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Cinema italiano: crisi di pubblico ma non di fondi

Il FUS lancia l’allarme, i cinema sono sempre più vuoti, ma si produce sempre di più: le contraddizioni del cinema italiano.

pubblicato 17 Aprile 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 15:41

Giusto ieri vi abbiamo riportato alcune riflessioni del regista Roberto Faenza in un suo recente articolo e in contemporanea l’agenzia di stampa ASCA pubblicava i numeri del cinema italiano nel 2012, resi noti durante una presentazione svoltasi al ministero dei Beni culturali, da cui emerge una situazione complessa e contraddittoria.

Riccardo Tozzi, presidente dell’Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive (Anica), ha dichiarato: “Il Fondo Unico per lo Spettacolo non permette più di fare cinema d’autore”. Frase lapidaria, in cui si accusa il FUS di destinare il 30% dei 75 milioni di fondi annui alla Scuola Nazionale del Cinema, a Cinecittà e alla Biennale di Venezia, lasciando “solo” 50 milioni per le produzioni. Il direttore generale per il Cinema del ministero, Nicola Borrelli, ha ammesso che i contributi sono troppo bassi, ma teme che per il 2013 diminuiscano nuovamente.

Nonostante ciò i film prodotti nel Belpaese aumentano e sono passati dai 155 del 2011 ai 166 del 2012. Inoltre, se da un lato il Governo taglia i fondi, dall’altro ha intenzione di tassare le TV in virtù del Decreto Passera Ornaghi (attivo dal 1° luglio prossimo), che obbligherà (salvo ricorsi) le reti a versare un consistente contributo per la produzione di film, in virtù della costante messa in onda degli stessi sui propri canali.

Le reti generaliste digitali hanno globalmente aumentato la programmazione di cinema italiano (+264 titoli), con una migliore programmazione anche in prima serata, nonostante Rai 1 e Rai 2 non abbiano praticamente incrementato la proiezione, dirottandola sui canali tematici del Gruppo e privilegiando un altro tipo di intrattenimento, più concentrato sulle fiction e le serie straniere. Se “Mamma RAI” disdegna il cinema italiano non sono da meno le reti satellitari con 767 passaggi in meno nel 2012 sui 53.000 totali del 2011(-1,45%), e con ben 48 film di nazionalità italiana in meno (647 rispetto ai 695 del 2011).

Aggiungiamo la flessione di pubblico nelle sale, con un -10% nell’anno 2012 rispetto all’anno precedente e un -5% nel primo trimestre 2013 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. I più snobbati dal pubblico sono proprio i film di produzione italiana, che sebbene mantengano un terzo del mercato (33%),subiscono una flessione dell’8% rispetto all’ultimo trimestre 2012.

Una situazione disperata, a prima vista, con uno stato gravemente manchevole nei confronti di uno dei migliori prodotti del Made in Italy. Ma controllando bene i numeri, è possibile notare che dei 337 milioni di euro di capitali italiani (qui vanno aggiunti quasi altrettanti stranieri) investiti nel cinema (+1,07% rispetto al 2011), ben 225 provengono da capitali privati o non direttamente statali (quindi da enti come Regioni e Province) e 88 da agevolazioni fiscali come il tax credit.

Un fiume di denaro, eppure c’è chi piange miseria, lamentando sale vuote o diserzioni esterofile del pubblico in sala. Forse gli investimenti non vanno a buon fine e la qualità non rispecchia l’impegno (economico) profuso nella realizzazione o forse il denaro, in buona parte pubblico, viene troppo spesso dilapidato per produrre film che si fregiano dell’etichetta cinematografica solo per la lunghezza della pellicola ma non certo per i canoni artistici. E magari qualcuno tra il pubblico se n’é reso anche conto…