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Harry Potter, l’ordine della fenice e le critiche

Allora, questo benedetto Enrico Pottero come sta andando al cinema? I fans non sono del tutto soddisfatti (libro troppo lungo e mancano troppe scene, secondo la maggiorparte degli spettatori) mentre i critici? Vediamo qualche recensione tratta dal web mentre noi vi rimandiamo anche a quella del nostro Dottore: Da Mymovies: Quinta volta per Potter al

di carla
12 Luglio 2007 09:33

Allora, questo benedetto Enrico Pottero come sta andando al cinema? I fans non sono del tutto soddisfatti (libro troppo lungo e mancano troppe scene, secondo la maggiorparte degli spettatori) mentre i critici? Vediamo qualche recensione tratta dal web mentre noi vi rimandiamo anche a quella del nostro Dottore:

Da Mymovies:
Quinta volta per Potter al cinema, prima volta per David Yates, regista inglese che supera la prova accompagnando Harry alla maturità e all’autonomia affettiva. Harry come persona e come mago è chiamato anche questa volta a un compito evolutivo e a prove fondamentali per entrare progressivamente nell’età adulta. Fa esperienza di un corpo “alterato” che invia segnali nuovi, che si risveglia sessualmente spingendolo verso l’esperienza amorosa. Lo sforzo di adattamento produce frustrazione e rabbia separandolo fisicamente ed emotivamente dagli adulti che lo hanno adottato per costruirsi degli affetti fuori da quelli istituiti. Harry, Ron, Neville, Cho e Luna sono adolescenti davanti allo specchio. (…) Il viaggio dell’eroe mago continua, la guerra tra il Bene e il Male viene giocata sul terreno accidentato della non visibilità (Dissennatori, Thestral e Voldemort restano invisibili ai più) e la forza di Voldemort può avere la meglio trascinando gli avversari dalla luce nelle tenebre. (…) L’Ordine della Fenice si divora come il libro omonimo e dona allo schermo la performance, straordinaria per perfidia, di Imelda Staunton, “cattiva maestra” incapace di partecipare il proprio amore per la cultura. Magica, ovviamente.

Da Il Messaggero: Anche i maghi fanno politica. Già. Credevamo che il mondo fantastico di Harry Potter fosse al riparo dagli aspetti più ingrati dell’esistenza, che la magia fosse metafora dell’arte e non della vita, che crescendo gli allievi di Hogwarts avrebbero schivato le trappole più insidiose del vivere associati. Pie illusioni. Al quinto giro il maghetto della Rowling “scende in campo”. E dopo aver scoperto l’orrore e la repulsione, il proprio lato oscuro e le spinte della pubertà, affronta la bestia peggiore di tutte: il Potere. E il suo frutto più mostruoso, la burocrazia (una delle parole pronunciate più spesso nel film, curioso a dirsi, è “ministero”).
(…) Andando dietro a tutto senza privilegiare niente, né gli effetti speciali nè i sentimenti dei protagonisti, che procedono ovvi e un po’ spenti senza aggiungere molto a quanto già sapevamo di loro. Con l’eccezione della “cattiva” di turno, la minuscola e perfidissima nuova insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, una di quelle prof tutte tailleur pastello e sorrisini ipocriti che si odia a prima vista e che è il vero centro emotivo del film (la bravissima Imelda Staunton).
E’ lei, con i suoi capelli cotonati, i modi flautati, le sadiche punizioni all’antica, la vera protagonista del film. Lei a brigare per togliere il potere dalle sagge mani di Albus Silente. Lei a catalizzare gli odî dei ragazzi, che frustrati nell’apprendimento iniziano a ritrovarsi di nascosto per praticare un po’ di sana magia mentre l’occhiuta insegnante moltiplica gli spioni e i cartelli in cui vieta praticamente tutto, la musica, l’abbigliamento “indecente”, le distanze ravvicinate…
Fino a scatenare una rivolta studentesca che sembra citare il glorioso If… di Lindsay Anderson. Ma non cancella la sensazione generale di stanchezza e di spreco. A partire dal cast, un Gotha di vecchie e nuove glorie, da Michael Gambon a Brendan Gleeson, da Gary Oldman a Maggie Smith, passando per Emma Thompson, Julie Walters, Ralph Fiennes, Alan Rickman e per il nuovo acquisto Helena Bonham-Carter nei panni (sacrificatissimi) di una beffarda Mangiamorte.
(…) Così però il delicato equilibrio fra il lato infantile e quello adulto, abilmente mantenuto negli episodi firmati da Chris Columbus, Alfonso Cuaron e Mike Newell, va a farsi benedire. Va bene passare all’età adulta. Ma di questo passo il povero Harry Potter rischia di finire in un talk show.

Paolo Mereghetti – Il corriere della sera: (…) le avventure del maghetto con la cicatrice a forma di fulmine sulla fronte si colorano di una nota ancora più cupa e angosciosa e sfruttano il cambio di regia (David Yates) e di sceneggiatura (Michael Goldenberg) per imboccare una strada a cavallo tra i generi — il tono fanciullescamente fantasy del Primo episodio, qui è stravolto da robuste iniezioni gotiche e horror — e accompagnare la prevedibile crescita del pubblico verso un tipo di spettacolo più inquietante e adulto. E non solo per il già tanto strombazzato «primo bacio» di Harry Potter quanto per la trasformazione di un romanzo di formazione (ancorché magico) in una specie di saga morale (con ambizioni filosofiche). (…)

Maurizio Cabona – il Giornale: (…) è un bel film per la prima delle due ore; poi si adegua ai precedenti, dove accade tutto e il contrario di tutto. Ma godiamoci l’inizio, molto diverso dalle puntate precedenti della serie, perché evoca l’incubo di 1984 di Orwell, molto più che le atmosfere da scuola di lusso e da cerimonia del tè all’inglese tipiche dei romanzi della Rowling. (…) HP e l’Ordine della Fenice assume una dimensione meno fiabesca che H.P. e la camera dei segreti e H.P. e la pietra filosofale di Chris Columbus; e meno orrorifica di H.P. e il prigioniero di Azkaban di Alfonso Cuaròn e di H.P. e il calice di fuoco di Mike Newell. Senza arrivare agli estremi di If di Lindsay Anderson e ad altri abomini sessantottardi, il film di Yates mostra come i ragazzi di Hogwarts – immaginaria scuola per superdotati – scoprano le menzogne della politica. E vi reagiscano decisamente. (…) Gli effetti speciali migliorano col tempo, certo, ma col tempo cresce anche l’arbitrio che li governa. Ne deriva una sensazione di caos, ma non è per amor di logica che si diventa soci del club di Harry Potter.