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The Accountant: recensione in anteprima del film con Ben Affleck

Troppa carne al fuoco per un onesto thriller in cui Gavin O’Connor può fare una sola cosa, riuscendoci, ossia contenere. Ben Affleck torna nei panni di un contabile autistico

pubblicato 25 Ottobre 2016 aggiornato 30 Luglio 2020 04:38

A chi volesse trovare dei difetti in The Accountant di Gavin O’Connor verrebbe solo da dirgli: accomodati, il materiale non manca. Un progetto particolare, che tenta di dar vita ad un solido action-thriller al quale integrare qualcosina di più; ecco, è quel “di più” che stroppia, come si suole dire. Christian Wolff (Ben Affleck) è un geniale contabile che lotta da quando era piccolo con una forma di autismo limitante fino a un certo punto; di certo non gli ha impedito, anzi, di metter su una lavanderia per tutta una serie di loschi criminali di livello internazionale, così da permettere loro di pulire ingenti somme di danaro. Una traccia su cui, a dire il vero, il film non si sofferma più di tanto, relegandolo a mero incipit per lo più descrittivo del personaggio.

Un giorno Wolff viene contattato dalla Living Robotics, società di tale Lamar Blackburn (John Lithgow), pioniere della robotica, per un ammanco di 61 milioni di dollari. Nel suo settore Wolff è estremamente richiesto, noto per le sue quasi soprannaturali capacità. Quello che pressoché nessuno sa è che il nostro genio della matematica è pure un killer a sangue freddo. Ha alle calcagna addirittura il Tesoro, nella persona di Ray King (J.K. Simmons), che da tempo segue il caso di questo misterioso personaggio che lavora sempre sotto pseudonimo sistemando i conti dei peggiori figuri sparsi per il globo. Insomma, un contesto alquanto complicato.

Difatti The Accountant si strugge nel rendere accessibile una storia complessa, o quantomeno intricata, e ad un certo punto lo fa attraverso scelte quantomeno discutibili. Vero è che non mancano temi cari ad O’Connor, ancora una volta alle prese con dinamiche famigliari, rievocate con dei salti temporali che a dire il vero non distraggono, funzionali tanto quanto visto ne La vendetta di Jane. Il problema è che la vicenda resta un po’ incastrata nel passare dall’essere un film alquanto serioso al suscitare sorrisi a volte persino voluti. Un andamento con cui O’Connor non sembra avere particolare familiarità, e si vede: tanta, troppa la carne a fuoco, al punto che il relativamente giovane Bill Dubuque si trova quasi costretto a stringere il cerchio nella seconda metà, che è la parte in cui The Accountant soffre di più.

Far tornare i conti non riesce infatti tanto bene, il che comporta alcuni passaggi tirati all’inverosimile, nei quali si vuole spiegare troppo e a tutti i costi, senza lasciare alcunché nel vago o comunque in un’incertezza della quale forse avremmo un po’ tutti beneficiato. Ancor più si nota lo scompenso alla luce di una prima metà che accumula parecchio per tenerci incollati: i riti ed il comportamento di Christian incuriosiscono, e vogliamo saperne di più su come un ragazzino autistico sia riuscito ad arrivare fino a lì, che cosa celi non soltanto il suo passato ma anche il suo presente. Manca la discrezione però, quella che lascia spazio alla supposizione, lasciandoci se vogliamo interagire con la storia. Se per giunta certe informazioni vengono integrate a quel modo (e parlo di svolte importanti), allora monta la delusione, proprio perché le aspettative erano diverse.

Ma questa è un’anima del film, che però ne possiede almeno un’altra. The Accountant è infatti un film girato con mestiere, forte di un cast non soltanto di livello ma soprattutto affiatato. La qual cosa lo rende comunque un action piuttosto godibile, il quale sì, in quell’ultima mezz’ora o giù di lì vacilla, rischiando addirittura di deragliare. Eppure, sorprendentemente, il tutto regge, salvo non farsi contrariare oltremodo da certe svolte così sciattamente concepite. Peccati evidenti ma che non per forza agli occhi di chiunque andranno a compromettere in toto la tenuta del film, il cui soggetto forse si sarebbe prestato meglio ad un format seriale data la mole di argomenti e situazioni da trattare. La stessa componente relativa all’autismo non è certo sviscerata, in alcun modo proprio, eppure, all’inizio ed alla fine, non si resiste alla tentazione di cavalcarla. E ci può stare.

Soppesando l’una e l’altra natura ne viene fuori che The Accountant, pur essendo senz’altro il film più debole di O’Connor, ben lontano dal suo migliore, ossia Warrior, resta comunque un lavoro portato a termine con criterio. C’è di più: in mano a qualcun altro una sceneggiatura così satura, coi suoi conseguenti svarioni finali, sarebbe diventato semplicemente un pessimo film. Esito per fortuna sventato, non senza costi però, che sono quelli di prestare il fianco a difetti su cui i più esigenti, forse scafati, non riusciranno a passar sopra. Col rischio, purtroppo, di non riuscire a godersi una corsa che comunque diverte.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”6″ layout=”left”]

The Accountant (USA, 2016) film di Gavin O’Connor. Con Ben Affleck, Anna Kendrick, Jon Bernthal, Alison Wright, J. K. Simmons, John Lithgow, Jeffrey Tambor, Cynthia Addai-Robinson, Daeg Faerch, Gregory Alan Williams, Alex Collins, Inder Kumar, Ron Yuan e Gary Basaraba. Nelle nostre sale da giovedì 27 ottobre.