Home Festival di Cannes La storia della Principessa Splendente: Recensione del film di Isao Takahata

La storia della Principessa Splendente: Recensione del film di Isao Takahata

Il maestro Isao Takahata torna a dirigere a distanza di quattordici anni da I miei vicini Yamada. Otto anni di lavoro per La storia della Principessa Splendente, ritratto espressionista di un Giappone a cavallo tra storia e mitologia

pubblicato 3 Novembre 2014 aggiornato 30 Luglio 2020 20:51

«Abbiamo finito!», fu questa l’esclamazione di Isao Takahata ad una settimana dalla definitiva chiusura dei lavori per La storia della Principessa Splendente, dopo otto anni dall’inizio. Ma aggiunse: «È triste, non è vero?». Saremo anche dei romantici un po’ banalotti a dire che il Cinema è fatto soprattutto di storie: quelle che non vediamo però. Una di queste ce la racconta proprio Takahata: «C’era una volta, quasi 55 anni fa ormai, in una società chiamata Toei Animation, un progetto per la realizzazione di un film di animazione classico su Il Racconto di un tagliabambù».

Taketori monogatari, questo il titolo giapponese, è un celebre racconto giapponese narrante la vicenda di un tagliabambù che un giorno, mentre vaga per il campo, scorge con la coda dell’occhio un bambù che emette uno strano bagliore. Tagliatolo, al suo interno vi trova una minuscola ma meravigliosa creatura, che ha tutta l’aria di essere una principessa. L’uomo e la moglie decidono di prendersi cura di questa bambina, Kaguya, che da minuscola (grande quanto il palmo di una mano) diventa un neonato, crescendo a vista d’occhio nel giro di minuti. Tutto è miracoloso in questa vicenda, che vede la principessa farsi una splendida giovane donna, tanto che i più facoltosi uomini del Giappone fanno a gara per accaparrarsela. Sì, di questo si tratta, perché la sua fama corre veloce, e di conseguenza la brama di averla in sposa. Al che ciascuno dei pretendenti viene sottoposto a una prova specifica, dal cui esito dipende il della diretta interessata.

Tuttavia quanto descritto, che è la sinossi del film, non ci dice granché sul reale conflitto; su quel quid che non va probabilmente capito ma appreso. Perché la vicenda de La storia della Principessa Splendente è una storia forte, fantastica in tutte le accezioni del termine, le cui dinamiche vanno dunque lette alla luce di significati ben più profondi. Un po’ come le fiabe, che lì per lì non puoi mai dire di avere compreso a pieno ma che senza dubbio ti hanno lasciato un insegnamento prima ancora che la tanto vituperata morale.

In questa storia trasognante e ricca di un fascino antico, veniamo letteralmente trasportati in un modo ad acquerello, dove il rigore formale, col senno di poi, ci appare quale indispensabile misura per filtrare delle circostanze così misteriose ed incantevoli. Si torna quasi ragazzini assistendo a tutta una serie di eventi che di razionale non hanno alcunché, trascinati da una mescolanza di suoni e colori che davvero solo il cinema d’animazione è in grado di concepire. È il mondo dei sogni, quello dell’immaginazione; insomma, quel reame di contraddizioni, dove le regole non contano o, semplicemente, sono diverse dalle nostre.

Nel corso del film, per esempio, si scopre che la particolarità della principessa si deve al fatto che lei non appartiene al nostro mondo, bensì a quello della Luna. Ed è un contesto dove dominano la purezza e la concordia, nulla a che vedere con la Terra, dove lacrime e sangue si mescolano a gioia ed allegria. Al che ci si domanda: perché è lì questa principessa? Una risposta che noi stiamo ancora provando a darci ma che ad ogni modo chiama in causa ciascun singolo spettatore, tenuto a risolvere questo indovinello implicito. Dopodiché si cerca anche di capire se una storia di tale portata possa celare o meno un carattere universale, risposta alla quale si risponde in maniera decisamente affermativa. Dopo ancora ci si domanda: è attuale?

Vedete, i lavori di Studio Ghibli, fuor di incensamenti e toni mistici, sono sempre «tutta un’altra cosa». Smarrirsi tra le pennellate di un volto o di uno sfondo appena abbozzato è parte dell’esperienza, quella che non può essere trasmessa a parole, salvo ricorrere alla poesia. Eppure La storia della Principessa Splendente è poesia essa stessa, solo visiva, dunque non verbale. A prescindere dai dialoghi e da un racconto che, come avete letto, può essere tranquillamente riassunto in un capoverso, come tutti i migliori racconti.

No, in più in questo piccolo ma già grande gioiello di Isao Takahata c’è la capacità di attingere a quelle zone dello spirito alle quali solo un vero cineasta, per lo più di animazione, ha accesso. Con quella capacità tipica peraltro della produzione del regista, nel condensare nella medesima opera il giusto grado di realismo e surrealismo, dosandoli e mescolandoli a dovere. Perché, per esempio, La storia della Principessa Splendente non è solo fiaba, ma anche affresco espressionista saldamente ancorato ad un periodo storico ben preciso, al quale si rifà con uno scrupolo encomiabile. Si osservino i costumi, qui riprodotti con dovizia e densi di particolari, a tratti una gioia per gli occhi.

Di conseguenza quest’ultima fatica di Takahata diviene anche una finestra, l’ennesima, sulla cultura di un Paese che desta ancora meraviglia e stupore, nella sua duplice valenza di memoria storica (c’è anche il teatro kabuki) e oseremmo dire mitologica inerente ad una così antica civiltà. Ma non vorremmo che equivocaste queste nostre ultime considerazioni; La storia della Principessa Splendente è un viaggio, che a sua volta è il resoconto di un viaggio, quello che Kaguya compie sulla Terra forse per purificarsi o forse semplicemente per apprendere “qualcosa”. Con quell’ottimismo che non è mai posticcio, anzi, senza nulla tacere perché registi di tale spessore e caratura alle loro storie ci credono davvero, donandosi anima e corpo.

Lo stile dei disegni è atipico, tornato in auge qualche anno addietro in ambito videoludico grazie ad opere capitali, tra cui, né prima né ultima, un certo Okami. Siamo più dalle parti dell’ultimo film di Takahata prima di questo, ovvero I miei vicini Yamada (H?hokekyo Tonari no Yamada-kun); stile ulteriormente elaborato, più evocativo e impreziosito da una serie di intuizioni che alle volte colpiscono dritte al cuore. L’unica nota amara riguarda la nostra distribuzione, che lo terrà in sala per soli tre giorni a partire da oggi. Tocca a voi dimostrare a lor signori che certe opere meritano spazio e che anche il nostro pubblico apprezza. Si spera.

Voto di Antonio: 9
Voto di Federico: 10

La storia della Principessa Splendente (Kaguya-Hime no Monogatari) di Isao Takahata. Con Tatsuya Nakadai, Shichinosuke Nakamura, Nobuko Miyamoto, Kengo Kora, Takaya Kamikawa, Ryudo Uzaki, Isao Hashizume, Tomoko Tabata, Atsuko Takahata, Yukiji Asaoka, Aki Asakura, Takeo Chii, Hikaru Ijûin e Shinosuke Tatekawa. Nelle nostre sale da oggi, 3 novembre, fino a mercoledì 5 novembre.

Festival di Cannes