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I film più deludenti del 2015 secondo Cineblog

È tempo di tirare le somme. Cosa ci ha convinto meno, o addirittura deluso, tra i film usciti quest’anno nelle nostre sale? Ecco le nostre scelte

pubblicato 23 Dicembre 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 10:33

Chi è solito abbandonarsi alle nostre immancabili classifiche di fine anno, noterà certamente una differenza rispetto al recente passato: siamo tornati a parlare di flop. Non più il peggio, i film peggiori et similia. Proprio i flop.

Con questo intendendo quella categoria di titoli che potevano/dovevano essere migliori rispetto a quanto in realtà non si siano rivelati. Stona il termine migliori? Beh, allora diciamo più riusciti, diversi, equilibrati etc. In altre parole, che non si sono rivelati all’altezza delle millemila premesse, di qualunque natura.

Abbiamo tutti noi redattori di Cineblog abbracciato tale criterio? No. C’è chi ha preferito menzionare il peggio tout court, perché in fondo al cinema ci s’incazza pure quando capita di assistere ad un brutto film. E allora non vediamo perché sia sbagliato dirlo, scagliarsi contro quei progetti magari nati già sbagliati ma poi risoltisi ancora peggio.

Altra novità sta nella somministrazione: quest’anno due tornate, una per i flop, l’altra per i top. Oggi tocca ai primi, domani, Vigilia, ai secondi. Per il resto, solito schema, ovvero dieci film a lista; esclusivamente tra quelli usciti nelle nostre sale dal primo gennaio al 31 dicembre. Nelle pagine che seguono trovate i flop stilati da quattro tra noi redattori. A domani per i migliori film del 2015.

FEDERICO

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1) Uno per Tutti di Mimmo Calopresti: Il noir che noir non è, tanto da prendere immediatamente la strada del comico involontario, tra situazioni no-sense, inutili personaggi riempitivi, svolte improvvise, gratuiti scontri fisici e verbali tra i protagonisti, una regia dal taglio televisivo, tempi morti a profusione, una patina di ‘finzione’ che stritola il tutto e una noia di fondo che si fa tormento con il passare dei minuti. Ovvero il titolo più sconclusionato dell’intera stagione, con Giorgio Panariello, paradosso dei paradossi, ultimo dei probolemi targati Mimmo Calopresti, la cui mano sembrerebbe aver preso la strada dell’amatoriale spinto.

2) Non c’è 2 senza te di Massimo Cappelli: Erano anni che il cinema italiano non produceva qualcosa di tanto macchiettistico, volgare, irritante e tutt’altro che velatamente omofobo nei confronti dell’Universo glbtq. Ma la cosa ancor più incredibile, e qui sta il reale choc, è che nessuno tra i protagonisti, vedi regista, attori, sceneggiatori e produttori, se ne sia reso conto.

3) Il ragazzo della porta accanto di Rob Cohen: thriller pseudo erotico prodotto e interpretato da Jennifer Lopez nonché diretto da quel Rob Cohen di cui si erano perse le tracce, con taglio da filmaccio televisivo anni ’90, dialoghi surreali, involontarie svolte comiche e un’attrazione sessuale di fondo che mai esplode realmente. Orrore cinematografico duro e puro.

4) Humandroid di Neill Blomkamp: come distruggere quanto fatto di buono all’esordio con un film fuori da ogni logica di genere. Praticamente Corto Circuito ai tempi di Neil Blomkamp. Indifendibile.

5) Tomorrowland di Brad Bird: due premi Oscar animati in saccoccia, un live-action da urlo come Mission Impossible, 200 milioni di budget tra le mani, la Disney alle spalle e una star come George Clooney da poter sventolare. Brad Bird aveva tutto per trasformare Tomorrowland in uno dei blockbuster dell’anno, per poi sbagliare strada e andare a sbattere su un’indigeribile nonché infantile giostra da parco giochi.

6) A Bigger Splash di Luca Guadagnino: l’ennesima conferma che Luca Guadagnino, per quanto provi a mascherarsi in quel che non è grazie ad un’amicizia da urlo con Tilda Swinton e ad un’immotivata stima degli americani nei suoi confronti, rimarrà sempre e comunque il regista di Melissa P.

7) Fantastic 4 – I fantastici quattro di Josh Trank: come prendere uno dei fumetti Marvel più amati di sempre e frantumarlo con un adattamento cinematografico che grida vendetta. Di nuovo. Perché in casa Fox sono recidivi. Levategli i Fantastici 4, prima che facciano tripletta.

8) The Gunman di Pierre Morel: Sean Penn, Idris Elba, Javier Bardem, Ray Winstone e la nostra Jasmine Trinca. Ovvero giocare a ‘trova l’intruso’, scovarlo e iniziare a chiedersi come abbia fatto, Pierre Morel, a realizzare un prodotto tanto scadente dinanzi ad un cast sulla carta così ricco. Intruso escluso, ovviamente.

