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Berlino 2017: anche quest’anno Cineblog c’è

Da oggi fino a domenica 19 febbraio Cineblog vi racconta l’edizione numero 67 del Festival di Berlino

pubblicato 9 Febbraio 2017 aggiornato 30 Luglio 2020 01:53

Dieter Kosslick, direttore della Berlinale, l’ha confermato senza infingimenti: il Festival è totalmente rivolto a quanto sta avvenendo per il mondo. «L’impotenza quale risultato dell’ovvio collasso delle grani utopie e il disicanto del mondo globalizzato», è questo lo spettro che si aggira per l’Europa attualmente secondo Kosslick, che aggiunge: «Né il capitalismo, né il comunismo hanno mantenuto le loro promesse di rendere il mondo un posto migliore per la gente». Un colpo al cerchio e uno alla botte, direbbe qualcuno, ma è pur vero che la situazione odierna è complessa e quella di osservare l’evolversi della cosa è pratica pressoché obbligata anziché mero vezzo.

E dire che Berlino è sempre stata attenta ai cambiamenti sociali o comunque ai fenomeni socialmente rilevanti, tuttavia rimanendo un Festival per tutti, non semplicemente per chi ha fatto di un non meglio precisato impegno la propria ragione di vita. L’anno scorso, per dirne una, vinse l’italiano Gianfranco Rosi, il cui Fuocoammare rischia pure di portarsi l’Oscar quale miglior documentario a breve. Un Orso d’Oro che viene compensato alla grande in questa edizione, che non vede alcun italiano in selezione ufficiale. Forse che, tolta l’immigrazione molesta, non abbiamo più altro da dire?

Ad ogni buon conto, il tutt’altro che rumoroso Concorso potrebbe riservare qualche gradita sorpresa, al di là di quei titoli che si attendono a priori. Quali? Beh, c’è l’ultimo di Aki Kaurismaki, che sì… tratta la tematica immigrazione, sebbene, si spera, col piglio che contraddistingue il regista finlandese; altro maestro che compete per il massimo premio è Hong Sang-soo, fresco (si fa per dire) di Pardo d’Oro in quel di Locarno con Right Now, Wrong Then; altro nome di spicco è quello di Alex De la Iglesia, che porta The Bar, un commedia che vira al thriller, o viceversa, staremo a vedere; chi scrive non ha particolarmente apprezzato Ginger & Rosa, ma a scorrere il cast di The Party di Sally Potter viene da pensare che si tratti di qualcosa da tenere d’occhio: Bruno Ganz, Patricia Clarkson, Cillian Murphy, Emily Mortimer, Kristin Scott Thomas, Cherry Jones e Timothy Spall, voglio dire; chi ha visto Gloria si sarà segnato da qualche parte il nome di Sebastian Lelio, che torna a Berlino con un altro film a protagonista femminile, solo più giovane; a dieci anni da 300 torna pure il cinecomic, grazie a Logan, che è un po’ il film-evento del Festival; c’è pure The Lost City Of Z di James Gray e per concludere Song to Song di Terr… no, scusate, quest’ultimo apre il South By Southwest ad Austin, quindi Berlino nisba. Un italiano in realtà però l’abbiamo, via Sundance, ossia Call Me by Your Name di Luca Guadagnino.

Ovviamente questo è quanto emerge sulla carta, dunque questa schematica lista va considerata al netto delle summenzionate sorprese che potrebbero venire fuori. Tra queste non rientra comunque il film d’apertura, Django, già visto in mattinata e di cui troverete a breve la recensione. Sparsi in altre sezioni un occhio di riguardo lo diamo a Golden Exit di Alex Ross Perry, con una storia ancora una volta ambientata a New York, Brooklyn per l’esattezza, e Bruce LaBruce, che gira un film su delle terroriste lesbiche. Fino a domenica 19 febbraio ci trovate qui perciò, ad aggiornarvi in merito a quanto succede nel corso di questa settantasettesima edizione della Berlinale.

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