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Cannes 2016, La ragazza senza nome – La fille inconnue: recensione del film dei fratelli Dardenne in Concorso

Festival di Cannes 2016: con La fille inconnue i fratelli Dardenne si avvicinano al genere senza alienarsi da dinamiche sociali nette ed in linea con la loro sensibilità

pubblicato 19 Maggio 2016 aggiornato 28 Agosto 2020 11:10

Davanti allo studio della dottoressa Jenny Davin, di notte, avviene qualcosa di strano. Le telecamere a circuito interno riprendono una ragazza di colore che bussa compulsivamente alla porta, spaventata. Il giorno dopo la polizia si presenta allo studio per chiedere le registrazioni. È qui che Jenny scopre che quella stessa ragazza è stata trovata morta; ma ciò che è peggio è che potrebbe in qualche modo essere anche colpa sua.

I Dardenne rimangono ancorati al territorio, le cui dinamiche sociali non sono in nessun caso mero sfondo; anche in La fille iconnue, che è quanto di più vicino si può avere a un film di genere fatto dai due fratelli cineasti. La dottoressa, un po’ per scrupolo di coscienza, un po’ per semplice umanità, comincia ad investigare su questa strana morte. Nel farlo viene a contatto con l’ecosistema locale, fatto di persone losche, di immigrati, di lavoratori, tutta gente ordinaria.

Per i Dardenne non esistono persone cattive, bensì persone che commettono azioni anche turpi. In funzione del mistero da risolvere questo atteggiamento di base contribuisce all’infittirsi dell’indagine, che Jenny porta avanti di pari passo al suo mestiere di medico: c’è qui quell’etica del dovere sul lavoro che, in un modo o nell’altro, è uno dei leitmotiv dei due fratelli. Tuttavia Jenny però non reclama, non punta il dito verso nessuno, moderna santa laica che intraprende la propria missione affidandosi a una forza superiore. Lei è genuinamente interessata a capire cosa sia avvenuto, e a un certo punto il suo mestiere le torna utile, dato che tutti quelli che incontra cominciano a manifestare sintomi psicosomatici per via dello stress.

Certo, la giovane dottoressa è può contare su un senso di carità innato, ma non si riesce a fare a meno di notare quanto la sua occupazione giochi un ruolo pregnante, per non dire nobilitante. Ma si tratta di tracce che restano ad un livello, per così dire, mentale, associazioni che appagano ma fino a un certo punto. Manca per esempio il coinvolgimento che si riscontra, senza andare lontano, in Due giorni, una notte: la vicenda di Sandra sì che ci prende, e noi siamo lì insieme a lei mentre chiede aiuto. In La fille iconnue si avverte invece un maggiore distacco, una freddezza emotiva per cui la risoluzione del mistero alla lunga fatica a reggere.

Alla curiosità non segue perciò l’interesse verso i personaggi, né potrebbe essere altrimenti: difficile infatti condividere la medesima passione di Jenny, in quanto potenzialmente coinvolta, suo malgrado. D’altronde il conflitto è debole, oltre che dai contorni sbiaditi, visto che non è nemmeno sicuro che Jenny abbia fatto alcunché di male ed è piuttosto lecito supporre il contrario.

Quanto detto, unito al solito tenore marcatamente naturalistico dei film dei Dardenne, tende a lasciare vagamente tiepidi. È La fille iconnue rimane semplicemente quello che è, un’opera dei Dardenne tutt’al più di medio livello nell’ambito della loro filmografia. Alla fine della fiera è probabilmente questo ciò che lascia maggiormente interdetti, non tanto la portata del film, che è piccolino e vuole dire poche cose. Ma quelle cose tutto sommato le dice, facendosi peraltro capire.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”6″ layout=”left”]

La fille inconnue (Belgio/Francia, 2016) di Luc e Jean-Pierre Dardenne. Con Adéle Haenel, Jérémie Renier, Olivier Gourmet, Fabrizio Rongione, Thomas Doret e Christelle Cornil.

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