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L’Amore Inatteso – clip in italiano della commedia di Anne Giafferi

Aspettando L’Amore Inatteso diretto da Anne Giafferi, nei nostri cinema dal 21 marzo 2013, con trailer italiano, poster, foto e intervista alla regista e all’autore del best seller francese ‘Cattolico anonimo’, dal quale è tratto il film

di cuttv
pubblicato 12 Marzo 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 17:00

Disponibile una prima clip in italiano per la commedia francese L’amore inatteso diretta da Anne Giafferi e interpretata da Eric Caravaca, Arly Jover, Valérie Bonneton, Jean-Luc Bideau e Benjamin Biolay. Il film tratta con humour e leggerezza il tema della riscoperta delle fede attraverso la riscoperta di se stessi, un film che si pone a mezzavia provando a ridere dei pregiudizi della Chiesa Cattolica, ma anche dei pregiudizi sulla Chiesa e sulla religione più in generale. L’uscita italiana è fissata al prossimo 21 marzo.

 

Sinossi del film:

Antoine è un brillante quarantenne. Sposato con Claire, padre di due figli, conduce una vita agiata in una Parigi illuminista e intellettuale. In seguito ad un colloquio con l’insegnante del figlio Arthur, Antoine inizia a frequentare, senza alcuna convinzione, la catechesi di una parrocchia. Poco alla volta quegli incontri, dopo la derisione e lo scetticismo iniziale, per Antoine diventano indispensabili per raggiungere un nuovo equilibrio e una nuova serenità.

Il percorso intrapreso modifica le relazioni con i suoi familiari e amici: in un ambiente in cui il tema religioso non è argomento di discussione, affrontarlo significa sottoporsi a un misto di commiserazione divertita e critica feroce.

Antoine si ritrova così a partecipare segretamente agli incontri bisettimanali di catechesi, sotto lo sguardo attonito e sospettoso della moglie Claire. L’unica a non giudicarlo sembra essere sua sorella Hortense, anima sensibile alle prese con le sue difficoltà personali, soprattutto affettive.

Nonostante la comune disapprovazione, Antoine continua senza enfasi e senza aspettative il suo percorso e così trova un amore inatteso: Dio. Trova la fede e ritrova se stesso in un semplice abbraccio con il figlio, riuscendo nel tempo anche a ricostruire i rapporti difficili con il padre e il fratello Alain. 

L’Amore Inatteso – trailer italiano, poster, foto e intervista a Anne Giafferi

In tempi di crisi dei valori, etici, spirituali e materiali, l’unico balsamo al male di vivere sembra essere la ricerca e l’incontro dell’amore, dell’altro, di un padre e una madre, di un fratello o una sorella, di un figlio-a, di un amico-a, anche di Dio. Argomento spinoso per scettici e illuminati, anche senza la Chiesa cattolica che torna al Conclave dopo il ritiro di un Papa, causato da misteri della fede e peccati degli uomini da dossier top secret. Argomento che in Francia ha riscosso successo con L’Amore Inatteso (Qui a Envie d’Être Aimé?, Francia , 2010) diretto da Anne Giafferi.

Antoine è un brillante quarantenne. Sposato con Claire, padre di due figli, conduce una vita agiata in una Parigi illuminista e intellettuale. In seguito ad un colloquio con l’insegnante del figlio Arthur, Antoine inizia a frequentare, senza alcuna convinzione, la catechesi di una parrocchia. Poco alla volta quegli incontri, dopo la derisione e lo scetticismo iniziale, per Antoine diventano indispensabili per raggiungere un nuovo equilibrio e una nuova serenità.

Un incontro casuale che la commedia francese tratta con leggerezza e ironia, giocando con i cliché e i pregiudizi di credenti e profani, pronto ad alleggerire anche gli animi rintanati nelle sale italiane, dove sarà distribuito da Microcinema a patire dal 21 marzo 2013. Oggi quindi sbirciamo il trailer e il poster italiano, qualche foto e un’intervista con la regista Anne Giafferi, e Thierry Bizot, autore del best seller francese “Catholique Anonyme” (Cattolico anonimo), dal quale è tratto il film.


