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Lasciati andare: recensione in anteprima

Un sedentario psicanalista incontra un’iperattiva personal trailer in Lasciati andare, commedia per tutti impreziosita dai suoi personaggi

pubblicato 10 Aprile 2017 aggiornato 30 Luglio 2020 00:26

Elia Venezia (Toni Servillo) ha una collezione di tute acetate della Nazionale, solo che non ha modo di usarle visto che fa una vita sedentaria. No, mica perché di professione faccia lo psicanalista, o forse anche per quello. Il motivo vero è che si tratta di un personaggio estremamente pigro, apatico, atteggiamento che si riversa un po’ a tutti i livelli: nei rapporti con gli altri, con il proprio lavoro, finanche con sé stesso, visto che si abbuffa di dolci senza curarsi del fatto che ha una glicemia prossima al diabete. È proprio il suo stato di salute a spingerlo verso la palestra, ricettacolo di buona parte di ciò che grossomodo odia; qui incontra Claudia (Veronica Echegui), istruttrice di Zumba che ha una tresca col proprietario ma che al tempo stesso decide di occuparsi di Elia in maniera più particolareggiata, ossia facendogli da personal trainer.

Fuori le tute della Nazionale allora, per riconquistare non soltanto la forma fisica ma anche, se possibile, l’amore della moglie Giovanna (Carla Signoris), da cui si è separato da tempo pur vivendo sullo stesso pianerottolo come fossero peraltro degli intimi vicini: lei si occupa ancora di lui, della casa, finanche di fargli il bucato, figurarsi. Particolare è perciò la situazione che si viene a creare, con una professionista del corpo ed uno della mente che riversano sull’altro, volente o nolente, i propri problemi: Lasciati andare descrive come ed in che misura i due riusciranno a superarli.

È un Toni Servillo nelle prime battute anche troppo sorrentiniano, intellettuale misantropo che si produce in un cinismo à la Jep, mentre rassicura i suoi pazienti che no, non guariranno, forse nemmeno miglioreranno. Ad uno di loro, titubante sull’iscriversi in palestra o meno dato che ha paura della qualsiasi, consiglia di provare, tanto (vado a memoria) in palestra regna la superficialità e la superficialità è innocua; linea di dialogo che non meraviglierebbe trovare in un libro oppure un film di Sorrentino. Certi successivi exploit però restituiscono al personaggio un diverso accento, che lo differenziano dal profilo di cui sopra, oltre a manifestare dei cambiamenti più marcati rispetto a quando l’attore partenopeo lavora col regista de La grande bellezza.

Lasciati andare è una commedia dalle mezze misure, che tra il prendersi sul serio o il non farlo affatto preferisce la via mediana, quella del non prendersi “troppo” sul serio. Anziché perciò insistere con certe formule stracche e sempre meno tollerabili, fa il suo lavoro affidandosi ai suoi attori, a certe loro battute, certe situazioni in cui restano coinvolti, qualche parolaccia ben piazzata, facendoci praticamente dimenticare quanto siano inverosimili gli eventi, cosa che peraltro lo stesso dottor Venezia non manca di evidenziare. È quasi teatro, tanto gli ambienti sono grossomodo sempre quelli e soprattutto ci si muove poco, affidandosi ai botta e risposta tra i personaggi.

Un film perciò piccolino, che, fedele a certa tradizione, ha a cuore il raccontare certe maschere, costruendo loro attorno una vicenda che le tenga insieme, in un modo o nell’altro. Senza articolate speculazioni, certo, ma senza nemmeno scadere nella descrizione triviale ed approssimativa alla quale troppe commedie nostrane ci hanno abituato, rispetto alle quali Lasciati andare, si trova su un gradino più alto, pur non eccellendo. Certe toccate e fuga, come quelle di Sermonti e Marinelli, sono ben modulate ed il rapporto tra Claudia ed Elia alle fine riesce pure ad essere un pelo meno scontato di quanto sia lecito immaginare fino ad un certo punto.

Ed infatti il punto forte del film di Amato sta proprio qui, nei suoi attori, che compaiano davanti alla macchina da presa per una scena o per dieci, poco importa: tutti a remare verso la medesima direzione, compatti, mettendo una pezza sopra anche in quei frangenti in cui il ritmo tende a calare. Certo, Giacomino non riesce ad imporsi come un Marinelli, perciò gli autori si regolano di conseguenza e ritagliano a ciascuno lo spazio ed i tempi che meritano in funzione della fluidità; un trattamento che tutto sommato convince, anzitutto perché, vero, è raro nel panorama delle commedie italiane per tutti che circolano nelle nostre sale. E poco importa se alla fine non si sia granché data ragione del titolo, che semmai dice l’esatto contrario rispetto a quanto trasmesso, ovvero che, più che lasciarsi andare, non di rado è bene riprendere in mano saldamente le redini.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”6″ layout=”left”]
[rating title=”Voto di Federico” value=”5.5″ layout=”left”]

Lasciati andare (Italia, 2017) di Francesco Amato. Con Toni Servillo, Verónica Echegui, Carla Signoris, Luca Marinelli, Pietro Sermonti, Carlo Luca De Ruggieri, Valentina Carnelutti, Giulio Beranek, Vincenzo Nemolato e Giacomo Poretti. Nelle nostre sale da giovedì 13 aprile 2017.