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Mel Brooks: “Ero il Tarantino dei miei tempi”

Il poliedrico attore e regista statunitense ricorda i suoi irriverenti successi del passato paragonandosi al maestro del Pulp.

pubblicato 24 Aprile 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 15:26

Melvin Kaminsky, nato a New York da nel 1926 da una famiglia ebraica originaria di Danzica è noto al mondo come Mel Brooks: uno dei più straordinari e istrionici personaggi comici del ‘900. Attore, sceneggiatore e soprattutto regista, a 87 anni suonati ha voluto tracciare un bilancio della sua carriera in una famosa trasmissisone radiofonica statunitense, focalizzando l’attenzione su quanto i suoi primi film fossero dissacranti e dirompenti nella mentalità ben pensante degli Stati Uniti degli anni ’70.

Mezzogiorno e mezzo di fuoco (titolo originale Blazing Saddles, 1974): lo sceriffo Burt arriva nella cittadina per iniziare il suo nuovo compito. Dal tetto di una casa un vecchio urla alla cittadinanza in trepidante attesa: “Lo sceriffo è un neegr…!!” prima di essere coperto dalle campane. Poi l’odiosa parola simbolo della discriminazione razziale americana, “negro”, verrà pronunciata da Burt stesso, in una delle più esilaranti gag mai sceneggiate da Brooks.

“Oggi non si potrebbe più fare un film come quello, ero il Quentin Tarantino dei miei giorni.” Perchè? Detta così può suonare come l’ennesima provocazione del Grande Vecchio della comicità americana, ma a ben guardare Mel non ha tutti i torti. Quando il film uscì nelle sale, nel ’74, gli Stati Uniti erano un paese sull’orlo del baratro sociale, con la credibilità della Casa Bianca sconquassata dallo scandalo Watergate, la guerra nel Vietnam terminata nel disastro dopo un decennio e le tensioni razziali tra la popolazione afroamericana e quella bianca, sfociate negli anni precedenti in sanguinose rivolte e altrettanto terribili repressioni, lontane dall’essere sopite.

Insomma non era propriamente un periodo facile per ironizzare allegramente sul colore della pelle: Brooks propose una comicità di rottura, dissacrante, che offriva una risata intelligente e liberatoria. Esorcizzare i tabù prendendoli di petto: una parola può ferire, ma solo le armi uccidono. Brooks e Richard Pryor, co-sceneggiatore afroamericano (e famoso attore comico) sostennero l’idea di pronunciare nel film la parola “negro” e di acuire negli scandalizzati abitanti del paese di frontiera tutti i pregiudizi dei bianchi sulla gente di colore. Una scelta coraggiosa, senza dubbio. Per questo il paragone con Tarantino, un altro regista capace di rendere grotteschi (a modo suo) temi che altri non osano trattare: razzismo e antisemitismo in primis.

Il regista, nonostante sia tra le sole 11 persone che abbiano vinto tutti i maggiori riconoscimenti del settore (Academy, Emmy, Grammy e Tony Awards), non è mai stato preso troppo sul serio:

“Sono irritato, turbato, sconvolto dal fatto di non essere mai stato riconosciuto dai miei colleghi come regista in questo business.”

E’ un peccato: la comicità di Mel, parafrasando le sue stessa parole, “dista soltanto pochi centimetri dalla realtà” e nasce dagli stessi canoni dei grandi Buster Keaton e Charlie Chaplin e ha sempre avuto quella verve tagliente da ebreo newyorkese che ha reso celebre Woody Hallen.

Brooks sta scrivendo le melodie per un futuribile musical su Mezzogiorno e mezzo di fuoco: chissà come riuscirà a rendere in musica la monumentale scena della flatulenza equina…