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Little Sister: recensione del film di Hirokazu Kore-eda in concorso a Cannes 2015

Festival di Cannes 2015: il giapponese Hirokazu Kore-eda ci racconta con Our Little Sister (Umimachi Diary) ancora una volta di un legame famigliare speciale e fuori dall’ordinario. Lavorando di sottrazione, e con tocco sempre gentilissimo. Ma forse si tratta di un lavoro minore.

pubblicato 14 Maggio 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 15:54

Tre sorelle – Sachi, Yoshino e Chika – vivono assieme da sole in una grande casa nella città di Kamakura. Quando il padre, assente da ormai 15 anni nelle loro vite, viene a mancare, le tre viaggiano verso la campagna per presenziare al suo funerale. Qui incontrano Suzu, quarta figlia dell’uomo, avuta con la donna che ha distrutto la loro famiglia. Tra le ragazze si crea subito un forte legame che condurrà Suzu ad andare a vivere con le tre sorelle.

Continua a ragionare sulla famiglia, Hirokazu Kore-eda, dopo il fin troppo sottovalutato Father and Son. Continua a farlo con l’umiltà che lo contraddistingue, e non potrebbe essere altrimenti: il regista nipponico è da sempre uno dei più ‘gentili’ del panorama odierno. E quasi non sorprende che per qualcuno Our Little Sister (o Umimachi Diary, titolo internazionale) sia anche meglio del precedente: più sottile, volutamente sottotono, un lavoro davvero di sottrazione.

E la sottrazione, nel senso di assenza, è al centro del film. Da una parte abbiamo tre sorelle che non vedono il padre da 15 anni e la madre da 14, per motivi che si scopriranno nel film, e dall’altra abbiamo la quarta giovanissima ‘sorellastra’ a cui la morte porta via il padre troppo presto. Se in Father and Son Kore-eda indagava su un legame che andava oltre a quello ‘di sangue’, qui fa qualcosa di simile, riflettendo su un legame altrettanto poco ordinario e allo stesso modo speciale.

Speciale lo è per davvero, visto che la madre di Suzu è la donna che ha portato via il padre alle tre sorelle e ha rovinato gli equilibri della famiglia. Ma è l’assenza a far svanire ogni distanza. Mi pare che sia anche per questo motivo che Kore-eda dedica inverosimilmente pochissimo spazio al momento in cui le tre sorelle chiedono a Suzu di venire a vivere con loro. Un passaggio di sceneggiatura frettoloso che però indica un ragionamento e persino una presa di posizione.

Tutto il film è dedicato alla vita quotidiana delle quattro ragazze, che imparano presto a convivere come se avessero vissuto assieme da sempre. Certo, non è esattamente così: ogni ragazza ha la sua storia privata, i propri dolori personali e i ricordi rispetto a ciò che fu (o non fu) nella famiglia.

Sachi lavora in ospedale, ha a che fare ogni giorno con la morte e non riesce a trovare un uomo che possa starle a fianco. Yoshino ha una relazione che forse potrebbe non durare, lavora in banca e beve un po’ troppo. Chika adora lo sport e sembra la più spensierata delle tre. Suzu non ci mette molto a integrarsi nella nuova città: comincia a giocare in una squadra di calcio e potrebbe aver trovato un fidanzatino.

Ecco: la quotidianità Kore-eda la sa raccontare bene. Ha, come si diceva, un tocco speciale col quale riesce a evitare ogni retorica e ogni patetismo con classe rara. Per questo Our Little Sister lascia un po’ l’amaro in bocca, perché pare molto concentrato sui piccoli dettagli, sui piccoli momenti. Lo fa anche troppo a lungo (e le due ore si sentono tutte), finché ovviamente non arriva a una parte finale più emotiva (si veda il ‘confronto’ tra Sachi e sua madre al cimitero).

Sembra assurdo voler chiedere a uno come Kore-eda più momenti del genere in un film che è totalmente pensato per essere così com’è, intimo e leggero. Forse è perché siamo tra quelli che gli preferiscono proprio Father and Son. Forse è perché quella splendida scena con i fuochi d’artificio (che quasi non si vedono: ah, quando qualcuno sa lavorare bene di sottrazione!) arriva troppo tardi…

[rating title=”Voto di Gabriele” value=”6″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Antonio” value=”7″ layout=”left”]

Little Sister (Our Little Sister – Umimachi Diary, Giappone 2015, drammatico 128′) di Hirokazu Koreeda; con Haruka Ayase, Masami Nagasawa, Kaho, Suzu Hirose, Ryô Kase.

Festival di Cannes