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L’attacco dei giganti – Parte 1: recensione in anteprima

L’arco e la freccia cremisi rappresenta la prima parte del progetto L’attacco dei giganti – Il film. Tredici puntate in un film di appena due ore porta ad un montaggio attento ma che dà l’impressione di aver sacrificato più del dovuto. In attesa della parte finale

pubblicato 11 Maggio 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 16:00

Per un secolo Shingashina si è difesa da creature mostruose erigendo delle altissime mura a protezione dell’immenso agglomerato. Si tratta di giganti, queste sono le creature che da sempre hanno messo a repentaglio la sopravvivenza del genere umano. Uno di questi, però, materializzatosi davanti alle mura più esterne, riesce ad abbattere il portone principale. Ha così termine il tempo di pace.

Questa prima parte de L’attacco dei giganti, intitolata L’arco e la freccia cremisi, altro non è che un lungo preludio, col freno a mano tirato, verso gli eventi definitivi che si svolgeranno nella seconda parte, cosa che rende un po’ più complesso inquadrarlo. Tratto dal manga Shingeki no Kyojin, stranamente classificato come shōnen (manga rivolto principalmente ad un pubblico più giovane), quello che abbiamo tra le mani è un horror post-apocalittico che strizza decisamente l’occhio alla categoria dei seinen (per adulti).

Non solo a livello visivo, dove lo splatter ha una rilevanza tutt’altro che grottesca, bensì anche in termini di tematiche e soprattutto atmosfera. I protagonisti sono tre ragazzi che si conoscono da quando sono piccoli, ovvero Eren, Mikasa ed Armin. Il regista, Tetsuro Araki, ha un bel da fare nello stipare tredici episodi in un film di due ore circa: perché questa operazione si basa sulla serie TV, presa di peso e rimontata con appena qualche aggiunta. La scelta è perciò quella di catapultarci nell’azione senza troppi fronzoli, tanto che alcune delle informazioni essenziali ci vengono fornite verso la fine, quando ci vengono illustrate con più chiarezza le classi dell’esercito e la suddivisione interna delle varie mura concentriche. E poi, certo, ci sono i personaggi.

Di Eren sappiamo che trova insostenibile la vita entro le mura ed il suo sogno è quello di entrare nel corpo militare incaricato di viaggiare per il mondo (successivamente il suo scopo sarà un altro); Mikasa è invece una sorta di sorella maggiore di Eren, al quale è legato da un vincolo che va oltre il sangue: saggia e particolarmente dotata, la sua vita è totalmente votata a proteggerlo; Armin invece è debole, ma alle carenze fisiche oppone un’abilità strategica di prim’ordine: molto affezionato agli altri due, che da piccoli lo hanno sempre difeso contro i bulletti di quartiere. La vita all’interno della città viene per lo più descritta, mostrando qua e là alcuni stralci di quotidianità che ci informano della sin troppo tranquilla esistenza a Shingashina prima del devastante evento.

In questa prima fase è interessante notare la cura mediante cui viene ricostruito un mondo totalmente immerso in un periodo storico molto vicino al Medioevo. I vicoli, le case, certi scorci, evidenziano una cura che effettivamente colpisce. Anche perché l’Era di Mezzo qui rievocata è quella europea, in cui non ci pare di aver scorto particolari licenze. Gli amanti del periodo in questione vanno però avvisati: tutto ciò è Shingashima prima dell’attacco. Dopo la prima strage si cambia registro, e devastazione e disperazione diventano elementi portanti.

Ciò detto, non c’è nulla di anche solo vagamente risolutorio in questa prima parte. Praticamente ogni quesito resta irrisolto, anche laddove rivelare qualcosa in più avrebbe giovato. Su tutti, cosa rende questi giganti così ostili? E chi o cos’è quell’enorme creatura che si materializza in più di un’occasione per creare varchi agli altri giganti? Ce ne sarebbe una terza, fondamentale a sua volta, ma poiché siamo sensibili agli spoiler almeno tanto quanto voi, ve la risparmiamo. Riguarda Eren però, ed una scoperta di vitale importanza che lo coinvolge in prima persona. Non mancano certe componenti notevoli: l’ingresso in scena dei giganti, per esempio, è alquanto inquietante, ed il bagno di sangue e la fuga che seguono generano un tipo d’intensità che comincia a scemare solo verso l’epilogo.

L’impressione è che l’intera operazione L’attacco dei giganti sia essenzialmente orientata verso un pubblico che già conosce l’opera di riferimento. Non che questo impedisca di ricavare input notevoli, su tutti un mood opprimente che dalla scarsa mole d’informazioni, al contrario, trae beneficio. Alludevamo poco sopra alla non indifferente opera in sala di montaggio; apprendiamo che uno degli elementi che più hanno “infastidito” coloro che hanno seguito la serie TV sono certi monologhi interiori, che a quanto pare smorzano troppo l’azione. Ebbene, per scelta ponderata, anche qui non mancano i momenti «li annienterò tutti…» per questo, quello e quest’altro; «devo smetterla di essere così debole…» per questo, quello e quest’altro. Evidentemente molto passa da questi ragionamenti interni, perciò il mantenerli in larga parte: poco male per gli habitué di certi anime, meno per chi da certe misure tende a farsi “distrarre”.

Ma si resta un po’ così, sospesi, anche perché la stessa azione viene per lo più relegata alla fase conclusiva, quando una serie di controffensive dell’esercito umano colpisce i giganti che sempre più penetrano verso l’interno abbattendo mura su mura. In generale non viene risparmiato granché alla vista, e quest’anime si rivela anche abbastanza crudo. Diciamo che con L’arco e la freccia cremisi il progetto riesce intanto ad attirare l’attenzione. Fino alla seconda parte su cui, inevitabilmente, L’attacco dei giganti si gioca tutto, sperando che ingrani la quarta sia per quanto riguarda lo spettacolo che lo sviluppo della vicenda.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”6″]

L’attacco dei giganti – Parte 1: L’arco e la freccia cremisi (Shingeki no Kyojin, Giappone, 2014) di Tetsuro Araki. Nelle nostre sale soltanto il 12 e il 13 maggio. A questo indirizzo la lista dei cinema della Penisola in cui verrà proiettato.