9) Terminator Genisys di Alan Taylor: secondo tentativo di rilancio di una saga epocale e secondo fallimento. Sotto tutti i punti di vista. Dannatamente stupido ed esageratamente citazionista. Di fatto inutile. ‘I’ll be back’? Onestamente parlando, speriamo proprio di no.

10) Fuga in tacchi a spillo di Anne Fletcher: sono boiate come queste che fanno crollare la fiducia nei confronti dei parrucconi Academy. Reese Witherspoon premio Oscar? Andiamo, state scherzando?

PIETRO

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1) Humandroid di Neill Blomkamp: dal regista di un gioiello come “District 9” ci si aspettava di più, il risultato è una brutta copia di “Robocop” che ammicca a “Pinocchio” e ci regala un fastidioso protagonista alla Jar Jar Binks.

2) Fantastic 4 – I Fantastici 4 di Josh Trank: l’idea di un reboot “dark” e influenzato dal cinema di David Cronenberg sulla carta era molto intrigante, ma su schermo il disastro assoluto con un film confuso e l’iconico team Marvel alla deriva.

3) Sinister 2 di Ciaran Foy: come rovinare un gioiellino horror del calibro di “Sinister” con un sequel inutile, sonnolento e colmo di comicità involontaria (fate attenzione al Bughuul norvegese!).

4) Insidious 3 – L’inizio di Leigh Whannell: la serie horror di James Wan dopo due capitoli di alto profilo torna alle origini con un prequel senza nerbo, con scene viste e straviste ed un finale nell’Altrove a dir poco esilarante.

5) Il settimo figlio di Sergej Vladimirovič Bodrov: se qualcuno pensava non si potesse far peggio di “Eragon”, ecco spuntare uno dei fantasy più scialbi mai visti su schermo a dispetto di un cast di pregio ed effetti speciali di alto profilo.

6) Poltergeist di Gil Kenan: per la serie è meglio evitare di rifare i classici di sempre, ecco un esempio di come confezionare un remake inutile e poco rispettoso. Da estimatori del geniale Sam Raimi, qui in veste di produttore, era dai tempi del reboot “Nightmare” che non vedevamo qualcosa di così irritante.

7) Hitman – Agente 47 di Aleksander Bach: film pretenzioso, soporifero e con un protagonista totalmente inadeguato. Questo reboot fa rimpiangere il precedente adattamento di Xavier Gens e non fa alcuna giustizia alla fortunata serie di videogames cui si ispira.

8) Fuga in tacchi a spillo di Anne Fletcher: l’idea era di fare un “Prima di mezzanotte” al femminile, il risultato è un road-movie dalla comicità forzata e con due protagoniste fuori parte.

9) Il ragazzo della porta accanto di Rob Cohen: un thriller inerte in ogni suo aspetto, dagli interpreti ingessati alla regia dal taglio televisivo fino alla pochezza del fattore “erotico” e della suspense. Se dovessimo fare un paragone siamo dalle parti dell’altrettanto inutile “Unico testimone” con John Travolta naturalmente senza l’elemento “pruriginoso”.

10) The Lazarus Effect di David Gelb: sulla carta ci avevano promesso un omaggio al classico “Linea mortale”, su schermo invece troviamo un film che non decolla mai, si perde in un lungo preambolo, spreca la bella e volenterosa Olivia Wilde, ma soprattutto non osa mai dal lato prettamente horror finendo per rivelarsi troppo formale e poco coinvolgente.

GABRIELE

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American Sniper di Clint Eastwood: Eastwood mi delude soprattutto quando mi ‘violenta’ sul finale, costringendomi ad assistere a un funerale a cui non volevo partecipare;

Cinquanta Sfumature di Grigio di Sam Taylor-Johnson: non ci si crede che qualcuno lo abbia pure ‘difeso’ (meglio del libro? E allora…?);

Dio esiste e vive a Bruxelles di Jaco Van Dormael: il peggior Van Dormael, anche per una comicità vecchia di 15 anni almeno;

Jupiter – Il destino dell’Universo dei fratelli Wachowski: non è peggio di un Fantastic Four (imbarazzante), ma è deludente che arrivi da chi ha fatto Cloud Atlas e Sense8;

The Search di Daniel Hazanavicius: che bluff che è, Hazanavicius. Che compito ‘corretto’ che è questo film correttissimo e ‘giusto’ ed eterno;

Second Chance di Susanne Bier: la Bier vuole fare la dura, e facendo la dura si scotta e trova solo pura pornografia;

La Teoria del Tutto di James Marsh: il finale urla vendetta, e Redmayne inizia un percorso temibile di cui la frustrante interpretazione in The Danish Girl è solo il nuovo inquietante tassello;

Third Person di Paul Haggis: forse davvero il peggior film dell’anno, elementare e ridicolo. Da un Premio Oscar che aveva offerto altro;

White God – Sinfonia per Hagen di Kornel Mundruczó: pura exploitation (manco divertente) spacciata per cinema d’essai;

Woman in Gold di Simon Curtis: ah no, è questo il peggior film dell’anno. Philomena incontra i Monuments Men: è Harvey Weinstein conta i soldi.

