Home Festival di Venezia Festival di Venezia 2013: La luce del set è come Dio, illumina la vita. Ma è anche vero che Dio ha bisogno degli uomini

Festival di Venezia 2013: La luce del set è come Dio, illumina la vita. Ma è anche vero che Dio ha bisogno degli uomini

I giornali e le tv cercano i grandi vecchi del cinema come Francesco Rosi, Ettore Scola o Giuseppe Rotunno, grande direttore della fotografia. Cosa se ne ricava?

pubblicato 26 Agosto 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 10:26

In una intervista il direttore della fotografia Giuseppe Rotunno ha detto: “La luce del set è come Dio, illumina la vita”. Una frase molto suggestiva. Adesso che comincia la 70esima Mostra di Venezia 2013 e subito dopo la stagione vera e propria, bisogna domandarsi se ricordare Dio può illuminare la vita ma se può soprattutto illuminare tutti coloro che fanno l’industria o l’alto artigianato del cinema: compresi quanti hanno le mani in pasta alla politica, occupano posti in enti pubblici del cinema, contano qualcosa. Una situazione che viene elegantemente glissata.

Avete notato? I giornali e le tv sono colme di testimonianze sul cinema che c’era e i suoi eroi, i miti, i grandi autori, i grandi vecchi. E’ un modo per ricordare e cercare di evitare le lacrime, in un momento che non so come definire, probabilmente nessuno lo sa. La Mostra può qualcosa, ma non può tutto. Non si rilancia un cinema dal Lido. C’è un titolo del cinema, Dio ha bisogno degli uomini (1950) di Jean Delannoy, che parla chiaro, anche se il film va per altri lidi; e cioè dice che neanche Lui può contribuire se non esiste la collaborazione degli uomini. Uomini che mascalzoni, si potrebbe dire, citando un altro titolo questa volta del cinema italiano (1932) diretto da Mario Camerini, interpretato da Vittorio De Sica. De Sica, più passa il tempo, più diventa grande.

Il fatto è che nel pasticcio italiano il pasticcio del cinema è una “cosa grande”. Il panettone è duraturo. Non ci sono pernacchie o peti, o almeno non si sentono, ma nessuno è in grado di capire cosa fare e dove andare. Le istituzioni del cinema e dello spettacolo sono avvolte in una nube di silenzio. Quando la nube si solleva, cosa scopriamo. La stessa, medesima cosa di sempre: burocrazia. Magari gli sforzi ci sono, qualche volte gli euro vengono tirati fuori, qualche regista o produttore mette fuori la testa, qualche premio lo becchiamo da qualche parte qualunque.

E’ vero, si usa accendere ancora i vecchi e cari stagionati carichi di luce, ma pare che Dio sia morto anche sui set, come direbbe lo stagionato Guccini. Che fanno gli uomini di cui Dio ha bisogno? Non lo sappiano, i nomi e cognomi ci sono, ci sono i consigli di amministrazione, i presidenti, i direttori, gli addetti. Ma pregano in silenzio gli dei che tagliano i fondi , fanno voti perché non taglino troppo, fino a tranciare le bretelle che reggono i loro pantaloni. Non sarebbe un bello spettacolo vederli correre per il Lido con le braghe in mano. Al buio. Senza neanche le luci mandate da Dio.

Vado al Lido senza Rotunno, peccato: è uno che ha lavorato con i migliori, che sa creare ricordare con emozione e fedeltà, che ha novant’anni e le sue parole suonano come zecchini d’oro. Vado con buona volontà. Vado per convinzione e passione. Con fiducia. Spero di non incontrare i burocrati in vacanza a spese di noi tutti; se non altro perché non saprei cosa chiedere loro e so già quello che risponderebbero.

Mi piacerebbe incontrare Rotunno. Colui che ha gli occhi al cielo e i piedi per terra. Ecco un uomo di cui Dio, e noi, abbiamo avuto bisogno e abbiamo per fortuna ancora ricordo. Ecco uno che sfata le leggende, come quella che riguarda Stanley Kubrick, il quale avrebbe illuminato certe scene con le candele. “La fiamma di una candela sovraesposta cancella l’immagine, la imbianca”, precisa nell’intervista Rotunno. Grazie Giuseppe, punta i riflettori sui sepolcri imbiancati che camminano nel nostro cinema, un cinema che ha sempre più bisogno di uomini seri e veri. Che Dio ce la mandi buona.

Festival di Venezia