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Le regole del caos di Alan Rickman: Recensione in Anteprima

Alan Rickman ci porta nella Versailles del 1682 e nei suoi meravigliosi giardini, intrecciando una storia d’amore tra ‘artisti giardinieri’. Ovvero Kate Winslet e Matthias Schoenaerts

pubblicato 7 Maggio 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 16:06

Strano caso quello di A Little Chaos, atteso ritorno alla regia dell’immenso Alan Rickman 18 anni dopo il debutto targato L’ospite d’inverno. Presentata al Toronto International Film Festival dello scorso anno la pellicola non ha incantato la critica americana, tanto dal non trovare uno straccio di distributore anche se impreziosita da un’attrice premio Oscar come Kate Winslet, da Rickman già incrociata sul set di Ragione e Sentimento, da un lanciatissimo belga come Matthias Schoenaerts e dal solitamente impeccabile Stanley Tucci. Passato al London Film Festival e il mese scorso finalmente uscito in patria, Le regole del caos sbarcherà nei cinema d’Italia a giugno, grazie alla Eagle Pictures.

Un titolo in costume ambientato nella Francia del 1682, sotto il regno di Luigi XIV, con la corte composta da oltre 2000 uomini pronta a sorgere lontano dalla sporcizia della città, ovvero a Versailles. Qui il Re Sole, monarca per 70 anni, pretese l’Eden in Terra, tra fontane mirabolanti e giardini paradisiaci. Ed è su questo veritiero curioso aspetto storico che Rickman e la sceneggiatrice Alison Deegan si sono soffermati, delineando i tratti di una storia che ha così mischiato realtà e finzione. Perché Kate Winslet è Sabine De Barra, paesaggista senza una goccia di sangue Reale nelle vene, vedova, donna volitiva e infaticabile, che verrà incaricata di dar vita alla sala da ballo all’aperto di Rockwork Grove. A guidarla André Le Notre, artista di corte che ha la fiducia assoluta del Re, inizialmente infastidito dall’occhio attento e anomalo della donna perché libera dall’ossessione del rigore, per lui dogma inattaccabile. Un piccolo ma ipnotico caos caratterizza invece la visione artistica di Sabine, con il passare del tempo accettato e riconosciuto da tutti, detrattori compresi, tanto da portare i due, neanche a dirlo, ad innamorarsi l’uno dell’altra. Tutto questo tra feste in maschera, lutti Reali, tradimenti, rivalità di corte, regole ed etichette che porteranno la ‘povera’ De Barra, ossessionata da un passato incancellabile fatto di dolore e sensi di colpa, a fiorire definitivamente dopo anni di prigionia sentimentale.

Un film indipendente dal budget ridotto, eppure ‘ricco’ nei costumi e nelle scenografie, riadattate in Inghilterra e non in Francia proprio per una questione di ‘risparmio’. Un titolo romantico dal taglio melodrammatico, con dosi minime di humor e una dettagliata ricostruzione storica, sublimata da stupendi paesaggi e da enormi parrucche. Ma anche, purtroppo, un titolo dai tempi dilatati, dallo scarso ritmo, dall’ovvietà evolutiva e dal casting che ha clamorosamente cannato il co-protagonista. Perché il mono-espressivo e monocorde Matthias Schoenaerts non tiene il passo di una splendida Winslet.

Se la sua Sabine è una donna forte, naturale, incapace di trattenere quel che prova, dal cuore spezzato, tradito e affranto causa perdite indigeribili, Le Notre è un uomo piatto, un’artista giardiniere impassibile, anche se inizialmente presentato come inflessibile e quasi arrogante. Errore, perché con il prosieguo della pellicola Rickman perde di vista lui per concentrarsi solo ed esclusivamente sulla Rosa Regina del proprio giardino. La superba Kate, stanca e indistruttibile eppure affascinante, educata ma sfrontata, saggia e dal talento innegabile. E’ lei ad illuminare l’opera insieme a Re Luigi, ovvero un Rickman che quando abbandona la macchina da presa per entrare in scena la fa sua, con autorevolezza e piglio regale.

I duetti tra i due, il primo ‘inatteso’ in particolare, sono un piacere per gli occhi e per le orecchie, così come una singola scena molto intima e femminile, fatta di confessioni mai svelate e ‘pettegolezzi’ tra signore. Come già avvenuto con L’ospite d’inverno, l’Alan regista da’ il meglio di se’ dinanzi alle donne, qui mogli consensualmente tradite e madri il più delle volte sofferenti. Ma in silenzio, lontano da quegli uomini che certi discorsi proprio non li voglion sentire.

A tratti teatrale, tanto nel ritmo quanto nella regia molto classica e statica nel montaggio, Le Regole del Caos sprigiona comunque eleganza, anche nei suoi evidenti difetti. Una pacatezza che oscilla a lungo tra il soporifero e la meraviglia, con le musiche di Peter Gregson mai troppo invasive e quel rapporto d’amore tra la Winslet e Schoenaerts maldestramente rovinato dall’immotivata glacialità di lui.

Ancora una volta eccentrico e vistosamente gay, invece, Stanley Tucci, qui negli abiti del fratello di Luigi XIV a cui Rickman affida le battute più frivole e taglienti, per poi eclissarsi in totale solitudine, come la Storia Reale insegna, mentre cortigiani e sudditi ti ballano attorno, esternando devozione ma distacco. Giocando a fari spenti tra ‘regole’ e ‘caos’, la pellicola ha così modellato un evento storico realmente accaduto, la trasformazione di Versailles in reggia Reale, per tramutarlo in altro, ovvero in un’appagante e sbilanciata storia d’amore dalla rappresentazione zoppa ma dannatamente affascinante.

Voto di Federico: 6

Le Regole del Caos (Uk, 2015, A Little Chaos) di Alan Rickman; con Kate Winslet, Matthias Schoenaerts, Alan Rickman, Stanley Tucci, Helen McCrory, Steven Waddington, Jennifer Ehle, Adrian Schiller, Danny Webb, Pauline Moran, Morgan Watkins, Henry Garrett – giovedì 4 giugno 2015.