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Natale all’improvviso: la recensione

A quattordici anni da Mi chiamo Sam, Jessie Nelson torna dietro la macchina da presa per raccontare una giornata dei Cooper. Natale all’improvviso è commedia corale che punta ad intrattenere, spiccatamente americana, che si attarda sulla magia del Natale senza necessariamente scomodare il Natale

pubblicato 26 Novembre 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 10:46

Il Natale è vicino. Anzi, è proprio la Vigilia. La famiglia Cooper si trova dinanzi a più bivi. Anzitutto Sam (John Goodman) e Charlotte (Diane Keaton): quarant’anni di matrimonio e non poterne più; non perché i due non si amino o, peggio, non siano legati. Il pretesto, perché di questo si tratta, è un viaggio che lui vuole fare ma a cui lei non ha alcuna intenzione di prestarsi. Eppure Natale all’improvviso non sono soltanto loro.

Commedia corale diretta da Jessie Nelson, il cui film precedente risale addirittura a quattordici anni fa, con il fortunato Mi chiamo Sam. Nelson, che è anzitutto sceneggiatrice, ha buon gioco nell’ammassare più storie, nessuna di questa in partenza edificante: c’è il personaggio di Olivia Wilde, una liberal convinta che ha chiuso con gli uomini; c’è Marisa Tomei, probabilmente la migliore, sorella della Keaton, zitella e complessata; Ed Helms, matrimonio compromesso alla spalle e desiderio di una nuova compagna; Alan Arkin, che sostanzialmente fa Alan Arkin.

Sono tutti? In realtà no, ma non è indispensabile tenervi aggiornati sul conto in questa sede. Natale all’improvviso è il classico film delle feste in salsa spiccatamente americana, i cui pregi e difetti vanno perciò ricondotti a questa sua natura. Da questo filone per esempio prende, almeno in parte, il tepore tipico di produzioni analoghe: neve, soggiorno accogliente, tavola imbandita di pietanze oltremodo elaborate, un cane e via discorrendo. Integrando inoltre il tema della famiglia sfasciata, per cui un’occasione come questa diventa il catalizzatore per tutte le verità taciute ma comunque presenti e condizionanti.

Buoni sentimenti? Anche, specie alla fine, perché un film di Natale non può che essere conciliante, nonostante tutto. E non si hanno dubbi che sarà così, quindi non è che vi si stia svelando alcunché. È innegabile perciò che in questo ritratto familiare, intergenerazionale, ci sia almeno un po’ di quell’America contraddittoria, moralista, dunque anche ed essenzialmente molto umana. Resta da chiedersi: tutto ciò funziona all’interno di un contesto corale come quello dei Cooper? Più no che sì, sinceramente.

Natale all’improvviso ha un suo pubblico, poiché anzitutto progetto molto inquadrato all’interno di un genere collaudatissimo, con tanto di voce narrante che cela pure un’ultima sorpresa poco prima dei titoli di coda. A conti fatti, però, vige l’immancabile temperamento, ossia bisogna capire che tipo di spettatore sia colui/colei che guarda (vale per ogni film, ci mancherebbe, ma qui di più forse). I luoghi comuni, per lo più cinematografici, inerenti a certa commedia, tendono ad intaccare più del necessario, come si dice, la sospensione dell’incredulità: per forza di cose, è tutto un susseguirsi di situazioni che ribaltano le condizioni di partenza di tutti e ciascuno dei personaggi, le cui vite, in meno di ventiquattr’ore, cambiano più o meno drasticamente.

Uno schema da cui non si scappa insomma, prendere o lasciare. Con tutto l’apparato del caso, tra derive melense e situazioni pressoché costruite da zero, giusto per consentire all’attore di turno di uscirsene con la sua frase o il suo monologo a effetto. Eppure la Nelson ci prova a far lievitare l’impasto, pizzicando il modello di famiglia liberal sorto dalle ceneri del ’68, su cui non gravano giudizi particolari ma che qui non ne esce manco benissimo; oppure inserendo la traccia alquanto scabrosa di una possibile relazione tra una ventenne ed un ultra-settantenne, con garbo, senza strafare. Componenti che ci sono malgrado il film stesso, oseremmo dire, il cui intento è altro; su tutti, far sorridere, anche con leggerezza.

Quale? Portare al cinema le famiglie intanto, rotte o aggiustate che siano, le quali magari, specie se allargate in tal misura, possono rivedersi e allietarsi nell’apprendere che in fondo screzi e complicazioni vengono dopo. Una morale molto a stelle e strisce, che può colpire o meno, ma che oramai si conosce ed alla quale perciò ci si dà o si evita in base alla propria indole. Un film sulla magia del Natale senza il Natale, verrebbe quasi da dire, in linea con quel processo che banalizza sempre più una festa simbolo di un consumismo la cui ideologia oramai vacilla anche da quelle parti.

Il 25 dicembre diventa perciò per lo più una scusa per costringere un gruppo di persone che si mal si sopportano a sedersi intorno a un tavolo, ma che, resisi conto dell’impossibile convivenza, non riescono al tempo stesso a spiegarsi come mai tanta insofferenza, laddove non antipatia. Per carità, magari al giorno d’oggi serve anche questo, ovvero convincerci di certe dinamiche, accettarle e andare avanti. Oppure no, oramai determinati meccanismi li abbiamo superati e, con essi, simili scenari. Ad ogni modo Natale all’improvviso, ai fini del discorso, è ininfluente in entrambi i sensi; ciascuno continuerà a credere ciò che gli/le pare, e chi verrà riscaldato da questa parabola dei Cooper non avrà ragioni più solide o convincenti rispetto a chi ai Cooper non riuscirà (o non vorrà) affatto affezionarsi. Forse perché li ha già conosciuti parecchie volte; forse perché col tempo, semplicemente, non sono cambiati.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”5″ layout=”left”]

Natale all’improvviso (Love the Coopers, USA, 2015) di Jessie Nelson. Con Diane Keaton, John Goodman, Olivia Wilde, Amanda Seyfried, Marisa Tomei, Alan Arkin, Ed Helms, Jake Lacy, Alex Borstein, Timothee Chalamet, Blake Baumgartner, Maxwell Simkins, Anthony Mackie e June Squibb. Nelle nostre sale da oggi, giovedì 26 novembre.