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Vulcano: recensione in anteprima del film Ixcanul in concorso a Berlino 2015

Il primo film del Guatemala a concorrere per l’Orso d’Oro è pure un’opera prima: a Jayro Bustamante non manca il talento.

pubblicato 8 Febbraio 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 18:21

Festival di Berlino 2015: il primo film guatemalteca in corsa per l’Orso d’Oro è Ixcanul Volcano, ed è un’opera prima. Dirige Jayro Bustamante, che ci porta nella terra dei discendenti Maya, tra tradizioni locali e la voglia dei giovani di fuggire altrove. In concorso.

Maria vive assieme ai genitori, discendenti dei Maya, presso una piantagione di caffè ai piedi di un vulcano ancora attivo. I genitori le hanno arrangiato il matrimonio con un uomo che sta appena per conoscere, ma quello che interessa alla ragazza è il mondo oltre il vulcano stesso, per lei una zona ancora inesplorata e quindi tutta da scoprire. Seduce quindi un giovane mietitore che vuole scappare verso gli Stati Uniti.

Jayro Bustamante è all’opera prima, e quasi non si vede. Il suo Ixcanul Volcano, per dire, è il primo film guatemalteca ad essere in concorso al Festival di Berlino, e già questo pare un bel record di un autore di vecchia data in attesa solo di un ulteriore prestigio. Guardando il film si capiscono le motivazioni di inserirlo nella corsa all’Orso d’Oro: è effettivamente un prodotto ‘perfetto’ per una competizione del genere.

Siamo dalle parti del world cinema, quello che appunto si vede quasi solo nel circuito festivaliero: ma è del tipo più pregiato. Se Ixcanul Volcano funziona è proprio grazie al talento di Bustamante. Il suo è innanzitutto un grande lavoro di regia, quindi di approccio e di scelte rispetto alla materia e alla storia raccontata.

Non era facile non cadere in molti di quegli stereotipi da film arthouse che abbiamo già visto tantissime volte e che già hanno vinto Orsi, Palme e Leoni. Il rischio c’era tutto, anche perché un lavoro a suo modo simile come Il matrimonio di Tuya un Orso d’Oro l’aveva già vinto. Invece già col passare dei primi minuti si capisce che ci troviamo di fronte a un altro film: con un altro approccio, per l’appunto.

Certo, sin da subito ci sono inquadrature e momenti che richiamano tutto il filone che abbiamo citato: camera fissa sul primo piano della protagonista, mentre la madre le orna i capelli, oppure l’uccisione in diretta di un maiale. Però Bustamante non fa mai exploitation, e si vede. Anche perché nella regione Kaqchikel ci è cresciuto, e quindi la conosce bene e di conseguenza la rispetta.

Rispetta questa comunità abbandonata da tutto e tutti, che vive in zone remote, lontanissima dalla città. Una comunità che vive alla giornata senza acqua corrente ed elettricità, e che col tempo si è pure indurita rispetto al resto del mondo e non vuole manco imparare a parlare lo spagnolo. Ovviamente c’è anche il rovescio della medaglia, visto che le colpe della tradizione e di una situazione in stallo si ripercuotono sui ‘figli’.

La storia di Maria alla fin fine è quella di un travagliato coming-of-age in cui la nostra protagonista vorrebbe tanto fuggire per trovare se stessa, ma è imprigionata in una ragnatela. Tale ragnatela ha come fondamenta la tradizione del luogo, con tutte le sue superstizioni e i suoi riti del caso, molti dei quali li vediamo sul grande schermo. Sono tutti veri.

C’è anche un gran senso della Natura, della sua forza impassibile e austera, in Ixcanul Volcano. Dalla forza del vulcano arriva una strana energia, dalle sue scintille giunge la speranza, mentre nella piantagione di caffè i serpenti non tendono ad allontanarsi nemmeno con i metodi più avanzati (americani, ovviamente…). C’è persino un certo senso di sessualità e sensualità a tratti quasi primordiale, si veda la scena di Maria con l’albero.

Visivamente il film è uno splendore, composto sia da inquadrature fisse di ogni tipo (dai primissimi piani ai campi totali) passando per inquadrature mobili girate con mano sicura. La fotografia è di qualità sopraffina, e non si potrebbe chiedere di meglio da un prodotto dal genere. E se gli attori sono per forza di cosa perfetti, c’è spesso un umorismo di fondo che scaturisce direttamente dalle tradizioni – senza intento di scherno alcuno, ovviamente: sapevate mica che per far eccitare i maiali si dà loro da bere del rhum?

È quindi un peccato che si arrivi a una parte finale concitata e un po’ convulsa, e a suo modo persino prevedibile. Se Bustamante avesse creduto fino in fondo nel suo talento da regista e meno nella trama, avrebbe potuto concludere in maniera più ‘originale’. Così com’è Ixcanul Volcano è invece un film che da lento piacere visivo e sensoriale si trova per forza a dover sposare un plot che non ha la forza di tutto l’apparato che lo supporta. Però accidenti, forse è nato un autore, e mica è poco.

Voto di Gabriele: 7

Ixcanul [Ixcanul Volcano] (Guatemala / Francia, drammatico 2015) di Jayro Bustamante; con María Mercedes Croy, María Telón, Marvin Coroy, Justo Lorenzo, Manuel Antún.

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