Home Recensioni Zoolander 2: recensione in anteprima

Zoolander 2: recensione in anteprima

Quella che sembrava una storia a lieto fine diventa, al contrario, l’inizio di un periodo difficilissimo per Derek Zoolander. Il sequel riprende gli stessi toni, portandoli all’eccesso. Ed in fin dei conti era l’unico modo per riprendere un fenomeno cult come è stato il primo film, ossia renderlo ancora più matto

pubblicato 10 Febbraio 2016 aggiornato 30 Luglio 2020 08:47

Smodato, sopra le righe. Ben Stiller capisce che se proprio avesse dovuto tornare su un film cult come Zoolander, non gli sarebbe certamente bastato replicare quanto avvenuto nel 2001. E da un fenomeno del genere, effettivamente, ci si poteva ancora ricavare qualcosa; ciò che poteva lasciare un po’ perplessi, o per lo meno curiosi, era fino a che punto fosse possibile tirare la corda. Perciò l’unica cosa che resta da fare è l’eccesso: accumularne uno dopo l’altro, con il metro del discernimento regolato al minimo.

L’avevamo lasciato realizzato, Derek Zoolander, con il suo Centro per bambini che non sanno leggere bene a deturpare (o inserirsi, sono gusti) (nel)lo skyline di Manhattan, padre di un bimbo avuto con la bella Matilda. Quindici anni dopo è il delirio. Il Centro dura praticamente due giorni poiché costruito con gli stessi materiali di cui era fatto il modellino mostrato da Mugatu; nell’incidente, tra gli altri, perde la vita Matilda, mentre Hansel rimane “sfregiato”. Di lì a poco, a seguito di un rocambolesco episodio, a Derek viene sottratta pure la custodia del figlio, costringendolo a ritirarsi a vita solitaria nell’estremo Nord del New Jersey. Nessuno spoiler, solo un po’ di contesto. Questi sono i primi cinque minuti. Anche perché in realtà il film si apre con un inseguimento, su cui però tacciamo.

Zoolander 2 è anzitutto una passerella per personaggi noti dello spettacolo, della moda e del cosiddetto showbiz in generale, componente su cui il primo giocava pure sebbene non a questo livello. Sembra quasi un album di figurine, in cui alcuni appaiono per appena qualche secondo, talvolta così di fretta che si rischia di lasciarseli sfuggire. Una vetrina insomma, voluta, perché nelle premesse di quest’operazione è strutturale l’omaggio, più o meno velato, più o meno irriverente, a quel mondo lì, che è la moda assieme a tutto ciò che vi orbita attorno.

Ma in fondo Zoolander funziona nella misura in cui si accetta questa realtà sovrapposta creata da Stiller e soci, lasciandosi accalappiare da certe trovate demenziali a cui effettivamente non siamo abituati. La cui comicità si snoda nuovamente attraverso situazioni impossibili, o forse è meglio dire impensabili, o botta e risposta che stravolgono la logica così come la linguistica. Confermando l’idea alla base vincente, ossia questo modello estremamente stupido, che fa cose addirittura più stupide. Una maschera che Stiller riesce ancora a reggere, poiché laddove non sono i singoli sketch a far ridere, ad arrivare sono le sue espressioni, il suo trasformarsi in Zoolander.

Antesignano del selfie, Magnum, Blue Steel e Le Tigre fanno parte di un repertorio che è oramai storia, se non addirittura leggenda, malgrado sappiamo bene come siano andate le cose alla fine del primo film. E proprio in funzione degli sviluppi del primo, ecco che questo non è soltanto il film di Zoolander, bensì anche di Hansel. Come il suo collega, infatti, anche lui attraversa un periodo di crisi identitaria, con la sua orgia che comincia a pretendere da lui un impegno serio. Sì, Hansel ha messo la testa a posto e di orgia ne frequenta oramai solo una, composta da elfi, indios, donne bavaresi e Kiefer Sutherland.

Ad aiutare i due in questa loro nuova missione c’è la bella Valentina Valencia (Penelope Cruz), un passato da modella per costumi da bagno, ora in forza all’Interpol. Valentina si affida ai due ex-modelli per via delle continue sparizioni di icone pop, fenomeno che pare essere collegato al mondo della moda. Un mondo a dire il vero oramai lontano da Derek, che in questo secondo capitolo non ha più il dovere di imporsi come bello bello in modo assurdo, bensì quello di riconquistarsi la fiducia del figlio che gli è stato sottratto. Ispirandosi al filone delle spy-comedy, tutto è pressoché un pretesto per uscirsene con le trovate più assurde, per certi versi superando il nonsense del suo predecessore.

Tanto si deve a coloro che si sono prestati, senza particolari riserve peraltro; da Anna Wintour a Valentino, passando per un John Malkovich come sempre azzeccato. Chi si supera però è Will Ferrell, che in uno dei passaggi più divertenti del film manifesta il disprezzo di Mugatu verso gli epigoni dell’industria vomitando loro addosso una serie di battute che non lasciano indifferenti. Il resto sembra il risultato di un brainstorming al quale avremmo senz’altro voluto partecipare, con uno Stiller che c’immaginiamo a briglia sciolta mentre esorta tutti ad uscirsene con le idee più grottesche e irrealizzabili, ché tanto il modo d’inserirle l’avrebbe trovato.

Insomma, chi il primo l’avesse trovato frivolo ed insulso, a ‘sto giro non cambierà certo idea; gli altri si divertiranno, e di gusto pure. Malgrado due aspetti. Il primo è rappresentato da un ritmo che ingrana sul serio soltanto nella seconda metà inoltrata; il secondo sta nel non aver ancora trovato la scena che resterà per davvero, qualcosa a livello dell’ingresso di David Bowie in qualità di arbitro per intenderci (anche se Stiller tenta di sopperire con un nuovo innesto, simile ma di portata differente). Manca l’aria da cult, dunque, ma per certe cose probabilmente ci vuole un po’ più di tempo. Ah sì, Cumberbatch è Tutto, nel senso che Tutto è il nome proprio del suo personaggio: una delle intuizioni più brillanti dell’intero film. Senz’altro la più provocatoria, ed infatti non manca chi ha abboccato.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”7″ layout=”left”]

Zoolander 2 (USA, 2016) di Ben Stiller. Con Ben Stiller, Owen Wilson, Penelope Cruz, Benedict Cumberbatch, Will Ferrell, Kristen Wiig, Justin Bieber, Kanye West, Cara Delevingne, Lenny Kravitz, Mika, Christine Taylor, Cyrus Arnold, Billy Zane, Fred Armisen, Nathan Lee Graham, Olivia Munn, Madalina Ghenea, Antonio Te Maioha, Hal Yamanouchi, Alan Cappelli Goetz, Eugenia Tempesta e Gabriele De Luca. Nelle nostre sale da giovedì 11 febbraio.