L’Amore Inatteso - foto
L’Amore Inatteso - foto
L’Amore Inatteso - foto

L’Amore Inatteso - foto

Intervista incrociata con Anne Giafferi, regista, e Thierry Bizot, autore di “Cattolico anonimo” (Éditions du seuil).

Anne e Thierry, siete sposati, questo film è una storia vera… è la vostra. Come la riassumereste?
Thierry Bizot: per dirla in breve, è come se avessi vissuto un rapporto amoroso… con Gesù. Nel film, questo rapporto può assomigliare ad una relazione extraconiugale perché il personaggio prova amore per Gesù, lo nasconde, e sua moglie vive questa relazione inedita come fosse un adulterio.

Anne, Lei è stata gelosa di Gesù?
Anne Giafferi: no, non gelosa, ma un po’ preoccupata. Diversamente dal film, sapevo che due volte a settimana Thierry andava alle sue piccole sedute. L’ho lasciato fare. Penso che inconsapevolmente ero tranquilla di sapere che fosse in questo posto squallido, al riparo da ogni tentazione… Devo dire che la descrizione che mi faceva dei suoi “colleghi” di catechismo non poteva che rassicurarmi. Tuttavia, giorno dopo giorno, ho visto dei libri su Gesù ammucchiarsi sul suo comodino… Ho avuto paura che tutto questo acquisisse troppa importanza, che Thierry fosse diventato una sorta di “illuminato”. “E se mi scaricasse per diventare prete?”

Il film è autobiografico almeno all’inizio. Tutto è iniziato con un appuntamento con un prof di suo figlio…
TB: Sì, nostro figlio, che andava benissimo a scuola, ha avuto all’improvviso una pessima pagella. Mia moglie mi ha chiesto – o piuttosto intimato – di andare, per una volta, all’appuntamento con il prof. Una volta da lui, sono stato colto dal panico, mentre normalmente sono molto a mio agio con gli altri. Avevo l’impressione di essere al secondo anno di collegio e pensavo di sentirmene dire di tutti i colori… invece il prof mi ha “preso” con la sua dolcezza e la sua umiltà. Mi sono lasciato andare e ho parlato della mia finanza, di mio padre che mi ha sempre fatto paura. Forse il professore ha capito che riproducevo lo stesso schema con mio figlio. Mi ha soltanto consigliato di parlare con mio figlio dei miei dubbi, delle mie incertezze, di fargli vedere che non ero il padre invincibile come davo l’impressione di essere. Questa conversazione mi ha profondamente impressionato. Poco tempo dopo, mi ha invitato ad una lezione di istruzione religiosa e ho avuto l’impressione di essere caduto in una trappola. Ci sono andato malvolentieri, per cortesia… Ma poi ci sono ritornato per curiosità per due mesi, fino a quando ho capito di essere stato “colpito da Dio”.

Il film è ambientato nell’alta borghesia, il protagonista è un avvocato. La scoperta che fa di Gesù provoca le risa dei suoi amici. Come ha vissuto questa situazione?
TB: Oggi molta gente, soprattutto cattolici, mi dicono: “lei ha avuto coraggio a scrivere questo libro, a testimoniare la sua esperienza…” Ma testimoniare questa esperienza non richiede tuttavia alcun tipo di coraggio. Detto questo, è pur vero che il condizionamento sociale rende difficile oggi il “coming out spirituale” perché la Chiesa Cattolica è spesso percepita come vecchia, complessata, fuori moda… Del resto, quando sono andato per la prima volta al catechismo, ho trovato delle persone un po’ ridicole e ho avuto l’impressione di essere un principe precipitato alla corte dei miracoli. Questo le spiega quale atteggiamento assumessi. Dopo mi sono reso conto che non ero per niente superiore a questa gente. Che pure io ero un “fannullone” che aveva bisogno quanto loro di queste piccole sedute.

