Home Festa del Cinema di Roma Roma 2018, Stanlio e Ollio: Recensione del film di Jon S. Baird

Roma 2018, Stanlio e Ollio: Recensione del film di Jon S. Baird

Malinconico e delicato, Stanlio e Ollio celebra due leggende della comicità come Stan Laurel e Oliver Hardy.

pubblicato 24 Ottobre 2018 aggiornato 27 Agosto 2020 15:29

Stanlio e Ollio, ovvero Stan Laurel e Oliver Hardy, sono stati la più celebre coppia di comici della Storia del Cinema, con 106 film girati l’uno al fianco dell’altro. Da Cane fortunato, realizzato nel 1921, ad Atollo K, uscito in sala nel 1951. Mai il Cinema li aveva omaggiati, fino all’arrivo del biopic di Jon S. Baird presentato alla Festa del Cinema di Roma.

Stanlio e Ollio, interpretato da Steve Coogan e John C. Reilly, si concentra sulla fase finale della loro straordinaria carriera, ovvero su quell’incredibile tournée teatrale del 1953 che li vide girare l’Inghilterra, inizialmente deludente in termini di spettatori ma con il passare delle repliche sempre più ammirata, applaudita, affollata. La pellicola prende vita nel 1937, quando Laurel e Hardy, all’apice della loro carriera, sono sul set de ‘I fanciulli del West‘. Hardy ha appena divorziato, rimanendo senza un soldo, mentre Laurel, a fine contratto con la Hal Roach Studios, chiede un adeguamento che non otterrà mai. Viene licenziato. Peccato che lo storico compagno di mille avventure sia ancora sotto contratto, tanto da girare nell’estate del 1938 Zenobia, con Harry Langdon. Un ‘tradimento’ che Stan non gli ha mai perdonato.

O almeno questo è quel che traspare dal film diretto da Jon S. Baird e sceneggiato da Jeff Pope, già visto all’opera con Philomena, se non fosse che Stanlio e Ollio si siano poi subito ritrovati. Prima con lo stesso Roach, poi con la Fox negli anni ’40. Una parentesi che il ‘biopic’ implicitamente cancella con un colpo di spugna, portandoci avanti di sedici anni, nel 1953, quando Stan e Oliver, stanchi e invecchiati, accettano di prender parte ad una tournée per convincere un produttore a fargli girare un film comico su Robin Hood. I fantasmi a lungo nascosti tornano a farsi sentire, tra rancori mai esplicitati e verità taciute, tanto da far traballare un’amicizia durata una vita intera.

E’ un malinconico omaggio ad un Cinema che non esiste più da tempo, quello diretto da Baird, completamente affidatosi al carisma e al trasformismo di due attori in stato di grazia. John C. Reilly, straordinariamente ‘ingrassato’ grazie al trucco pur di diventare Oliver, e Steve Coogan, eccezionale nel replicare mimica e portamento di Stan, sono magnetici, clamorosamente credibili. L’alchimia tra i due attori incanta, emoziona, perché Stanlio e Ollio sembrano essere tornati in vita. Così diversi eppure così legati, i due attori si frequentavano solo e soltanto sul set.

A differenza di quel che si vedeva sul grande schermo, era Stan la mente della coppia, lo sceneggiatore e autore degli sketch, mentre Hardy, grande bevitore e scommettitore, tendeva alla pigrizia estrema. Nella vita privata era raro che si frequentassero, ma la stima era immensamente reciproca. Baird e soprattutto Pope ricostruiscono con grazia quel rapporto apparentemente logoratosi con il tempo, proprio a causa di quella ‘divisione’ del 1937 che entrambi non dimenticarono. La pellicola mente, facendo credere allo spettatore che per 16 anni i due non abbiano più lavorato insieme, ma è chiaro l’intento, centrato su un risentimento mai esibito e ora pronto ad esplodere.

Ritrovatisi sul palco, tra teatri di periferia e tristi alberghi, Stan e Oliver non riescono a staccarsi dai due iconici personaggi, interpretandoli ovunque e in qualsiasi momento. Nei gesti, nelle battute, in quell’arte comica che li ha resi leggendari. Se la regia di Baird è essenzialmente basica, senza mai raggiungere particolari picchi, la sceneggiatura ha il pregio di ricostruire con enorme delicatezza e rispetto un sodalizio passato alla Storia, ma non senza momenti di difficoltà.

La traballante salute di Oliver, a rischio infarto nel corso della tournée, mise a dura prova il legame della coppia, non a caso mai più vista in scena una volta concluse le tappe irlandesi. Hardy morì il 7 agosto del 1957 all’età di 65 anni. Laurel, Premio Oscar alla carriera nel 1961, rifiutò qualsiasi script in ricordo dell’amico, continuando a scrivere sketch di Stanlio e Ollio fino al 1965, quando si spense all’età di 74 anni. Al loro fianco le amati mogli Ida Kitaeva, un tempo ballerina, e Lucille, su grande schermo interpretate da Nina Arianda e Shirley Henderson. Una seconda ‘coppia comica’, per quanto caratterialmente differenti, che dà ulteriore brio al biopic.

Reilly e Coogan, che in 90 minuti di film omaggiano gli originali Laurel e Hardy con alcune loro memorabili gag, emozionano attraverso un semplice sguardo, con flebili gesti d’affetto, facendoli riemergere con grazia da quel crepuscolo che li aveva inghiottiti. Nostalgico ed emotivamente potente, soprattutto nella seconda parte che vede entrambi avvicinarsi alla fine, Stanlio e Ollio è un piccolo, commovente e al tempo stesso dolce viaggio in un’amicizia che ha scritto un’enorme e indelebile pagina nella Storia del Cinema.

[rating title=”Voto di Federico” value=”7″ layout=”left”]

Stanlio e Ollio (Biopic, 2018, Uk) di Jon S. Baird; con John C. Reilly, Steve Coogan, Danny Huston, Shirley Henderson, Nina Arianda, Stephanie Hyam, Susy Kane, Rufus Jones, Bentley Kalu, Ella Kenion

Festa del Cinema di Roma