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Karaoke Girl: recensione in anteprima del film in concorso a Torino 2013

Torino Film Festival 2013: il ritratto di una vera “ragazza karaoke” e di una città, Bangkok, in cui è difficile adeguarsi. Opera prima della thailandese Visra Vichit-Vadakan, tra documentario e fiction: ma Karaoke Girl è un film troppo acerbo per convincere davvero fino in fondo. In concorso.

pubblicato 27 Novembre 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 06:53

Visra Vichit-Vadakan, la regista di Karaoke Girl, ha studiato cinema negli Stati Uniti. Normale che sia quindi stata influenzata da un certo tipo di cinema indie e dalla sua estetica. Karaoke Girl, curioso e affettuoso ibrido tra documentario e fiction (oggi si direbbe docufiction, ma forse non è il termine preciso per questa operazione), lo rivela candidamente.

Nel mettere in scena la vita e l’esperienza reale di una “ragazza karaoke”, Visra Vichit-Vadakan rinuncia del tutto a fare un film ordinario e dalla narrazione cronologica. Opta invece per un film sperimentale, che vorrebbe quasi dare l’impressione di costruirsi da sé man mano che va avanti. Operazione lodevole, ma c’è un problema: l’autrice è alla sua opera prima, e francamente un pochino si vede.

Sa, a quindici anni, si è trasferita dalla campagna a Bangkok per cercare un lavoro con cui sostenere la famiglia lontana, schiacciata da debiti e povertà. Dopo tre anni passati in fabbrica si è resa conto che l’unica soluzione per avere uno stipendio decente è quella di vendere il proprio corpo.

Così oggi Sa lavora in un locale di karaoke, in cui l’intrattenimento dei clienti si spinge ben oltre l’interpretazione di qualche canzone. Ora che ha compiuto ventitré anni è giunto il momento di tornare a casa, per fare visita ai suoi genitori. La regista la segue durante questo ritorno, mentre ripercorre le tappe dell’ultimo periodo della vita della ragazza.


Karaoke Girl è un ritratto femminile quasi impressionista, più che ad esempio cubista. Non è affatto geometrico o calcolato, anche se in fase di montaggio non dev’essere stato affatto facile mettere i pezzi assieme. È un lavoro impressionista perché lavora moltissimo sulle sensazioni: sia le sensazioni del mondo interiore di Sa, sia le sensazioni che il pubblico proverà guardando il film.

Questo ritratto femminile, che è anche indirettamente il ritratto di una città in cui “le donne che vengono da fuori devono integrarsi anche con le lacrime”, è influenzato da certo indie americano nella costruzione di un’atmosfera rarefatta e sospesa. Non si tratta solo del tipo di montaggio, che alterna diverse scene brevi corrispondenti a livelli temporali diversi della storyline, ma anche dall’unione tra aspetto visivo e aspetto sonoro.

Non sono pochi i momenti sottolineati da una musica d’accompagnamento che paiono messe lì proprio per fare da collante emotivo, come se lo spettatore dovesse “emozionarsi” attraverso il puro mezzo cinematografico. Difficile altrimenti affezionarsi seriamente alla protagonista, vista la frammentarietà dell’opera. E questo è Karaoke Girl, in fin dei conti: un progetto interessante dal risultato spezzettato e francamente a tratti un pochino noiosetto.

Il film recupera però verso il finale, quando l’aspetto documentaristico e le interviste ai parenti vengono meno e improvvisamente la narrazione rientra dalla finestra. La chiusa, poi, riesce a colpire per bene nel segno. Ma Karaoke Girl resta un’opera troppo acerba, e forse addirittura è proprio il risultato finale a non essere poi nemmeno così interessante come le premesse ci dicevano.

Voto di Gabriele: 5.5

Sao Karaoke (Karaoke Girl) (Thailandia / USA 2013, drammatico 77′) di Visra Vichit-Vadakan; con Sa Sittijun, Supavitch Mepremwattana, Nang Sittijun, Sampao Sittijun, Buntham Sittijun, Lao Junkratoke, Vassana Junkratoke, Thanit Thanvisai, Lar Srisuk, Paradee Boonnam, Natchawan Chansagiam. Qui il trailer.

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