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Roma 2012: Il Leone di Orvieto: Recensione in Anteprima per il documentario su Giancarlo Parretti

Da lavapiatti a Presidente della Metro-Goldwyn-Mayer. Ecco la vera storia di Giancarlo Parretti

pubblicato 14 Novembre 2012 aggiornato 31 Luglio 2020 20:15

Una storia che ha dell’incredibile. Una trama che sembra uscita da un qualsiasi buon sceneggiatore di thriller a stelle e strisce. E invece è tutto vero. Nessuna finzione, ma pura realtà. Due anni dopo aver vinto la sezione Controcampo Italiano con 20 Sigarette, premiato tra le altre cose anche con quattro David e un Globo d’Oro, Aureliano Amadei torna in sala grazie al suo terzo lungometraggio documentario, che ha raccolto lunghi applausi durante la proiezione per il pubblico.

In Concorso al Festival Internazionale del Film di Roma nella sezione Prospettive Italia (ovvero il Controcampo capitolino voluto da Marco Muller), Il Leone di Orvieto non fa altro che raccontare l’incredibile storia di Giancarlo Parretti, orvietano riuscito in due decenni appena a creare un impero. Da lavapiatti di paese a Presidente della Metro-Goldwyn-Mayer. Da ‘burino’ da vespetta a imprenditore da jet.

Trasformando l’intera vicenda in un vero e proprio thriller a tinte ‘comedy’, Aureliano Amadei sforna un documento che galleggia tra l’approfondimento storico e politico e il grottesco spinto, grazie ad un personaggio, ovvero proprio il ‘vero’ Giancarlo Parretti, talmente macchiettistico, egocentrico, popolano e misterioso, da lasciare interdetti. Eppure anche questa, per chi non lo sapesse, è stata una (triste) pagina della storia d’Italia.

Sono gli anni 60. Siamo in Sicilia. Un giovane lavapiatti ambizioso inizia qui la propria scalata al successo. Non è istruito, parla un italiano tutto suo, inizialmente non conosce le lingue, ma è intraprendente, un po’ pazzo, probabilmente fortunato e sicuramente furbo, nell’affiancarsi a quella parte politica che in quel periodo portava avanti la finanza sull’Isola. In pochi anni passa dalle cucine di un ristorante a quelle di una nave da crociera. Dal giorno alla notte diventa Presidente del Siracusa Calcio, vince una Coppa Italia con una squadra di Serie C e si trasforma in editore. Apre una catena di quotidiani locali, che chiama i Diari di Sicilia, ma viene presto arrestato per bancarotta documentale. Uscito di galera, ci torna subito dopo per frode fiscale nei confronti del Siracusa Calcio.

Tutt’altro che colpito dal carcere, Parretti abbandona la Sicilia e si trasferisce a Milano. La Milano da bere degli anni 80. Quella del potere, quella del Partito Socialista e di Silvio Berlusconi. Qui conosce Florio Fiorini, pioniere della finanza creativa, e ne diventa ‘socio’. I due danno vita ad una serie di impensabili ed improbabili scalate finanziari. Che riescono. Parretti si butta nel mondo del cinema e compra la Cannon Film, per poi spacchettarla e vendere le sale a Silvio Berlusconi. Non contento, mette le mani sulla squadra del Milan, ma per ‘volontà’ di Craxi vende tutto nel giro di poche ore sempre allo stesso Berlusconi. Grazie anche a questi soldi, Parretti fa sua la Pathé di Parigi, pilastro del cinema europeo a suo tempo in crisi economica. Inspiegabilmente la Cretit Lyonnaise gli concede credito illimitato, tanto da portarlo sul tetto di Hollywood. Perché grazie ad una scommessa con l’avvocato Agnelli ed Henry Kissinger, Parretti prova la scalata alla Metro-Goldwyn-Mayer. Nessuno scommetterebbe un euro sulla riuscita dell’operazione. Ma l’incredibile diventa realtà. La Cretit Lyonnaise paga l’intera operazione. 1500 miliardi di dollari. In garanzia non c’è nulla. Solo e soltanto società fittizie. Scatole vuote. Ma l’operazione riesce. Anche la MGM, dopo la United Artist, la Cannon e la Pathè, è di Giancarlo Parretti, che ha in mano il 60% del cinema internazionale.

