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Un paese quasi perfetto: recensione del film con Fabio Volo

Debutto dietro la macchina da presa per Massimo Gaudioso, sceneggiatore dei film di Matteo Garrone, che con Un paese quasi perfetto porta sullo schermo ancora una volta una storia di personaggi, mancando però d’intercettare pressoché del tutto il giusto equilibrio tra favola e spaccato

pubblicato 24 Marzo 2016 aggiornato 30 Luglio 2020 07:37

Pietramezzana è un paesino del Sud Italia che conta poco più di cento anime, di cui appena due sotto i quarant’anni; metonimia di un’Italia invecchiata, male per giunta, che si gode il proprio esilio entro le proprie mura. Domenico (Silvio Orlando) è solo uno dei tanti operai rimasti a casa a seguito della chiusura della miniera che, decenni addietro, dava da mangiare a tutto il vicinato. Al presente, il paese è abitato da disoccupati inoccupabili, sia perché troppo in là con gli anni sia perché in zona non c’è proprio nulla, che campano di sussidio o quale che sia la forma di carità che percepiscono mensilmente. Per intenderci, poca roba.

Viene fuori però che una grossa azienda è interessata ad aprire una fabbrica in zona, ma a certe condizioni. Condizioni che, manco a dirlo, Pietramezzana non rispetta per nulla; cose semplici eh, come avere un dottore in paese e una popolazione che superi i duecento e rotti abitanti. Nulla da fare, non c’è neanche questo. Ma se Maometto non va alla montagna allora è la montagna che andrà da Maometto, perciò si tratta di creare i presupposti affinché l’affare della fabbrica vada a buon fine.

Domenico comincia col servirsi di due complici, Michele (Nando Paone) e Nicola (Carlo Buccirosso), quest’ultimo direttore dell’unica banca presente in paese. Di lì a poco però si capisce che, per funzionare, l’inghippo necessita dell’ausilio di tutti gli abitanti, che devono reggere il gioco per tutto il tempo necessario. Prima cosa trovare il medico. E attraverso una serie di peripezie il medico arriva: Gianluca Terragni (Fabio Volo), chirurgo plastico milanese che si ritrova in un ambiente diametralmente opposto al suo. Sì, un processo simile a quello di Benvenuti al Sud, rispetto a cui però Un paese quasi perfetto resta distante per resa e verve.

Il ritratto che ne fa Massimo Gaudioso di questa piccola, sperduta realtà meridionale, ha i suoi pregi, per lo più tutti nei dettagli, che però letteralmente si perdono dinanzi all’inconsistenza generale del film. Un film di maschere, al quale ciascuno contribuisce portando sé stesso davanti alla macchina da presa: Orlando è Orlando, Buccirosso è Buccirosso, così come Paone e Volo. È forse un male? No di certo, anzi, le loro performance rappresentano una delle poche note positive all’interno di una storia smarrita nei registri che tenta goffamente di alternare.

Si voleva una commedia che però fosse anche uno spaccato dell’Italia reale, quella devastata dalla crisi ed in generale da un decadimento vieppiù tangibile e incalzante. Quello che ci ritroviamo è invece una sorta di favola contemporanea in chiave vagamente realista, un mix di per sé accattivante ma qui reso in maniera tutt’altro che convincente. Si coglie qualche aspetto interessante, relativo più che altro a certe peculiarità di taluni personaggi, anche minori, come le mogli pettegole mosse da bollenti spiriti per via di una conversazione piccante al telefono intercettata illegalmente, così come la generale distanza di un piccolo centro da tutto ciò che rappresenta il presente tecnologico.

Intuizioni felici che però risentono di un discorso generale molto blando, a tratti forzatamente ingenuo, perciò posticcio. L’abbiamo scritto più e più volte, ma evidentemente non mancano occasioni per rimarcarlo: il nostro cinema deve lasciarsi alle spalle la propria idea di commedia all’italiana. Perché sta facendo una fatica tremenda nel seguire quella strada lì, nel decifrarla in chiave contemporanea, forse perché una corrente figlia del proprio tempo.

Numerosi sono i tentativi di rifare quella stagione lì, anche da parte di cineasti e sceneggiatori tutt’altro che sprovveduti, come nel caso di Gaudioso; ma qualcosa continua a non funzionare, la miscela non genera il gusto sperato e resta sempre quell’alone avvilente di “vorrei ma non riesco” che potrebbe benissimo essere aggirato. Se un vestito non entra si prova con un’altra misura, non si cerca d’indossarlo comunque. D’altra parte lo stesso finale è sintomo di questa ritrosia circa un discorso che pare non si voglia proprio affrontare.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”4″ layout=”left”]

Un paese quasi perfetto (Italia, 2016) di Massimo Gaudioso. Con Fabio Volo, Silvio Orlando, Carlo Buccirosso, Nando Paone, Miriam Leone, Francesco De Vito, Gea Martire, Antonio Petrocelli e Maria Paiato. Nelle nostre sale da oggi, giovedì 24 marzo.