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Benvenuti… ma non troppo: recensione in anteprima

Commedia francese pressoché innocua, sia in relazione alla tematica che al genere. Pur non prendendosi troppo sul serio, la Leclère smarrisce in toto la chiave attraverso cui intende proporci questa surreale vicenda in qualche modo legata alla Francia odierna

pubblicato 20 Aprile 2016 aggiornato 28 Agosto 2020 12:21

Inverno terribile quello francese, uno dei peggiori di sempre. Il governo non può perciò restare indifferente all’ondata di gelo che rischia di fare una strage tra i senzatetto, perciò appronta un disegno di legge che diviene vigente dall’oggi al domani: una fascia di cittadini, con casa di proprietà e a certe altre condizioni, sono tenuti ad ospitare chi la casa non ce l’ha. È il delirio. «Ecco cosa succede coi socialisti al potere», urla uno, «finalmente questo governo serve a qualcosa», esclama l’altro.

Benvenuti… ma non troppo è una commedia francese che tratta un tema di estrema attualità, servendosi però di una retorica stantia, la cui verve in chiave satirica sembra oramai esaurita. Da un lato la famiglia di destra, ostile allo straniero, fedele a Le Figaro, del tutto a suo agio col proprio benessere, ché chi non lo sperimenta allo stesso modo vuol dire che non si è saputo integrare o non ha lavorato abbastanza. Dall’altro la coppia terzomondista che legge Libération, lui scrittore, lei professoressa, entrambi con un passato da manifestanti.

Esatto, difficile immaginare dei profili intrisi di più luoghi comuni. Luoghi comuni che però, come sovente accade, un fondamento ce l’hanno; bisogna vedere come vengono maneggiati. La Leclère ce l’ha con loro, non con la sempre anonima e sfuggente società; prende di mira i personaggi, ciascuno dei quali rappresenta un “tipo” francese, e ci gioca. Alcuni li mette sottosopra nel corso del film, altri li conferma nelle loro peculiarità, di alcuni ne accentua i già esasperati tratti; insomma, l’importante è mettere tutto in discussione.

E che questa parabola non aneli a chissà quale aspirazione realistica lo dice a priori il provvedimento del governo, sebbene tra il serio e il faceto. Eppure, pur dipingendo uno scenario per lo più grottesco, l’impressione è che alla Leclère non dispiaccia l’idea che il suo Benvenuti… ma non troppo venga preso un po’ sul serio. Sa che ad affrontare la questione da questa prospettiva rischia di non farsi nemmeno ascoltare, perciò prova ad affrontare il discorso con un piglio che vagamente favolistico, senza però rinunciare a muovere quella critica alla quale in fine dei conti vuole arrivare da principio.

Un corto circuito che ahinoi comporta passaggi imbarazzanti, a fronte di rari momenti di lucidità, in cui la regista sembra prenderci più che ottenere l’effetto desiderato. Solo che l’attualità è sempre un rischio, perché rappresenta un’impresa titanica quella di riuscire a filtrare attraverso la finzione, declinata nei modi più disparati, ciò che ci sta accadendo, mentre ancora si fatica a comprendere anche solo i termini della questione nella quotidianità. Film come Benvenuti… ma non troppo preferiscono buttarla in caciara… ma non troppo. Non troppo per via di quel malcelato ma comprensibile interesse verso gli effetti di un fenomeno che ci tocca tutti, anche quelli che non lo sanno.

Ciò vuol forse dire che non è permesso stemperare i toni, scherzarci un po’ su? Nient’affatto! Anzi, l’ironia mista all’ambiguità non di rado è il veicolo più indicato, quello su cui si viaggia meglio su certi sentieri; solo che qui siamo proprio su un altro livello. Che sia il messaggio, i contenuti, la forma o più semplicemente il tono, tutto risulta calibrato male in questo film. Una commedia di quelle che abbaiano ma non mordono perché i denti nemmeno ce li hanno; concepita, senza volerlo probabilmente, per un contesto diverso, più rassicurante perciò meno stimolante quale può benissimo essere quello del piccolo schermo in prima serata. Questa l’avete sentita troppe volte, vero. Lo pensiamo anche noi.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”3″ layout=”left”]

Benvenuti… ma non troppo (Le grand partage, Francia, 2014) di Alexandra Leclère. Con Karin Viard, Didier Bourdon, Valérie Bonneton, Michel Vuillermoz, Josiane Balasko, Patrick Chesnais, Sandra Zidani, Michèle Moretti, Pauline Vaubaillon, Firmine Richard, Anémone e Jackie Berruyer. Nelle nostre sale da giovedì 28 aprile.