Home Festa del Cinema di Roma Roma 2018, Green Book: Recensione del film di Peter Farrelly

Roma 2018, Green Book: Recensione del film di Peter Farrelly

Dal regista di Scemo e + Scemo e Tutti pazzi per Mary, per la prima volta in solitaria, il film che ha trionfato al Festival di Toronto.

pubblicato 24 Ottobre 2018 aggiornato 27 Agosto 2020 15:25

Il padre di Scemo e + Scemo, Tutti pazzi per Mary e Io, Me e Irene potrebbe volare agli Oscar, il 24 febbraio prossimo, grazie a Green Book, film presentato alla 13esima Festa del Cinema di Roma dopo aver vinto a sorpresa il Festival di Toronto, da sempre cartina di tornasole in salsa Academy.

Peter Farrelly, dopo 25 anni di cinema per la prima volta da solo in cabina di regia a causa di un lutto famigliare che ha colpito il fratello Bobby poco prima del via alle riprese, ha infatti realizzato il film di una vita, ispirato all’incredibile storia (vera) di un’amicizia tra un buttafuori italoamericano e un pianista afroamericano nell’America negli anni sessanta. Protagonista Tony Lip, padre dello sceneggiatore Nick Vallelonga straordinariamente interpretato dal camaleontico Viggo Mortensen, costretto a raccattare un qualsiasi stipendio per mantenere la propria numerosa famiglia dopo la chiusura del night club di New York in cui aveva lavorato per 12 anni.

Burbero, sempliciotto, chiacchierone, ignorante e razzista, Tony accetta di lavorare per il pianista afroamericano Don Shirley, interpretato dal premio Oscar Mahershala Ali, accompagnandolo in tour in qualità di autista nel profondo sud degli Stati Uniti. Per otto settimane…

Un road movie a stelle e strisce per le strade dell’ignoranza, della discriminazione razziale, dell’accettazione. Green Book utilizza i toni della commedia, per una volta mai pecoreccia rispetto alla fortunata filmografia di Farrelly, con l’intento di scoperchiare quell’odio nei confronti del diverso che nell’America di oggi è tornato paurosamente a galla. Il titolo del film si rifà a delle guide per ‘automobilisti negri’ pubblicate in America negli anni ’60. Veri e propri ‘Lonely Planet’ contenenti strade, hotel, ristoranti e bar frequentabili da afroamericani. Prigioni dove non rischiare gli insulti, le botte, non solo ovvie ma persino ‘autorizzate’ se diretti altrove.

Ingrassato di 20 kg per interpretare nel migliore dei modi lo sboccato, affamato e irresistibile Tony, Mortensen riempie lo schermo con la sua imbruttita fisicità, con le mille facce buffe e rozze di un buttafuori che mangia schifezze in modo compulsivo, regalando perle in uno stentato italiano letteralmente ‘improvvisato’ sul set, come rivelato dall’ex protagonista de Il Signore degli Anelli in conferenza stampa (doppiaggio, ovviamente, che cancellerà ogni traccia).

Replicando contrasti e dinamiche alla Quasi Amici, Green Book guarda all’America di oggi attraverso l’America di ieri, quell’America in cui un afroamericano non poteva utilizzare i bagni dei bianchi, provarsi un abito in un negozio, cenare in un ristorante che non rientrasse in quella maledetta e vergognosa guida. Un’America di mezzo secolo fa.

Brillante e mai ricattatoria, la sceneggiatura firmata Brian Hayes Currie, Peter Farrelly e Nick Vallelonga ci regala due personaggi agli antipodi, sfumando perfettamente differenze e punti di contatto. Se il travolgente Tony di Mortensen era un annunciato trionfo interpretativo, anche il delicato Don di Mahershala Ali colpisce nel segno, grazie a fragilità e insicurezze faticosamente e coraggiosamente mascherate.

Il suo pianista è un genio profondamente acculturato, coccolato dai ricconi della Grande Mela bisognosi di un tornaconto artistico da poter sbandierare ma al tempo stesso rifiutato dalla comunità nera, perché profondamente ‘diverso’. Shirley è troppo poco nero, troppo poco bianco e troppo poco uomo, perché omosessuale. Un alieno precipitato sulla Terra che non ha timore del giudizio altrui, tanto da cavalcare con orgoglio una pericolosa tournée nel sud del Paese per provare a cambiare le cose. L’alchimia tra Mortensen e Ali è senza dubbio la colonna portante di un film che ha nell’elegante sceneggiatura, assolutamente originale, il suo punto di forza, con pregiudizi e preconcetti abbattuti a suon di lacrime e sorrisi.

[rating title=”Voto di Federico” value=”7.5″ layout=”left”]

Green Book (Usa, commedia, 2018) di Peter Farrelly; con Viggo Mortensen, Linda Cardellini, Mahershala Ali, Don Stark, Sebastian Maniscalco, P.J. Byrne, Brian Stepanek, Iqbal Theba, Tom Virtue, Ricky Muse, Joe Cortese, Daniel Greene, Ninja N. Devoe, Johnny Williams, David Kallaway, Anthony Mangano, Geraldine Singer, Jim Klock, Rebecca Chulew, Paul Sloan, Nick Vallelonga, Gralen Bryant Banks, Brian Hayes Currie – uscita giovedì 31 gennaio 2019.

Festa del Cinema di Roma