Home Festa del Cinema di Roma Roma 2019, Waves, la recensione: un’esperienza cinematografica dalla travolgente creatività

Roma 2019, Waves, la recensione: un’esperienza cinematografica dalla travolgente creatività

Due film in uno, Waves è un’opera stilisticamente travolgente.

pubblicato 22 Ottobre 2019 aggiornato 29 Luglio 2020 16:02

31 anni appena, il talentuoso Trey Edward Shults è già arrivato al suo 3° lungometraggio, Waves, trionfalmente accolto al Telluride Festival, poi al Toronto Film Festival e ora in cartellone alla Festa del Cinema di Roma, dove è arrivato con un carico di notevoli aspettative. Merito anche dei precedenti Krisha, folgorante esordio del 2015, e di It Comes at Night, con Joel Edgerton mattatore, che aveva ribadito le potenzialità di un regista dallo stile assai preciso, che in questo caso si fa prima esplosivo e a seguire più espressivo.

Un film letteralmente diviso in due, questo Waves, inizialmente interessato al giovane Tyler, afroamericano che parrebbe avere tutto quel che qualsiasi adolescente vorrebbe. Una ricca famiglia che lo sostiene, una fidanzata che lo ama pazzamente, un college ormai imminente, una squadra di wrestling che poggia sulle sue forti gambe, un fisico da atleta, amici e un futuro che appare oltremodo roseo. Ma il limite, per Tyler, è ad un passo, perché il dispotico padre continua ad alimentare aspettative che lo accecano, travolgendolo. La tragedia, infatti, è dietro l’angolo. E nulla sarà più come prima.

Pronti, via e una ripresa circolare a 360° dall’interno di un auto bombardata dalla musica lancia a mille all’ora un’opera visivamente parlando eccelsa. In pochi minuti, nel corso dei titoli di testa, Shults dà subito un’impronta dinamica, aggressiva, ad un film che avvolge protagonisti e spettatori, raccontando l’esistenza di questo 18enne che è determinato a conquistare il successo, a tal punto da passare giornate intere ad allenarsi. Anche dinanzi ad una spalla dolorante e bisognosa di riposo Tyler continua ad andare a mille all’ora, tra antidolorifici che creano dipendenza ed alcool, perdendo controllo con la famiglia, con la fidanzata, con la realtà. In un’ora in cui Shults sembra non voler mai prendere fiato, la parabola audo-distruttiva di Tyler va a compimento, lasciando detriti sui genitori e sulla sorella più piccola.

In un crescendo di tensione che si fa semplicemente asfissiante, lo schermo si rudice in 4/3, come se il regista volesse ulteriormente amplificare la sensazione di disagio, per poi ritrovare spazio e ricominciare lentamente a respirare grazie ad un nuovo intreccio narrativo che coinvolge proprio la sorella minore, ora al college e al cospetto di un primo amore.

Una prima ora dominata dai colori fluo, con il rosso e il blu a cavalcare la scena, e la musica a fare da collante a rapporti d’affetto segnati dai sensi di colpa e dai troppi silenzi. C’è l’incomunicabilità genitori/figli, in questa drammatica parabola scritta e diretta dal 31enne regista, che biblicamente sottolinea come ‘l’odio provoca liti, mentre l’amore copre ogni colpo‘. Un viaggio dai toni cupi e accecanti, che in poco più di due ore cambia più volte registro abbracciando drammaticità e tenerezza, andando energicamente a fondo nell’animo dei suoi protagonisti. Un’opera che non può in alcun modo lasciare indifferenti, quella firmata Edward Shults, perché tanto spaventosa nella sua prima parte quanto dolce nella seconda. Due metà di una stessa mela che solo apparentemente non coincidono, perché in realtà speculari.

Sterling K. Brown, volto di This is Us vincitore di due Emmy e un Golden Globe, è un pastore duro e ossessivo con il figlio maggiore, perché “noi non possiamo permetterci di essere mediocri, dobbiamo impegnarci 10 volte più degli altri“. Quegli altri, ovviamente, sono i bianchi, in un film che per una volta non conosce la parola razzismo, perché la tragedia è figlia di scelte personali, sbagliate, legate ad un’arroganza di fondo che si fa chiara critica ad una generazione spesso incontrollabile e prepotente. Al fianco di un Brown come al suo solito ineccepibile spiccano la tenera secondogenita Taylor Russell, l’incontrollabile Kelvin Harrison Jr. e l’affranta Renée Elise Goldsberry, segnata dalle decisioni di un figlio indifendibile.

Un’opera profonda, jenkinsiana, vibrante e dall’impianto visivo incredibilmente creativo e seducente, che conferma un nome ai più sconosciuto ma destinato ad imporsi. Trey Edward Shults.

[rating title=”Voto di Federico” value=”7.5″ layout=”left”]

Waves (Usa, drammatico, 2019) di Trey Edward Shults; con Kelvin Harrison Jr., Taylor Russell, Sterling K. Brown, Renée Elise Goldsberry, Lucas Hedges, Alexa Demie

Festa del Cinema di Roma