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Oscar 2017: i vincitori, giallo su Moonlight miglior film

Oscar 2017: tutti i vincitori degli ottantanovesimi Academy Awards. Moonlight miglior film

pubblicato 27 Febbraio 2017 aggiornato 30 Luglio 2020 01:25

Come fare a non partire dalla fine? Da quegli istanti in cui Warren Beatty osserva apparentemente spaesato una Faye Dunaway non meno confusa. La domanda che tormenterà in tanti nei prossimi giorni sarà questa: cosa c’era scritto nel foglietto all’interno di quella busta? Passiamo alla cronaca. Sono passate da poco le 6, ora locale, e a momenti si saprà quale film si è aggiudicato il massimo premio agli Oscar di quest’anno; la Dunaway dice La La Land, al che tutto il cast, i produttori e parte della troupe salgono sul palco. Discorsi di rito su quanto sia opportuno sognare oggi per le storie che scriveremo domani, sul bello della diversità e via discorrendo. Finché uno dei produttori non blocca tutto: «Non è uno scherzo: ha vinto Moonlight. Ripeto, non è uno scherzo». E scherzo non lo era. Qualche secondo dopo esce fuori il foglietto su cui c’è scritto chiaramente Moonlight Best Picture.

Cosa è accaduto? Si è trattato davvero di un errore? Oppure è stato preparato a tavolino? The answer my friend is blowin’ in the wind, direbbe il recente Premio Nobel per la Letteratura. Sta di fatto che il film di Barry Jenkins si aggiudica un Oscar forzato, a prescindere dal siparietto conclusivo; basterebbe porsi la più banale delle domande, ossia «quale film ricorderemo di più fra vent’anni?» (cit. Gianni Canova) ed indirizzarci verso un senso piuttosto che un altro. Ad ogni modo, al presente Moonlight un senso ce l’ha eccome; un senso col quale si può concordare o meno, ma c’è l’ha. Un segnale forte che l’Academy intende lanciare, politico in prospettiva addirittura più ampia rispetto a ciò che è lecito supporre, anche internamente all’industria, che alla fine premia un film costato meno di due milioni di dollari.

Tuttavia i dubbi rimangono, non fosse altro per come è stato accolto e caricato il film di Damien Chazelle in questi mesi: anche qui, piaccia o meno, La La Land ha già segnato non meno di due generazioni. Per i motivi sbagliati? Beh, viene da chiedersi quali siano quelli giusti allora, ma sta di fatto che erano anni che un film non calamitava su di sé un’attenzione del genere, facendo finanche proseliti. Chazelle che peraltro se ne torna a casa con un primato, oltre all’Oscar per la regia: regista più giovane a vincere la statuetta in questa categoria.

Si può perciò dire che il suo ultimo lavoro sia entrato da Papa e sia uscito da cardinale? Ni. Anzitutto perché sei Oscar non sono pochi, sebbene a fronte di quattordici nomination. E poi perché, inutile raccontarcela, resterà sempre l’onta di questo Oscar per il Miglior Film acciuffato all’ultimo, sebbene, statene certi, nei prossimi giorni l’allarme verrà fatto rientrare in tutti i modi possibili e immaginabili. E comunque, poco importa, se alla fine l’Academy ha stabilito che Moonlight dovesse vincere non c’è Warren Beatty o Jimmy Kimmel che tengano. Scelta comunque discutibile, celebrativa, avventata. I primi Oscar dell’era Trump: schizofrenici.

Soffermiamoci su chi invece da questa serata ne è uscito meglio del previsto, ossia Manchester by the Sea, con due Oscar non da poco (miglior sceneggiatura originale ed un sacrosanto miglior attore) e La battaglia di Hacksaw Ridge, anch’egli con due statuette, entrambe tecniche (miglior montaggio e miglior sonoro). Spiace per Arrival, che ha raccolto meno di ciò che avrebbe meritato, ossia un risicato miglior montaggio sonoro, mentre sul fronte film straniero telefonatissimo l’Oscar ad Asghar Farhadi per Il cliente, a conferma che Hollywood a ‘sto giro, più di altre volte, ha valutato più con la pancia che con la testa, volendo a suo modo fare uno sgarbo al Presidente degli USA. Se così fosse, dato che alla fin fine non si può che congetturare a riguardo, sarebbe un peccato.

Due attori di colore si sono aggiudicati gli Oscar per i non protagonisti, ma qui, al di là del segnale, c’è che Mahershala Ali e Viola Davis lo meritavano. Sfumato il colpaccio Fuocoammare, un po’ d’Italia c’è pure comunque, grazie al riconoscimento per il miglior trucco ad Alessandro Bertolazzi e Giorgio Gregorini per Suicide Squad, il quale, a conti fatti, ha vinto più Oscar di Silence e Sully. Sarà superfluo tornare sull’argomento, ma già l’esclusione di Scorsese ed Eastwood (una nomination tecnica a testa fa ridere) la dice lunga sulla direzione intrapresa quest’anno dall’Academy, il cui atteggiamento è quasi perfettamente esemplificato da quelle ultime battute della Cerimonia di premiazione, che resteranno nella storia. Dedicato ai folli e ai sognatori, insomma.

Vincitori

Miglior Film
– Moonlight

Miglior regia
– Damien Chazelle (La La Land)

Miglior attore
– Casey Affleck (Manchester by the Sea)

Miglior attrice protagonista
– Emma Stone (La La Land)

Miglior attore non protagonista
– Mahershala Ali (Moonlight)

Miglior attrice non protagonista
– Viola Davis (Barriere)

Miglior sceneggiatura Originale
– Manchester by the Sea

Miglior sceneggiatura non originale
– Moonlight

Miglior Montaggio
– John Gilbert (La battaglia di Hacksaw Ridge)

Miglior Fotografia
– Linus Sandgren (La La Land)

Miglior Scenografia
– David Wasco e Sandy Reynolds-Wasco (La La Land)

Miglior film straniero
– Il cliente

Miglior film d’animazione
– Zootropolis

Miglior Documentario
– O.J.: Made in America

Migliori Costumi
– Colleen Atwood (Animali fantastici e dove trovarli)

Miglior Trucco
– Alessandro Bertolazzi, Giorgio Gregorini e Christopher Nelson (Suicide Squad)

Miglior Sonoro
– Kevin O’Connell, Andy Wright, Robert Mackenzie e Peter Grace (La battaglia di Hacksaw Ridge)

Miglior Montaggio sonoro
– Sylvain Bellemare (Arrival)

Miglior Colonna Sonora
– Justin Hurwitz (La La Land)

Miglior canzone originale
– City of Stars (La La Land)

Migliori Effetti Speciali
– Robert Legato, Adam Valdez, Andrew R. Jones e Dan Lemmon (Il libro della giungla)

Miglior Corto d’Animazione
– Piper

Miglior corto live-action
– Sing

Miglior corto documentario
– The White Helmets

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