MGM è Via col vento, è tutto James Bond, è la Pantera Rosa, è tutto Rocky. MGM è la storia della settima arte. Ed ora è in mano sua, di un ex lavapiatti, ignorante e senza apparenti capacità, diventato Presidente. Peccato che in Francia la protesta monti. Ci si rende conto della follia appena effettuata, con un investimento insensato che fa subito precipitare la situazione. In pochi mesi Parretti da’ il via alle produzioni di film come Thelma & Louise, Rocky V, La Casa Russa, GoldenEye e A Cry in The Dark. Ma la Presidenza di Parretti ha i giorni contati. Il Cretit Lyonnaise affonda miseramente, dopo un decennio di spese folli, la MGM passa nelle mani della banca, per poi essere ricomprata per la quinta volta da colui che solo 4 mesi prima l’aveva venduta, ovvero Kerk Kerkorian. Sarà un affare clamoroso. La comprò in fallimento, per poi rivenderla ancora una volta a 10 volte il prezzo. Fiorini, ‘socio’ garbato ed intelligente di Parretti, finirà quattro anni in carcere. Mentre lui, il Leone d’Orvieto, no. Solo 15 giorni. In 2 giorni appena fugge dalla giustizia Usa, scappando in Messico a bordo di un’automobile. Ora vive nell’oro, dopo aver venduto dei terreni sulla Pontina a Cinecittà per circa 30 milioni di euro. Ha un attico sui tetti di Roma, e un palazzo medievale di fronte al Duomo, a Orvieto, dove ospita amici e famigliari, cucinando e servendo ai tavoli. Come 50 anni fa. Quando non era nessuno.

Davanti ad un personaggio simile, inutile girarci intorno, era doveroso farci un film. Ma un film vero, di ‘finzione’, e non dal taglio documentario. Nell’attesa che qualche produttore si renda conto dell’enorme materiale a disposizione in questa folle storia, Amadei ha avuto il merito di pennellarla con astuzia e capacità. A raccontarci i fatti lo stesso protagonista, Giancarlo Porretti, solare, orgoglioso del suo passato e quasi fiero di questo ‘ritratto’, che se da una parte lo ‘esalta’, perché oggettivamente comico nel suo essere eccessivo e surreale, dall’altro lo stronca, nel sottolinearne gli insuccessi, le tante cadute e soprattutto i tutt’altro che chiari legami con la politica inciuciona di un tempo.

Non dimentichiamoci che sono gli anni della Milano di Craxi, gli anni d’oro della DC e del PSI, gli anni di Mani Pulite, gli anni dell’ascesa di Silvio Berlusconi. Nel ridisegnare i lineamenti di un preciso e tragico periodo storico per il nostro Paese, il regista si perde nel raccontare, e perché no ‘chiarire’, come l’uomo Parretti, ignorante e semplice lavapiatti, sia diventato un personaggio tanto potente, ricco ed influente. Nei passaggi decisivi il documentario entra in un tunnel di scarsa chiarezza. Lo stesso Parretti farfuglia discorsi incomprensibili, così come gli altri protagonisti del documentario, che vanno dal giornalista d’inchiesta al politico, dall’amico di un tempo al broker finanziario, non riescono ad accendere una luce concreta sull’intera vicenda.

Superato questo passaggio, comunque tutt’altro che secondario ai fini della storia (ovvero, ma i soldi veri, come e quando sono arrivati?!?), Amadei ingrana la marcia. Merito di una precisa ed encomiabile scelta stilistica. La storia di Parretti prende quasi la via del thriller, mentre dal punto di vista visivo spiccano le grafiche di cartone, che si alternano ad interviste, filmati d’epoca e soprattutto spezzoni di film storici, mai casuali ma anzi fondamentali nel racconto. Perché attraverso lo stratagemma del cinema nel cinema, il regista abbina ad alcune frase clou dette da Parretti o dagli altri intervistati, scene precise, che spiazzano, di classici della settima arte, italiani ed internazionali, che vanno immediatamente a dare ancor più forza al messaggio appena partorito.

L’insieme visivo funziona, grazie anche ad una ricca colonna sonora, incalzante, che da’ ritmo al ricco montaggio attraverso una trentina di brani celebri, alcuni dei quali tratti proprio da indimenticati film. Nel dover portare in sala uno dei più clamorosi crack finanziari degli anni 90, cavalcato da un uomo nato povero, ad Orvieto e diventato Presidente della leggendaria Metro-Goldwyn-Mayer, Amadei shakera più generi, con tanto di insolito tocco ‘pop’ reso quasi necessario dall’involontaria comicità e dalla trascinante simpatia suscitata da Giancarlo Parretti, figura tutt’altro che limpida dell’ultimo trentennio nostrano, diventato Re del cinema mondiale per pochi mesi. Una poltrona a tempo che lo portò a ‘vincere’ sei Premi Oscar e due Palme d’Oro, grazie ai film da ‘lui’ prodotti. Per poi tornare ad Orvieto, felice e sereno, dopo aver toccato il cielo di Hollywood con un dito.

Voto di Federico: 7

Il Leone di Orvieto (Documentario, Italia, 2012) di Aureliano Amadei.

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