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Venezia 2012 – Superstar: Recensione in Anteprima

Primo francese in Concorso alla Mostra di quest’anno, Xavier Giannoli approda a Venezia col suo Superstar. Ecco la nostra recensione

pubblicato 31 Agosto 2012 aggiornato 31 Luglio 2020 22:36

Primo dei due francesi in Concorso qui a Venezia, Xavier Giannoli ci conduce attraverso un’indagine inerente a una delle forme più avanzate di idiozia contemporanea: la visibilità. Potremmo ricorrere al termine celebrità, è vero, ma rischieremmo di incanalare questa nostra analisi attraverso sentieri che non appartengono a Superstar. Perché Martin Kazinski (Kad Merad) è vittima del più assurdo ma al tempo stesso più diffuso degli equivoci dei nostri giorni. Un’improvvisa, inaspettata e risolutamente respinta notorietà.

Un giorno Martin esce di casa e bam… tutti che lo filmano con i propri cellulari e che gli chiedono autografi. E’ L’Uomo della Folla, quell’individuo così straordinariamente comune di cui ci parla Edgar Allan Poe. L’irresistibile figura che spicca in quell’oceano indistinto di sagome, tutte così vicine eppure così lontane.

Solo che in questo caso non la routine, né tantomeno un aspetto vagamente interessante, calamitano l’attenzione. Martin è vittima di un errore, un bug di sistema che richiede programmatori altamente specializzati per essere risolto. Finché di mezzo non ci si mette la TV, ed è lì che il fenomeno assume consistenza.

Superstar parte a bomba! Giannoli ci regala un primo quarto d’ora d’applausi, catapultandoci sulla scena con stile, mentre veniamo travolti da una caterva di domande. Chi è Martin Kazinski? E perché c’è un rapper di quartiere che discute sul tema della violenza davanti ad un microfono? Chi è l’affascinante donna che accompagna il malcapitato protagonista?

In altre parole… Perché? Questa semplice domanda, tanto secca quanto tremenda, funge da leitmotiv dell’intera opera. Punti interrogativi sparsi ovunque, mentre Martin (e noi con lui) ci chiediamo cosa diamine stia accadendo davanti ai nostri occhi. Quale tragedia si stia consumando in quel clima rarefatto di perversa euforia generale. Ma soprattutto, a chi dare la colpa?

Fingendo di concentrarsi sulla storia di un perfetto sconosciuto che diventa improvvisamente famoso, Giannoli non studia quest’ultimo bensì tutto ciò che gli orbita attorno. Situazioni e persone sono i veri oggetti di quest’analisi, condotta in maniera decisamente spigliata per oltre una buona metà del film, salvo poi arenarsi, rischiando ahinoi di accartocciarsi.

Questo perché essenzialmente sono tanti, e di valore, i temi che emergono via via. La brutale intrusione dei media nelle nostre vite, che ci formano deformandoci; l’irritante passività con cui la gente si lascia plasmare da oggetti (animati e non) che venera, senza opporre almeno un minimo di discernimento; la sacralità che ammanta i media di qualunque genere, ed altro ancora.

Lo scenario è quello di un mondo alla deriva, fattispecie su cui il regista francese calca un po’ la mano forse, ma non senza ragione. Anzitutto perché l’andamento dell’intera pellicola si produce in un equilibrio incerto tra reale e grottesco, dipingendo episodi e personaggi quasi mai veri ma sempre verosimili.

Ma una delle chiavi più interessanti si ricava dalla solitudine che contraddistingue praticamente ogni singolo personaggio. Chiusi, ciascuno nel proprio mondo, assistiamo al loro frenetico quanto goffo tentativo di avvicinare l’altro. Vittime di una tirannia transmediale che non ammette prigionieri. Metà vivi e metà morti, metà umani e metà macchine. Un universo abitato da aborti in piena metamorfosi.

Gente attratta da ciò che disprezza“, come dice Jean-Baptiste, pezzo grosso di un’emittente televisiva. Come stupirsi? Oggetti e destinatari al tempo stesso, sono carne da macero. Abituati oramai a gestire i propri rapporti come si fa zapping col telecomando (aggeggio che, nota a margine, Fellini vituperava).

Bravo inoltre il regista francese, a consegnarci certe scene di una certa intensità filmica. Come quella in cui Martin, novello Nietzsche, si aggira per degli studi televisivi agitandocompulsivamente un campanello, alla ricerca di quel suo doppio mediatico oramai dissoltosi nell’etere. Ma altre ce ne sarebbero, molte delle quali beneficiano non poco del volto incolpevole e stralunato del buon Merad.

Il tutto, non senza uno spiccato sarcasmo, che accompagna praticamente buona parte della pellicola. Sottile ed oltremodo tagliente, a tratti pedante, questo Superstar ci è piaciuto. E c’è riuscito al di là di certi limiti oggettivi, che non ledono però l’impatto di un lavoro, quello di Giannoli, tutto sommato costruito con criterio. Fastidioso nel suo puntarci il dito, è da noi che cerca risposte anziché darcele, ricostruendo in piccolo il dramma di una connettività artificiale che ci sta conducendo verso un isolamento sempre più irrimediabilmente concreto.

Voto di Antonio: 7,5
Voto di Gabriele: 5,5

Superstar (Francia, 2012). Di Xavier Giannoli, con Kad Merad, Cecile De France, Louis-Do de Lencquesaing, Cédric Ben Abdallah, Alberto Sorbelli, Pierre Diot, Christophe Kourotchkine e Stefan Wojtowicz. Qui trovate il trailer del film.