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Mon Roi – Il mio re: recensione in anteprima del film in Concorso a Cannes 2015

Festival di Cannes 2015: deludente il primo francese in Concorso. Mon Roi è un debole dramma di coppia che “riesce” paradossalmente di più nella misura in cui strappa qualche risata di troppo. Ottimo Vincent Cassel, male la forzata interpretazione della Bercot, a tratti spiazzante (in negativo)

pubblicato 17 Maggio 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 15:48

Tony (Emanuelle Bercot) incontra in un locale un tizio dal volto conosciuto. È lei che decide di fare il primo passo, abbordando Georgio (Vincent Cassel) con una “tecnica” che lui stesso era solito adottare; il bello è che funziona pure. Quella serata si conclude nelle mattinate, dopo una lunga chiacchierata ed una colazione col fratello (Louis Garrel) di Tony e la cognata. I due bruciano le tappe e nel giro di poco tempo sono già innamoratissimi; tanto che lui le chiede addirittura di avere un figlio.

Tuttavia Mon Roi comincia in altro modo. Tony si lancia in una pista di sci, finendo all’ospedale; da lì in avanti è tutta una rievocazione degli eventi, della storia che l’hanno condotta a rompersi i legamenti. Il recupero presso la struttura nella quale sta portando avanti la riabilitazione è l’occasione per ripercorrere quei momenti, quel rapporto burrascoso che ha preso fuoco subito, con tanta intensità quanta la velocità con cui si è attenuato. Forse.

Maïwenn si ripresenta a Cannes a quattro anni da Polisse, lasciando però perplessi. Il suo Mon Roi è un’altalenante pezzo di vita di una coppia, con tutte le complicazioni ed i raggiri del caso. Un film che ai francesi piacerà ed in larga parte è già piaciuto, se non altro per una certa fumosità (che a quanto pare non sempre è un difetto) e le buone prove dei suoi attori. Riflettiamoci un attimo però: è normale che in un film che essenzialmente racconta un dramma, vissuto peraltro dalla prospettiva di una donna, i personaggi più riusciti siano quelli più buffoneschi?

Cassel e Garrel sono a conti fatti le uniche note positive, tanto più se considerati in termini di comicità. Il primo, in particolar modo, è un brillante sciupafemmine che non riesce a tenere a freno la sua voglia di esplorare il mondo femminile… sotto le lenzuola però. In più vi è una relazione pregressa che non si è mai chiusa. Il classico discorso dell’amore tra uomo e donna inteso però senza alcun esclusivismo; appena ventiquattr’ore fa abbiamo visto il film di Garrel padre, che su questa linea più o meno si muove. Ebbene, nella placidità della storia che viene raccontata in L’Ombre des femmes, nel suo ritratto così intimo, si riescono a cogliere molte più cose che in Mon Roi.

Il quale resta vago, volutamente, lavorando sui personaggi senza che però loro bastino a reggere da soli la baracca. Tony, per esempio, è tendenzialmente insopportabile, malgrado sé stessa forse. Certe scene che riguardano la Bercot risultano posticce, se non addirittura patetiche, come lo sfogo durante un pranzo con gli amici di Georgio, o l’urlo liberatorio sotto la pioggia dopo essere stata lasciata per strada. Difficile passarci sopra, anche perché, come già accennato, Mon Roi lo si vive con gli occhi di Tony, che ne è al tempo stesso la protagonista. Tutto gira intorno a lei, e questo suo tentativo di ricostruirsi a partire dal ginocchio malandato, per quanto umanamente accessibile, rimane per lo più asettico.

Il gruppo attraverso il quale la donna riesce poco alla volta a risollevarsi appare più come pretesto che altro; anonimo nei suoi componenti, pur essendoci (nel senso di essere presenti, vicini a Tony) non si capisce quale apporto diano al processo, tanto che quel finale sembra buttato lì un po’ a caso, deboli come sono le fondamenta su cui è costruito.

Restano le prove maschili, molto buona quella del canagliesco Cassel, bilanciato, simpatico nonostante tutto. Qualche sprazzo di quotidianità vagamente interessante emerge pure, per lo più nelle piccole cose, che sia una battuta, un gesto, una frase stupida ma divertente come effettivamente tante se ne dicono nel corso di una giornata. Il punto è che per conferire verosimiglianza alle piccole cose, la regista Maïwenn si perde per strada quelle più consistenti, il che nel quadro generale incide e si vede. Lasciandoci arrivare alla fine appena sfiorati da una vicenda che eppure non è proprio una passeggiata, ma tant’è.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”5″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Gabriele” value=”5″ layout=”left”]

Mon Roi (Il mio re) (Francia,2015) di Maïwenn Le Besco. Con Vincent Nemeth, Vincent Cassel, Romain Sandère, Ludovic Berthillot, Louis Garrel, Félix Bossuet, Emmanuelle Bercot e Camille Cottin.

Festival di Cannes