Home Festival di Venezia Venezia 2019, The Burnt Orange Heresy di Giuseppe Capotondi: inverosimile thriller sul mondo dell’arte

Venezia 2019, The Burnt Orange Heresy di Giuseppe Capotondi: inverosimile thriller sul mondo dell’arte

Mick Jagger mefistofelico collezionista d’arte in The Burnt Orange Heresy di Giuseppe Capotondi.

pubblicato 7 Settembre 2019 aggiornato 29 Luglio 2020 16:59

10 anni dopo l’esordio con La doppia ora, che valse una coppa Volpi a Ksenija Rappoport, Giuseppe Capotondi torna finalmente al cinema con The Burnt Orange Heresy, adattamento del romanzo di Charles Willeford, autore di culto di Quentin Tarantino.

Presentato alla 76esima Mostra del Cinema di Venezia come film di chiusura, Il Quadro Eretico (questo il titolo italiano del romanzo) è ambientato nel ricco mondo dell’arte, con un celebre, decaduto e ambizioso critico d’arte, James Figueras, a cui viene concessa l’opportunitá di una vita: intervistare un leggendario pittore che nessuno vede da 50 anni. Un’opportunitá che Figueras deve cogliere al volo, ma non senza cedere a pericolosi compromessi…

Sei anni dopo La Miglior Offerta di Giuseppe Tornatore, il cinema italiano torna ad incrociare il mondo dell’arte in salsa thriller con un titolo che spazia tra erotismo e noir, sfrenate ambizioni e inevitabili bugie per poterle esaudire, inganni, presunte verità e abuso di potere.

Il danese Claes Bang, visto anche in The Square e in Millennium – Quello che non uccide di Fede Álvarez, interpreta un solitario critico d’arte pronto a tutto pur di raggiungere il proprio scopo, consapevole della propria affabulatoria dialettica e cinico al punto giusto da calpestare la propria carriera, e onorabilità, sfruttando le proprie conoscenze artistiche ad uso e consumo di interessi sfacciatamente personali. Dal nulla conosce la misteriosa e fascinosa Berenice, interpretata dall’australiana Elizabeth Debicki, giovane americana in viaggio per l’Europa che lo accompagna sul lago di Como, nella strepitosa tenuta di Joseph Cassidy, potente collezionista d’arte interpretato da un mefistofelico Mick Jagger. Qui alloggia Jerome Debney, solitario J.D. Salinger del mondo dell’arte interpretato da Donald Sutherland che il critico potrà intervistare dopo decenni di silenzio, ma non prima di aver soddisfatto una perentoria richiesta del diabolico mecenate James: sottrarre un capolavoro di Debney dal suo studio.

Parte bene, con fare conturbante, The Burnt Orange Heresy di Capotondi, da subito assai esplicito nell’incrociare la strada del giallo, lastricata per l’occasione da falsità e presunte verità, cavalcando il cinema di genere con fare deciso. Ma lo script di Scott B. Smith, autore del romanzo horror Rovine, vira rapidamente verso l’eccesso, l’inverosimile.

Costellato di frasi fatte, l’opera seconda di Capotondi è ambientata in un’Italia in cui incredibile ma vero nessuno parla italiano. Si sente a malapena un banale ‘ciao’ in The Burnt Orange Heresy, titolo che guarda alla figura del critico con fare provocatorio. Necessario, perché senza critica l’arte non esisterebbe insinua il protagonista, ma talmente potente da poterla indirizzare, plasmare a proprio piacimento, indirettamente realizzare, a tal punto da incrociare aspetti criminali.

Maschere da indossare, obiettivi da abbracciare, realtà da modellare. The Burnt Orange Heresy paga pesantemente uno sviluppo che nella sua seconda parte si fa surreale, per decisioni intraprese dai suoi protagonisti, tanto dall’accartocciarsi rapidamente su sé stesso. Svolte narrative discutibili, quelle messe in scena da Capotondi, piombato in un finale che grida all’implausibile, tra morti ammazzati, ipotetici suicidi, incendi, falsità d’autore e verità costruite e indirizzate, in una società in cui la fake news domina il quotidiano, dove il confine tra l’autenticità e l’imbroglio è sempre più labile.

La 29enne Debicki, già vista in Widows – Eredità criminale e The Cloverfield Paradox, tiene la scena con fare provocante, mentre il leggendario Mick Jagger, di ritorno al cinema in qualità d’attore 18 anni dopo L’ultimo gigolò, incrocia abiti a lui decisamente congeniali, essendo elegantemente diabolici e senza scrupoli. Ciò che ne resta è un film costantemente al limite, tra credibile e incredibile, metasignificati esplicitati e inganni a specchio che puntualmente si sbriciolano dinanzi al proprio criticabile riflesso.

[rating title=”Voto di Federico” value=”5″ layout=”left”]

The Burnt Orange Heresy (Regno Unito, Italia, 2019, drammatico) di Giuseppe Capotondi; Claes Bang, Elizabeth Debicki, Mick Jagger, Donald Sutherland – FUORI CONCORSO

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