Home Recensioni Assolo di Laura Morante: recensione in anteprima

Assolo di Laura Morante: recensione in anteprima

Opera seconda in qualità di regista per Laura Morante, con una commedia tanto imperfetta quanto coraggiosamente ambiziosa ed onirica.

pubblicato 28 Dicembre 2015 aggiornato 30 Luglio 2020 09:58

Tre anni dopo il delizioso e in Italia sottovalutato Ciliegine, candidato ad un Nastro come miglior commedia e ad un David per l’esordio dietro la macchina da presa, Laura Morante torna nelle vesti di regista, sceneggiatrice e protagonista con Assolo, ambiziosa e coraggiosa opera seconda in uscita nelle sale nostrane il prossimo 5 gennaio. Un progetto imperfetto, quello portato avanti dalla Morante, eppure così dannatamente temerario nell’affrontare un genere, quello della commedia dal taglio femminile, a noi quasi sconosciuto.

Protagonista di Assolo una donna di cinquant’anni, Flavia, costretta a dover affrontare per la prima volta una vita da single. Proprio lei, che ha alternato matrimoni falliti (due), figli (due), insensati rapporti con le mogli altrui, amicizie sbilenche, amanti inaffidabili e complessi di vario tipo. Il tutto segnato da una profonda e devastante infelicità. Flavia è infatti afflitta da un’insicurezza patologica che la rende di fatto dipendente dagli altri, tanto da cercare conforto nello studio di una psicanalista, nell’affetto di una dolce cagnetta maltrattata dai vicini e nelle rozze avances di un atroce collega di lavoro. Se non fosse che in un’orchestra in cui tutti gli strumenti sembrerebbero amalgamarsi perfettamente l’uno con l’altro, anche un solista possa serenamente vivere la propria virtuosistica esistenza.

C’è vagamente del Nanni Moretti, quello ‘apicelliano’ degli esordi, in quest’opera seconda della Morante che nuota tra ‘sogni’ d’oro’, incubi ad occhi aperti e rielaborazioni passate volutamente minimaliste dal punto di vista scenografico. Una lunga seduta psicanalitica a tutto schermo, quella costruita dalla regista, che alterna realtà e finzione, ricordi e onirismo, mantenendosi in equilibrio stabile dal punto di vista della grazia e dell’eleganza ma in bilico sul piano del bilanciamento dei toni. E perché no anche dei generi. Perché vari linguaggi cinematografici vengono con audacia affrontati dalla Morante, che spazia tra semi-realismo e realismo, provando a pennellare i lineamenti di una donna in crisi di mezza età, sola e profondamente insicura, visibilmente fragile e inibita alla vita, pudica e introversa, accondiscendente e tendenzialmente frigida. Quasi un caso umano, che preferirebbe vivere a Paperopoli perché città priva di genitori, e da anni incapace di prendere la patente di guida, perché simbolo di un’assunzione di responsabilità da cui lei fugge.

Responsabilità che la Morante regista si è invece assunta, sbandando pericolosamente nell’assemblaggio di un assolo che si fa pirouette. Perché l’opera seconda della musa di Moretti tende a girare troppo a lungo su se stessa, ribadendo concetti e situazioni che minuto dopo minuto finiscono per frenare il ritmo di un film complesso nella sua spiazzante struttura, costantemente in balia del mutamento stilistico tra voce off e piani esistenziali paralleli che si incrociano. Nell’impaurito mondo di Flavia esistono solo e soltanto rapporti malati e per lei limitanti, tanto da dare il via alle danze con un cinico e devastante sogno mortuario in cui tutti i maschi che hanno contraddistinto la sua esistenza vivono quasi con fastidio, per non dire menefreghismo, il suo funerale.

Può una donna che non si ama, essere amata?‘. Questa la semplice e definitiva domanda che si pone uno dei due ex mariti di Flavia (Gigio Alberti, l’altro è Francesco Pannofino), da sempre incapace di vivere la propria solitudine senza per forza di cose doversi affidarsi ad altri, che siano i colleghi di lavoro (spicca come al solito l’istrionico Marco Giallini), i figli con cui non riesce ad aprirsi, l’amica ‘babbiona’ gelosa dell’ex marito (Angela Finocchiaro), l’esuberante istruttore di guida (Antonello Fassari), la massaggiatrice tutta d’un pezzo e piena di vita che cede però alle botte del geloso compagno (Donatella Finocchiaro) o la saggia ma misteriosa psicanalista (Piera Degli Esposti), chiamata a ‘sbloccare’ una donna di fatto da sempre con il freno a mano tirato perché bloccata dalla propria imperfezione in un mondo, incredibile ma vero, scoprirà essere popolato di gente imperfetta.

Tra iniziazione all’autoerotismo (alla Meryl Streep ne Il matrimonio che vorrei), lezioni di tango in cui attendere con trepidazione quel compagno di ballo che tarda ad arrivare, pochi e amari sorrisi seminati qua e là e quella temuta boa del mezzo secolo di vita che anche in ambito lavorativo si fa tremendamente pesante, la Morante suona con temerarietà una partitura inusuale per il cinema di genere nostrano, tanto da cedere a stecche, evitabili virtuosismi di scrittura e a qualche passaggio a vuoto di troppo, meritandosi comunque un plauso per l’inatteso coraggio dimostrato.

[rating title=”Voto di Federico” value=”6″ layout=”left”]

Assolo (commedia, Italia, 2015) di Laura Morante; con Laura Morante, Piera Degli Esposti, Francesco Pannofino, Lambert Wilson, Marco Giallini, Donatella Finocchiaro, Angela Finocchiaro, Antonello Fassari, Gigio Alberti, Emanuela Grimalda, Carolina Crescentini, Eugenia Costantini, Edoardo Pesce, Giovanni Anzaldo, Filippo Tirabassi – uscita martedì 5 gennaio 2016.