Death of a Unicorn, la dark comedy rivelazione: la recensione
Death of a Unicorn è un film sorprendente, con una Jenna Ortega magnetica che riesce a tenere incollati allo schermo dall’inizio alla fine.

Quando si parla di giovani attrici capaci di reggere un intero film sulle spalle, Jenna Ortega è, senza ombra di dubbio, uno dei nomi più solidi e interessanti della sua generazione. Con “Death of a Unicorn”, appena uscito nelle sale, l’attrice dimostra ancora una volta di avere una presenza scenica fuori dal comune.
E’ appena uscito nelle sale il nuovo film targato A24 e prodotto da Ari Aster, in Italia la pellicola è distribuita da I Wonder Pictures, tratto dall’omonimo libro di Peter Dickinson, Death of a Unicorn, una pellicola che sta facendo parlare di sè.
Death of a Unicorn un film come non si vedeva da tempo
Metti una sera al cinema, all’ingresso c’è l’addetta cordiale che ti accoglie con un gran sorriso, oltre alla simpatia ti dona una spilla a tema del film. La sala è gremita, il film ha generato parecchio Hype e poi, cosa non trascurabile, c’è Jenna Ortega, l’attrice che, oggi, ormai, nonostante la giovane età, è sinonimo di garanzia. Parte così, “Death of a Unicorn”, anche se non è una favola, e nemmeno un film fantasy in senso stretto.
È un’opera che gioca con i generi, mischiando il surreale con il grottesco, l’ironia nera con momenti di suspense sincera. C’è un equilibrio molto delicato tra la trama assurda: un padre vedovo, avvocato, “in carriera” è costretto a spostarsi per un importante colloquio di lavoro insieme alla figlia “trascurata” per una occasione imperdibile. Durante il tragitto un incidente darà inizio al tutto e, ovviamente, non spoilererò altro per chi vuole gustarselo in sala. Vi basti sapere che la sua realizzazione visiva, sempre al limite tra il brillante e il disturbante fa di questa pellicola un film che rischia, e proprio per questo colpisce.
Jenna Ortega, nei panni della giovane protagonista, è semplicemente perfetta. Porta sullo schermo una ragazza che si muove in una realtà folle con una lucidità emotiva disarmante. Non c’è mai un’espressione fuori posto, mai un momento in cui la sua interpretazione risulti forzata. Anzi, riesce a dare al personaggio un’umanità profonda, che resta anche quando la storia prende pieghe surreali. Ha carisma, intensità e, soprattutto, un’incredibile capacità di comunicare molto anche nei silenzi. Ed è questo che fa davvero la differenza.
Un capolavoro anche dal punto di vista tecnico
Il film ha un ritmo incalzante, una regia che osa e una sceneggiatura intelligente, capace di prendersi gioco delle convenzioni del cinema mainstream senza però allontanare lo spettatore. Infatti, anche nei momenti più strani o apparentemente insensati, c’è sempre un filo logico che tiene insieme tutto, un messaggio che si fa strada sotto la superficie.
A livello visivo, “Death of a Unicorn” è una gioia per gli occhi. Le scelte estetiche sono curate, i colori giocano un ruolo importante e le inquadrature sembrano sempre raccontare qualcosa in più rispetto ai dialoghi. Non è solo cinema da vedere, ma cinema da ascoltare, da osservare nei dettagli, da vivere come un’esperienza completa.
Il pubblico uscirà dalla sala probabilmente un po’ spiazzato, ma in senso positivo. Perché questo è uno di quei film che ti restano è una di quelle opere che non vedi tutti i giorni. Merito anche di una Jenna Ortega in stato di grazia, capace di confermare il suo talento. Siamo davanti a una vera attrice, con la A maiuscola una donna che ha la recitazione nel sangue. Dopo Beetlejuice Beetlejuice, il sequel del film cult di Tim Burton, il film che sembrava il passaggio di testimone tra Winona Ryder e Jenna Ortega, possiamo affermare che, oggi, la Ortega è, sicuramente, la regina indiscussa di Hollywood.