ANTONIO

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By the Sea/Unbroken di Angelina Jolie: premio Angelina Jolie ad Angelina Jolie. Intollerabili in modi differenti ma per motivi analoghi. Se con Unbroken la Jolie opta per il polpettone hollywoodiano mal masticato e francamente tediante con quel suo far leva sulla strenght tipicamente made in USA, in By the Sea emerge un tentativo di film europeo molto maldestro, proprio in considerazione della tematica.

Dio esiste e vive a Bruxelles di Jaco Van Dormael: oh, a me Mr. Nobody dice poco o nulla, ma è comunque altro rispetto a questa roba qua. A Van Dormael va riconosciuta un’eccentricità particolare, ma questa sua ultima commedia, infarcita di pieghe surreali, non fa ridere specie quando dovrebbe.

Dove eravamo rimasti di Jonathan Demme: neanche alla lontana l’ultimo Demme è tra i peggiori dell’anno. E allora? Allora qui ci sta perché tale e tanta è stata la sensazione di compitino a fine proiezione, che proprio è difficile scrollarsela di dosso. Anzi è strano che qualcosa là in mezzo funzioni, malgrado il personaggio della Streep ed un finale che mentre lo guardi sgrani gli occhi ripetendoti: «ma che davvero?». E non è il senso dell’umorismo quello che ci manca.

Humandroid di Neill Blomkamp: io da Chappie (questo il titolo originale) m’aspettavo tutt’altro. Ed invece Blomkamp si perde proprio in quella componente che dovrebbe essere il suo forte, ossia nel restituirci un contesto diverso – futuristico, utopistico, fate voi. L’ingenuità di svariati passaggi in scrittura quasi mi passa davanti a confronto con la mancanza di tale immersione. Certo, capisco il mainstream, ma se, stringi stringi, aneli pure ad argomentazioni più complesse, allora qualcosa devi farla per rendere il tutto più accessibile.

Jupiter – Il destino dell’universo dei fratelli Wachowski: anche qui, non sono un amante dei Wachowski, salvo il primo Matrix che vabbè. Cloud Atlas non mi ha entusiasmato, ma almeno lì riconosco l’ambizione nel trasporre del materiale difficile ma accattivante. Qui davvero non ci trovo alcunché, con in più l’aggravante, per così dire, di averci per primo questo film fatto ricredere su Redmayne.

Jurassic World di Colin Trevorrow: Dio solo sa quanto l’ho atteso, malgrado un terzo capitolo di cui salvo solo lo pterodattilo, sogno di quand’ero piccolo. Poco mi frega della metafora finale, che non rimedia affatto ad un film a cui anzitutto manca la magia, senza per forza scomodare il capostipite: manca la paura, l’ansia, il timore reverenziale verso un animale che, ci dicono, comandava da prima che noi lo facessimo. I velociraptor ammaestrati e l’Indominus Rex, per quanto mi riguarda, sono gli ultimi dei problemi. Peggio Vincent D’Onofrio semmai.

Ritorno alla vita di Wim Wenders: più che le aspettative, è proprio il film in sé a lasciarmi perplesso. Manco a dirlo, difendo a spada tratta la voglia, da parte di Wenders, di seguire il proprio percorso malgrado tutto e tutti. Solo che questa parabola qui, così cupa e deprimente ma con lezioncina a seguito, davvero non mi scalda. Anzi.

Sinister 2 di Ciaran Foy: non è tra i peggiori film del 2015, intendiamoci. Però anche loro, non possono tirare fuori uno degli horror più interessanti degli ultimi anni (Sinister) per poi uscirsene con i latrati in norvegese. Facendo pure tre passi indietro rispetto ai due in avanti del primo sul fronte found-footage, qui davvero aleatorio.

Sotto il cielo delle Hawaii di Cameron Crowe: che gli americani si siano forse troppo ingenerosamente scagliati su Crowe è comprensibile quantunque non per forza condivisibile. Non in toto almeno. Ma la pessima gestazione di questo progetto nel film si vede tutta, perciò c’è poco da difendere. Di solito non apprezzo particolarmente quei discorsi relativi a registi che hanno fatto ottimi film salvo poi uscirsene con cose modestissime. Però davvero, da uno che ha fatto Almost Famous e Vanilla Sky un incidente così quasi amareggia.

Tomorrowland di Brad Bird: ma come fai a chiamarti Disney, dilapidare una fortuna, avere tra le mani un mondo dal potenziale innegabile e parlare solo di come è cresciuto George Clooney? Non appena ho realizzato che del «mondo di domani» avrei visto solo l’oggi, mi sono acquietato ed ho atteso che il film finisse. Che spreco.