Coen che tornano a girare un western, stavolta però a briglia sciolta. L’ironia di Jones è tagliente, anche se non sappiamo dire se e quanto debba all’autore dell’omonimo romanzo, Glendon Swarthout, non avendolo ahinoi letto. Sta di fatto che il regista-attore indovina il tenore, non sbaglia sul ritmo ed è anche bravo a scegliersi dei compagni d’avventura eccezionali.

Uno spaccato romantico su di un’epoca e una terra che, tocca dirlo, sembrano non esaurire mai le proprie cartucce: infinito il numero di storie a carattere universale che vi si possono innestare. Qui più che altrove. Tommy Lee Jones rinvigorisce un modello apparentemente così rigido che in pochi riescono a raccapezzarcisi, mentre lui dà vita ad un lavoro a suo modo magico e pressoché privo di difetti. Due ore all’insegna della scoperta, come ogni viaggio dovrebbe essere, troppo occupati a tenere d’occhio i personaggi ed il cadenzato avvicendarsi degli eventi per guardare l’orologio.

Il suo George Briggs, una senza-nome che il nome se lo deve inventare per mettere a tacere la testarda Mary, è un personaggio parterno, carismatico, tendenzialmente simpatico, una canaglia dal cuore tenero insomma. Tema anche questo azzeccato, fin dove ci è concesso arrivare. Il resto non ci resta che osservarlo in lontananza, come quell’ultima, meravigliosa scena che chiude il film. Meravigliosa, sì. Ma non meno devastante. Perché gli eroi, in fondo, non sono mai esistiti. Tantomeno nel lontano west.

Voto di Antonio: 9
Voto di Gabriele: 8

The Homesman (USA, 2014) di Tommy Lee Jones. Con Tommy Lee Jones, Hilary Swank, Grace Gummer, Miranda Otto, Sonja Richter, David Dencik, John Lithgow, Tim Blake Nelson, James Spader, William Fichtner, Jesse Plemons, Evan Jones, Hailee Steinfeld, Meryl Streep, Barry Corbin, Autumn Shields e Caroline Lagerfelt.

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