È un film mistico?
AG: No. Non ho seguito lo stesso percorso di Thierry e rimango abbastanza distante nei confronti della fede e della religione. E’ per questo motivo che ho voluto che in nessun momento lo spettatore avesse l’impressione di sentirsi dire: “se crede in Dio, andrà tutto meglio per Lei”. Ciò che mi interessava era di mostrare perché e come una persona “normale”, nel senso equilibrato e poco vulnerabile, possa – controvoglia – essere toccato dalla fede.

È un film che tramite la commedia, prende un po’ in giro l’ambiente cattolico…
AG: E’ un film che gioca con i cliché o i pregiudizi di cui la Chiesa Cattolica è spesso oggetto. Si ironizza garbatamente sui credenti ma anche su coloro che hanno dei preconcetti nei confronti della religione. In certi ambienti, si può difficilmente dire di uno che è credente – in ogni caso cattolico – senza dare l’impressione di dire che creda in Babbo Natale. E, al contrario, le frasi già fatte e perentorie di certi credenti sono insopportabili da sentire per i non credenti.
Ciò che mi ha fatto venir voglia di realizzare questo film è che ogni volta che Thierry parlava della sua esperienza, la gente si lasciava andare e parlava di religione liberamente, senza odio o aggressività, ma semplicemente con tolleranza.
Certo il film parla di spiritualità, di interrogativi, di ricerca del senso della vita, ma questi argomenti vengono trattati con leggerezza, ironia e senza alcun intento di proselitismo.
Ho cercato l’equilibrio tra un argomento abbastanza serio e un genere che tende più volentieri verso la commedia.

La scelta degli attori è andata in questa direzione…
AG: In effetti, la scelta degli attori è stata determinante. Ho riunito intorno ad Eric Caravaca attori che avevano avuto esperienze diverse come Valérie Bonneton, Arly Jover, Jean-Luc Bideau o Benjamin Biolay.
Per il personaggio di Antoine, Eric Caravaca è risultata la scelta migliore. Ha il fascino, una controllata fiamma interiore e la grande temperanza necessarie per il personaggio. Il film ci viene narrato attraverso il suo punto di vista e si sviluppa seguendo la sua evoluzione.
Valérie Bonneton, che interpreta la parte della sorella, ha questo piccolo lato alla Woody Allen che mi piaceva già da tempo… Ci conosciamo e ci capiamo bene, penso di individuare i personaggi ideali per lei, le parti che le permettono di dare il meglio di sé. Nel film è la sorella che a tutti piacerebbe avere… divertente, toccante e molto tollerante.
Arly Jover, che interpreta il ruolo della moglie, è un misto di dolcezza ed eleganza. Il suo viso da madonna illumina il film.
Per incarnare il padre ed il fratello di Antoine, cercavo uomini con un fisico ed una personalità forti. Con il suo fisico, la sua voce e il suo sguardo, Jean-Luc Bideau fa subito impressione. Benjamin Biolay è il “bad boy” ideale. Ha una disinvoltura ed una presenza scenica che pochi altri attori possiedono. Quando entra in una stanza, lentamente, come se nulla fosse, più che guardare, sembra imporre il suo sguardo. Più che parlare, mormora ma nonostante tutto scaturisce un’energia incredibile. Entra ed è come se fosse sempre stato qui.
Il giovane attore che incarna il figlio di Antoine mi emoziona in un modo particolare. Il suo corpicino fragile ricorda gli ultimi momenti dell’infanzia ma il suo comportamento esprime una pudica e disperata voglia di essere amato…

