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Torino 2012 – Made in ash: recensione in anteprima del film rappresentante della Slovacchia agli Oscar 2013 (Concorso)

Rappresentante ufficiale della Slovacchia nella corsa agli Oscar 2013, Made in Ash arriva in concorso a Torino: leggi la recensione di Cineblog.

pubblicato 29 Novembre 2012 aggiornato 31 Luglio 2020 20:05

In concorso a Torino c’è sempre un film che parla di povertà, spesso proveniente da un paese europeo dell’est, e che ci racconta la lotta per la sopravvivenza e di quanto l’essere umano spesso sia messo molto alla prova. In questa 30. edizione il film in questione è Made in Ash, candidato ufficiale della Slovacchia nella corsa agli Oscar 2013 per il miglior film straniero.

Si tratta dell’esordio nel lungometraggio di Iveta Grofova, documentarista che ha studiato animazione a Bratislava. Per narrare la storia di Dorota, costretta ad andare via dalla famiglia per trovarsi un lavoro, l’autrice non opta né per il mezzo espressivo dell’animazione, né per il documentario. Realizza un’opera a soggetto live action, quindi, in cui però riesce ad inserire in un modo o nell’altro i suoi “cavalli di battaglia”

Dorota vive in un paesino della Slovacchia con la famiglia e fa progetti con il fidanzato Dodi. La mancanza di lavoro la costringe a cercare fortuna in Repubblica Ceca, dove la attendono i turni in una fabbrica tessile e la rinuncia a tutti i suoi sogni. Ad Asch, non lontano da Praga, conosce una ragazza, con cui dividerà la stanza in cui dorme, e con lei inizierà a farsi pagare da uomini in cambio di sesso.


Già dai titoli di testa capiamo che la Grofova non ha rinunciato alla sua animazione: la grafica infatti richiama un gessetto che scrive sulla lavagna, ma tutto è disegnato a mano. Per tutto il film ci saranno poi inserti animati – sempre disegnati a mano – nei momenti in cui Dorota sogna una vita migliore, o semplicemente in quei momenti in cui vaga con la mente per fuggire agli orrori della vita.

Quel che interessa alla sua autrice è seguire da vicino il percorso della sua protagonista, fatta di tappe che hanno un sapore sempre più “inquietante”. Prima l’addio alla famiglia, poi la vita in una piccola stanza, con tanto di lavoro in fabbrica tessile, ed infine la prostituzione. Una tela di ragno praticamente obbligata, e che la regista non giudica mai: anzi, è vicinissima a Dorota, pur trovando la “giusta distanza” per seguirne il percorso.

Trovando un ritmo lento, ma a suo modo abbastanza convincente, la regista si dimostra un’autrice da tenere d’occhio, anche perché sa amministrare la materia senza scottarsi le mani. Ed era difficile non cadere in scivoloni, visto che la storia prevede licenziamenti improvvisi, atti sessuali con uomini più maturi, ed infine lo “squallore” del lavoro in un locale di ballerine spogliarelliste e prostitute.

Però forse, alla fine, ti chiedi il perché di tutto questo. Non tanto perché calcare la mano su certi argomenti sia sbagliato – anche perché la Dorota non lo fa, anzi -. Però tornano alla mente altri esempi del genere, ad esempio Import/Export di Seidl. Il quale, per chi scrive, è il punto di non ritorno di certo “cinema deprimente”. Un’opera che, con la sua durezza e tristezza a tratti insostenibili, si è posta come pietra di paragone con tutto ciò che è venuto dopo. Difficile trovare qualche titolo che gli tenta testa, e Made in Ash, pur con tanta buona volontà ma con un risultato “scarno”, purtroppo rispetta la regola.

Voto di Gabriele: 6

Made in Ash (Až do mesta Aš, Slovacchia / Repubblica Ceca 2012, drammatico 84′) di Iveta Grofova; con Dorotka Billa, Maria Billa, Jarka Bucincova, Silvia Halusicova, Robin Schmidt.

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