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Cannes 2019, Portrait of a Lady on Fire, recensione: Céline Sciamma cambia epoca e registro

Festival di Cannes 2019: una Céline Sciamma inedita, diversa, al suo primo film in costume

pubblicato 20 Maggio 2019 aggiornato 29 Luglio 2020 19:14

Marianna (Noémie Merlant) raccomanda alle sue studentesse di fare attenzione alle mani. Sta insegnando loro l’Arte del ritratto, una tipologia che, più di altre, richiede un’attenzione fuori scala per i dettagli. Toccherà tornarci. Dopodiché la vediamo a bordo di una barca, salvo poi gettarsi in acqua per salvare un suo quadro; di lì a poco verrà lasciata su una spiaggia, attraversando la quale c’è la casa dove trascorrerà i prossimi giorni.

Portrait de la jeune fille en feu (da qui in avanti Portrait of a Lady on Fire) rappresenta un cambio notevole per Céline Sciamma, talentuosa sceneggiatrice e regista il cui penultimo lavoro, Diamante nero, fu uno dei titoli più interessanti di quell’annata (era il 2014). Il suo debutto in Concorso a Cannes arriva in virtù di un film che segna un cambio netto rispetto a quanto fatto fino ad ora, girando un film in costume. Marianna è infatti una pittrice nella Francia di un secolo, il diciottesimo, che non offre chissà quali opportunità ad una donna, ancora tutt’altro che emancipata. La Sciamma batte molto su questo punto: appena due uomini in tutto il film, con ruoli marginali, da comparse.

Parliamo perciò di un film di sole donne, attraverso lo sguardo, uno dei tanti possibili, di una donna. Portrait of a Lady on Fire rifugge pressoché in toto ritmi sostenuti, ai quali rinuncia preventivamente non per vezzo ma per programma: si tratta infatti di un avvicendarsi degli eventi attraverso i quali si vuole costruire, in maniera appena percettibile, qualcosa. Quel qualcosa è la tensione sessuale tra Marianna ed Héloïse (Adéle Haenel). Quest’ultima è la figlia di una contessa (Valeria Golino) che sta per darla in sposa; prima però vuole farle fare un ritratto.

Dietro il rigore della Sciamma, tuttavia, c’è più forma che sostanza. Lei è oltremodo abile non tanto nel mantenere la tensione di cui sopra, che certamente si avverte ma che al contempo non si rivela così travolgente, quanto in relazione a quel processo su cui il film poggia, forse ancor più della storia d’amore tra le due giovani. Ricollegandoci a quanto evidenziato sopra rispetto all’attenzione per i dettagli, nella vicenda, che viviamo attraverso gli occhi di Marianna, c’è una sorta di manifesto per gli aspiranti artisti. L’Arte è lavoro, dedizione, persistenza, tutte doti che la bella pittrice possiede. Quando alla fine un attempato signore nota una piccola ma sostanziale differenza tra l’Orfeo e Euridice dipinto da Marianna e tutti quelli che si sono visti fino a quel momento, viene detto qualcosa di più sensato e interessante anziché la retorica non di rado stantia su genio e talento.

E c’è un momento in cui un concetto del genere la Sciamma riesce a trasportarlo sull’altro dei due binari principali, ossia appunto quello del lento e inesorabile avvicinamento tra Marianna ed Héloïse. Quando il cosiddetto professionismo muta in amore per l’oggetto preso in esame, ed allora le due si scambiano delle annotazioni sull’altra, quei dettagli nei gesti e nei modi che tradiscono lo smodato interesse reciproco. Un bel modo di passare allo step successivo, un’implicita dichiarazione, ben più elegante del mero avvinghiarsi o ricorrere a frasi dolci.

Il piacere che se ne trae lavora tuttavia ad un livello ben meno viscerale di quello che si vorrebbe, più intellettuale, speculativo quasi. Dove Portrait of a Lady on Fire rischia di darci una botta è in quelle apparizioni estemporanee di Héloïse vestita da sposa, immagini misticheggianti che rimandano a un pericolo imminente, quello del patibolo che per entrambe le donne rappresenta il matrimonio di Héloïse. Il processo però si rivela spossante, la tenuta austera non controbilanciata da elementi e suggestioni che vadano oltre le seppur comprensibili rivendicazioni rispetto a un’epoca in cui davvero la donna non poteva aspirare ad altro che essere serva, moglie, madre o puttana. Tanto è vero che, quando il tanto sospirato bacio arriva, dopo una scena che funziona di per sé, molto evocativa, quella del coro attorno a un falò (uno dei momenti migliori), la molla si rivela meno carica di quanto dovrebbe.

Un mistero, quello femminile calato nell’epoca, che in fondo non viene sondato più di tanto, con una Haenel che nemmeno in quell’ultima inquadratura che la vede assoluta protagonista può riscattare in toto la scelta in un ruolo un po’ avulso dalla sua personalità, quella di una donna forte, risoluta, laddove Héloïse è invece – o per meglio dire, dovrebbe essere – una ragazza danneggiata, esposta, debole. E Marianna l’unica ancora di salvezza, quantunque provvisoria, a questo male che la corrode da dentro. Qualcosa che ricaviamo dal racconto, senza purtroppo trovare riscontro in questo gioco di sguardi e di non detto che infatti ne esce ridimensionato.

[rating title=”Voto di Antonio” value=”6″ layout=”left”]

Portrait of a Lady on Fire (Portrait de la jeune fille en feu, Francia, 2019) di Céline Sciamma. Con Noémie Merlant, Adèle Haenel, Luana Bajrami e Valeria Golino. Concorso.

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