Dio è molto discreto nel film. È rappresentato tramite una statua di Gesù che non è crocifisso, un Gesù abbastanza saggio, abbastanza tranquillo.
AG: Volevo che la rappresentazione di Cristo fosse la più umana, la più accessibile possibile. Abbiamo trovato questa statua del XIV° secolo, un Cristo crocefisso con le corde che ci colpisce per la dolcezza e l’umanità del suo sguardo. Volevo che si potesse immaginare il dialogo e la vicinanza con il protagonista. Una relazione alla pari da uomo a uomo. Quando Antoine lo vede, si capisce che sta succedendo qualcosa tra loro due.
La sceneggiatura doveva sparire per lasciare spazio a questo incontro, che sulla carta poteva sembrare “pericoloso”! Con il mio capo operatore, abbiamo deciso di lavorare molto semplicemente in un campo/controcampo, come avremmo fatto per un dialogo, evitando accuratamente gli artifici o gli effetti.

È un film sulla fede ma è anche un film sui rapporti padre-figlio, su due generazioni.
AG: Sì. L’incontro di Antoine con Dio gli consentirà di risolvere un problema affettivo con suo padre e, di conseguenza, un problema affettivo con suo figlio. Dio rappresenterà il confidente, l’amico, il padre affettuoso che gli è sempre mancato. Un Dio umano, ben lontano dal Dio imponente ed inquietante della sua infanzia. Un Dio con delle virtù terapeutiche che gli consentiranno di fare a meno dell’amore di suo padre e di amare meglio suo figlio.

Abbiamo la visione di una madre che osserva e si rattrista del fatto che suo figlio e suo marito non comunichino più. Lei dice anche che in una prole c’è spesso un figlio preferito.
AG: Con il fratello di Antoine, interpretato da Benjamin Biolay, ho voluto fare un richiamo alla parabola del figliol prodigo di cui ho spesso potuto verificarne intorno a me la realtà e la crudeltà. Si vede spesso nelle famiglie IL fratello che ha successo e IL fratello più fragile, che rimane all’ombra dell’altro. Spesso – a torto – i genitori pensano che si debba amare di più il fratello che ha fallito. Come se il successo sociale fosse una garanzia di felicità. È un errore al quale poche famiglie sfuggono.

Nel suo film, gli uomini hanno difficoltà ad abbracciarsi… sino all’abbraccio padre-figlio.
AG: Il contatto fisico tra le persone dice molto più delle parole. Così, l’assenza di contatto fisico è tanto esplicita quanto un abbraccio ostentato. Molti uomini non si toccano. Alcuni abbracciano più facilmente i loro amici che i loro fratelli o il padre. La mancanza di un abbraccio può essere una grande prova d’amore. Antoine è fisicamente vicino alla sua piccola figlia ma rimane distante da suo figlio come lo era suo padre con lui… fino alla fine del film quando lo stringe tra le braccia. Mi piace che dopo questo abbraccio eccezionale, entrambi ripristinano la loro relazione come era all’inizio. Antoine riaccompagna suo figlio a scuola. Non si abbracciano ma semplicemente si sorridono. E in questo sorriso si avverte tutto l’amore che finalmente sono riusciti a comunicarsi e che cambia tutto…

Perché il prete chiede: “Chi vuol essere amato?”
AG: In questa storia, come nella vita in generale, ognuno è alla ricerca di amore. Antoine ha bisogno di essere amato da suo padre, come anche da suo figlio Arthur. Sua sorella cerca l’amore di un uomo, suo fratello cerca il riconoscimento da parte degli altri, sua moglie teme che Antoine non l’ami più… Come i personaggi del film, piccoli e grandi, abbiamo tutti noi questo insaziabile bisogno di amore e, purtroppo, abbiamo tutti la sensazione, ad un certo momento della nostra vita, di non essere abbastanza amati. Dio può essere una risposta a questo bisogno di amore. Per questo è la prima domanda posta dal prete durante il catechismo: “Chi tra di voi vuole essere amato?”. Ovviamente, tutti alzano la mano.

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