Hitchcock, il grande incompreso: paure e moralismi di chi lo amava come regista “solo” di thriller
I critici e prof si svegliano, i biografi copiano, il pubblico non li ringrazia
La stampa rulla da qualche tempo i suoi ottusi tamburi sul grande Alfred, il mago dei brividi, di tutti i brividi e non solo quelli del genere thriller. Succede. Giornali e media si svegliano dopo un eterno letargo. Avrebbero potuto o dovuto farlo prima. Non mai troppo tardi. Adesso esce un film, Hitchcock di Sacha Gervasi con Anthony Hopkins ed Helen Miller (non lo perderò), in cui si raccontano i complessi rapporti tra il regista e la moglie Alma, una ex montatrice che lavorava da ragazza con lui e lo sposò, entrambi vergini a ventisei anni.
Il libro è tratto dalla sceneggiatura di John J.MacLaughin, a sua volta ispirata dal libro di Stephen Rebello, “Alfred Hitchcock and the Making of Psycho”. E’ uscito anche, in Italia, un libro intitolato “Alfred Hitchcock. Il maestro del brivido” di Riccardo Palmieri. E’ stata ricordata infine una vecchia trasmissione tv, a cura di Francesco Bortolini e Claudio Masenza, imbottita di scene e di interviste, sul solco delle convenzioni sul maestro su cui molto si è detto e molto si è equivocato.
Insomma, negli anni 2000 avanzati torna un interesse che non è mai mancato ma che ci rammenta che per lunghi anni i film di Hitch siano stati bistrattati nonché esaltati. Esaltati per la loro forza indiscutibile, peraltro senza capirli; e bistrattati perché il regista è stato considerato- per un tempo interminabile – sostanzialmente commerciale.
A sfatare l’“invettiva” (commerciale) ci pensò per fortuna Francois Truffaut, regista della nouvelle vague, che fece una bellissima intervista a cui tutti noi abbiamo fatto capo, “sentendo” come spettatori che c’era ben altro da scoprire; ed è forse quello che si sta facendo, si spera. Per decenni, nella bibliografia italiana, si sono lette cose penose, nel senso di sorde e cieche, rispetto alla profondità non solo artistica di Hitch, scritte da autorevoli critici e professori universitari.
Non parliamo dei luoghi comuni, delle banalità, delle storture, delle ironie seminati un po’ dovunque, radio e tv, giornali e riviste: carte smarrite, sperdute, eppure efficaci a destituire di ogni credibilità l’arte del regista, mettendola in ridicolo e limitandola nei significati e rimandi, ostacolando a lungo, lunghissimo tempo un approccio degno. Qualcosa di utile che poteva uscire solo dalla ricerca di documentarli, illustrarli, analizzarli.
Un autore straniero Donald Spoto, ha compiuto con sensibilità e anche con gradevole divertimento una costruzione, anzi una ri-costruzione biografica valida, ricca di stimoli. Per tutti, anche per il regista del film biografico e per le altre iniziative in corso. Alla ricostruzione di Spoto e a poche altre fonti disponibili, oltre che a una rilettura completa dei suoi film, mi sono ispirato per “Hitchcock- Il laboratorio dei brividi”, brividi della suspense ma anche dell’amore, del sesso, dei rapporti personali, delle emozioni umane, troppo umane. Il libro edito da Ediesse uscì nel 2009 e continua da mesi e mesi a essere narrato in podcast della radio.
Con molta umiltà, con spirito di ricerca, mi sono messo al lavoro; e ho cominciato dalla infanzia di Alfred e del suo tormentato itinerario di uomo e di grande regista. Mi sono appassionato a scriverlo. Spero che costituisca un contributo a far conoscere meglio un uomo, un artista, un uomo, come pochi. Malconsiderato, male interpretato. Chi ce lo ha tenuto nascosto, sperando che si voglia emendare, vorrei che provasse un vero, sincero senso di colpa. Quel senso di colpa, e di voglia di perdono, che erano e sono la sostanza dei grandi film di un artista straordinario, sempre da scoprire.