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Le dernier coup de marteau: Recensione in Anteprima

Il miglior film francese in Concorso, se non qualcosa di più. Le dernier coup de marteau di Alix Delaporte tocca il cuore e lo fa in modo intelligente, commovente e privo di scomode didascalie

pubblicato 3 Settembre 2014 aggiornato 30 Luglio 2020 22:34

Un’automobile si ferma in prossimità di un ponticello. Escono fuori dalla macchina una donna ed un ragazzino scambiandosi appena qualche parola, finché la donna non si tuffa in acqua con tutti i vestiti. Di lì a poco anche il giovane sarà in acqua. In questa scena, che arriva non subito dopo l’inizio di Le dernier coup de marteau di Alix Delaporte (Angèle e Tony), c’è grossomodo il programma strutturale di ciò che troviamo lungo il corso di questa commovente storia. Una di quelle che tante volte hanno tentato di trasporre, spesso e volentieri perdendosi rovinosamente a metà strada.

Victor (Romain Paul) è un tredicenne taciturno e difficile da gestire. Vive con la madre Nadia (Clotilde Hesme), praticamente su una spiaggia a pochi metri dal mare. Per casa una roulotte. Il loro non è un rapporto facile, sia perché la madre è sola ma soprattutto per via della malattia di quest’ultima, che non a caso ha i capelli rasati. Il cinema di Delaporte non predilige particolarmente i dialoghi, preferendo di gran lunga affidarsi al non detto, alla costruzione sapiente di episodi ciascuno dei quali colpisce in pieno stomaco (o petto, dipende).

Anche in Le dernier coup de marteau Delaporte adotta un registro spiccatamente non verbale, lasciando che siano gli eventi a parlare. C’è tutta una serie di risvolti che è possibile tutt’al più inferire da quanto accade sullo schermo, talvolta agevolmente, altre un po’ meno. Tuttavia il film non è ermetico, né esagera nel fare economia di parole, frasi, che però sono posate, centellinate anche quando di per sé non esprimono null’altro che la credibilità del momento.

Victor si trova impegnato su più fronti. Nella squadra di calcio per cui gioca il suo allenatore è convinto che il giovane abbia le carte in regola per sfondare; a casa il rapporto con la madre, anche se complesso, è segnato da un amore profondo; in più vi è un altro fronte, ovvero quello di un direttore d’orchestra venuto a Montpellier per un concerto. Si tratta del padre di Victor, che quest’ultimo tenta in tutti i modi di avvicinare attirando la sua attenzione, per esempio marinando la scuola e recandosi nella sala in cui si svolgono le prove. Va ammesso che alcune delle scene più toccanti, in una storia che vive di questo tipo di scene (solo noi ne abbiamo contate all’incirca cinque/sei di quelle davvero potenti), avvengono proprio quando padre e figlio stanno insieme. Altro punto per Delaporte.

Sì perché in questi frangenti la regista francese porta avanti un discorso che, tra le altre cose, evidenzia la disparità sociale tra i due: da un lato il ragazzino, costretto a vivere su una roulotte, sempre al verde, mentre tira a campare; dall’altro il direttore d’orchestra affermato, che cammina in Mercedes ed offre pranzi al giovane. Eppure non un ulteriore accenno alla cosa, nel senso che in nessun caso viene calcata la mano su una tematica che altrove avrebbe molto probabilmente preso il sopravvento. In primo piano ci sono semmai i lunghi tragitti a piedi di Victor, che per amore di farsi notare finisce addirittura col coltivare, poco alla volta, una vera passione per la musica classica.

Altro elemento importante in termini di narrazione è senz’altro il personaggio di Mireia Vilapuig, Luna, ossia la coetanea di origini spagnole che vive accanto a Victor. Una ragazzina piuttosto intraprendente, spigliata oltre che bella. Il rapporto tra i due è di una dolcezza esemplare, e che si snoda per lo più attraverso due episodi, i quali denotano un’affinità oseremmo dire spirituale tra i due come difficilmente se ne vedono. Scene brevissime, come la seconda, che è sostanzialmente un passo di danza che Luna improvvisa davanti a Victor mentre passeggiano sul finire del film; la prima assume invece un’altra portata, emotivamente più vigorosa: si tratta di quando lei rasa i capelli a zero a lui. Da evidenziare c’è che nessuna di queste due scene viene, per così dire, preparata: accadono così, quasi di un punto in bianco. Ma nonostante questo picchiano forte; anzi, forse proprio per questo.

Quanto al rapporto con la madre malata, beh, qui Le dernier coup de marteau raggiunge picchi quasi sublimi. Per certi versi si sarebbe addirittura tentati di credere che l’asse madre-figlio sia portante, o quantomeno centrale. Al momento non ci sentiamo in grado di esporci in tal senso, anche se propendiamo per l’idea secondo cui ciascun macro-segmento regga abbastanza bene anche da solo. Ma è al tempo stesso difficile dirlo, perché l’amore di Victor verso Nadia è radicale, senza però mai sfiorare derive patologiche, ché Delaporte si dimostra alquanto abile a dribblare. Un amore che, a conti fatti, incide su ogni scelta o atteggiamento del ragazzino trovatosi adulto all’improvviso. Uno che per avere l’età che ha ne ha passate parecchie, al che quel garbato, meraviglioso sorriso conclusivo, dopo un intero film col volto tirato, scuro e quasi mai disteso, diventa un gigantesco urlo che libera non solo Victor ma anche noi. In silenzio.

Voto di Antonio: 8,5
Voto di Federico: 8,5
Voto di Gabriele: 9

Le dernier coup de marteau (Francia, 2014) di Alix Delaporte. Con Romain Paul, Clotilde Hesme, Candela Peña, Grégory Gadebois e Mireia Vilapuig.