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La Torre Nera: recensione in anteprima

B-movie multimilionario ma venuto male, La Torre Nera è un’incolore trasposizione che non ha alcunché da dire sul mondo che intende raccontare, men che meno su certe sue vicende

pubblicato 3 Agosto 2017 aggiornato 28 Agosto 2020 03:32

«Se la torre cade è finita». La Torre Nera è lungo rush di cui si capisce il minimo sindacabile ma riguardo a cui non si ha dubbio che sia costellato di tappe bruciate. Già dalle prime, arronzate sequenze emerge questa sistematica propensione alla sintesi che non opera soltanto a livello di informazioni relative alla storia bensì anche visive: per tutto il film, infatti, non si ha quasi mai modo di orientarsi, di avvertire quel senso dello spazio che eppure in un racconto che si spalma su più dimensioni avremmo dovuto cogliere. E dire che non si tratta nemmeno di un elemento accessorio, dato che la presenza di questi due mondi è, al contrario, determinante.

Fatto sta, un ragazzino di nome Jake fa spesso dei brutti sogni: vede sempre una torre, sebbene non abbia idea di che cosa significhi. Non solo. In più di un’occasione gli capita di scorgere un pistolero, nonché un inquietante tizio vestito elegante. Jake disegna tutto ciò che vede, forse anche per esorcizzare la paura che tali visioni portano in dote; ed allora a scuola viene preso in giro, in famiglia per pazzo. La madre non è del tutto convinta, ma il di lei compagno, un emerito stronzo, la convince a farlo rinchiudere in una sorta d’istituto per ragazzini “con problemi”, sì da potersi godere la mammina senza terzo incomodo – perché sì, da qualche parte viene pure chiarito che il padre di Jake è morto, la qual cosa cade senza colpo ferire, salvo essere ripresa all’interno di una sequenza a metà film.

Ad ogni modo, Jake tanto pazzo non è, visto che ciò che vede è reale: esiste un’altra dimensione, un mondo diverso dal nostro, in cui si combatte una guerra tra il Bene e il Male. Quest’ultimo, per mano dello stregone Walter o’Dim (Matthew McConaughey), ha un solo modo per prendere il sopravvento, ossia far crollare la torre nera. Come funziona? Semplice, la torre sta al centro ed è come se dal suo apice s’irradiasse una cupola che protegge l’intero mondo dall’ingresso di queste forze maligne. Il punto è che ciò che avviene nel Medio-Mondo si ripercuote sul nostro, ossia il Mondo-Cardine.

Già a questo punto siamo stati sottoposti ad una serie di cliché che sarebbero anche accettabili nella misura in cui fossero stati inseriti a mo’ di contorno (la madre vedova convivente, il senzatetto che “vede le cose”, il ragazzino sfigato ma unico in quanto dotato di un potere particolare etc.), mentre invece risaltano per via della pochezza generale e su più livelli, come accennato qualche capoverso sopra. Film di questo tipo, prima ancora che colpirci per l’intreccio narrativo o che so io, debbono riuscire a trasportarci, a rendere credibile un contesto che si divide su più dimensioni. Si tratta di una coerenza interna che attiene al mondo che si staglia davanti a noi, nulla a che vedere con la verosimiglianza; non ci si crede per un istante, invece, a questi ambienti, così scarnificati, anonimi, peggio ancora dell’inflazionato «già visto». New York stessa è un posto come un altro, figurarsi il Medio-Mondo, un aborto che mescola del fantasy abbozzato con una punta di steam-punk, coordinate gettate lì a casaccio.

Ciò che ne viene fuori non riesce nemmeno a conseguire l’obiettivo di risultare straniante, ché magari avremmo comunque potuto beneficiare di un input, quale che fosse. Tutto invece è così incolore, tristemente neutro. E non si tratta, si badi bene, di andare a guardare il pelo nell’uovo o, peggio ancora, volersi fissare su una sola componente e scagliarsi su quella. Ne La Torre Nera troppo risulta così asciugato che per forza di cose ci si ritrova a confrontarsi con la componente spaziale, che sola poteva quantomeno dare un senso all’operazione – risollevarla sul serio è un altro paio di maniche.

Quando Jake arriva dall’altra parte ed incontra il pistolero Roland Deschain (Idris Elba), colui che aveva visto in sogno, ha inizio questo cammino dal quale ci si aspetta un sussulto, dato che sia per il ragazzino che per Deschain si tratta del classico percorso che conduce verso la consapevolezza circa una nuova condizione, un nuovo status. Tale passaggio allo step successivo, su cui in fondo poggia l’intera trama, ci scorre davanti come se si trattasse di uno snodo secondario, quasi fosse poco rilevante. A risentirne, manco a dirlo date le premesse, è l’epilogo, che a quel punto appare più come un mattone aggiunto anziché parte integrante di una parabola più o meno accattivante.

E mentre scorrono i titoli di coda, poco dopo aver assistito ai protagonisti che consumano hot dog e Coca-Cola camminando per una strada di New York, viene da chiedersi chi siano costoro, contro chi o cosa abbiano combattuto, ammesso che l’abbiano fatto. È una conclusione tremenda, che nessun narratore, quale che sia il mezzo, si augura, salvo non esserci arrivati per scelta deliberata. Ma in questo caso tutto o quasi porta a credere che si tratti di un effetto indesiderato, espressione di qualcosa che è andato irrimediabilmente storto ben prima che il prodotto finito ci venisse sottoposto. Un b-movie da 60 milioni di dollari riuscito male, La Torre Nera prosegue imperterrita la non fortunata tradizione delle trasposizioni dai romanzi di Stephen King, che oramai, per certi beffardi aspetti, tendono a somigliarsi quasi tutti.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”4″ layout=”left”]

La Torre Nera (The Dark Tower, USA, 2017) di Nikolaj Arcel. Con Idris Elba, Katheryn Winnick, Matthew McConaughey, Claudia Kim, Jackie Earle Haley, Abbey Lee, Nicholas Hamilton, Alex McGregor, Fran Kranz, Jose Zuniga, Tom Taylor, Michael Barbieri e Karl Thaning. Nelle nostre sale da giovedì 10 agosto 2017.