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Torino 2012 – The First Aggregate: recensione in anteprima (Concorso)

Arriva dalla Mongolia l’ufo del concorso del 30. Torino Film Festival, un’opera difficile che non si sa come prendere: leggi la recensione di Cineblog.

pubblicato 30 Novembre 2012 aggiornato 31 Luglio 2020 20:10

Ogni anno al Torino Film Festival c’è in concorso un “ufo” che lascia spiazzati, che irrita alcuni ed affascina altri. Di solito viene accompagnato da lunghe fughe degli spettatori dalla sala, vista la sua natura impossibile da afferrare. Quest’anno il titolo in questione è proprio The First Aggregate, unico film dell’estremo oriente in competizione, nello specifico della Mongolia (visto? A Torino ci sono i film mongoli!).

Primo lungometraggio di Erdenibulag Darhad e Emyr ap Richard, è una pellicola indecifrabile e ostica, leggera e stratificata all’ennesima potenza, di cui è difficile scrivere qualcosa a poche ore dalla visione. Ma noi siamo qui per questo, quindi ci si prova. Intanto bisogna sapere che anche raccontare la sinossi dell’opera è un’impresa per nulla scontata, anche se pare una storia ellittica in cui non succede nulla. E invece…

Uno stuntman torna in città, appena guarito da una brutta ferita alla testa. Tramite una donna ottiene finalmente un provino per una parte da protagonista in un film incentrato su uno spirito che si è incarnato in un attore, e che si scorda gradualmente di essere uno spirito. Allo stesso tempo cerca una casa in affitto, e vive una storia con due diverse ragazze. Una sta lavorando come attrice e finirà a fare un provino, l’altra decide di partire per il Giappone per vivere in una “comunità d’artisti”…


“Non sai le cose strane che mi sono capitate!”, “Tipo?”, “Nulla. Poi ti dico”: a coloro che non hanno sopportato il film verrà da ridere pensando a queste battute, visto che effettivamente di concreto in The First Aggregate succede poco o nulla. Eppur si muove, verrebbe da dire, nonostante i ritmi difficili, lentissimi, ed una storia che pare non sappia minimamente dove andare a parare. Però un senso c’è: soltanto che è quasi una missione impossibile coglierlo, ad una prima occhiata.

Per iniziare, diciamo che il film potrebbe essere il ritratto di una mente dopo un trauma, con tutte le conseguenze del caso. Dopo essere guarito, il protagonista vuole fare il grande salto e diventare un attore vero e proprio, ma ha difficoltà a farsi prendere per un ruolo. Il film vive in una specie di limbo onirico, che corrisponde forse proprio allo stato in cui si trova il personaggio: che va in giro a scattare foto (e salta fuori il tema della memoria) e fa riparare un orologio che, per mancanza di un ingranaggio, non avrebbe mai dovuto funzionare (ed ecco il tema del tempo).

Condito con lunghi silenzi, ma anche alcuni dialoghi “alla nouvelle vague” pieni di barzellette, indovinelli e battute, The First Aggregate è un’opera di immagini. Nel senso che i personaggi, visto il lavoro che fanno, convivono quotidianamente con esse: il protagonista ha un proiettore a casa e si diverte a “giocare” con le immagini che si muovono sul muro, sovrapponendosi ad essere (in questo il film ricorda Cut di Naderi); oppure tiene costantemente accesa la tv anche quando si trova con le due ragazze.

Il film ricorda spesso e volentieri il cinema di Tsai Ming-liang, non solo per il dosaggio del ritmo, ma anche per l’uso dei corpi nello spazio (soprattutto negli interni), e alla costruzione delle inquadrature. Non è un caso che anche in questa pellicola i corpi sembrino dei “gusci svuotati”, che si muovono nello spazio (quindi anche nel tempo che corrisponde al qui ed ora: o forse no?), e in attesa di essere riempiti: magari proprio da uno spirito…

E se gli autori negano di aver voluto ritrarre nel film il loro paese, è innegabile che qua e là si affacci l’ombra di una Mongolia che cerca la sua identità (“Qui siamo indietro di 50’anni, il paese non ha più nulla da offrirmi”). The First Aggregate è un ufo che non si sa come prendere, che lascia indispettiti ma allo stesso tempo affascinati. Sono forse queste le opere migliori. Chi scrive, tuttavia, vuole lasciarlo depositare un po’: perché è giusto così.

Voto di Gabriele: 6.5

The First Aggregate (Tabun Mahabuda, Mongolia 2012, drammatico 90′) di Erdenibulag Darhad e Emyr ap Richard; con Huntun Batu, Hasjula, Altangerel, Haitang, Bai Quanxi, Sechenbilig, Undurakh, Guo Zhiqiang.

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