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The American – La recensione in anteprima

The American (The American) Regia di Anton Corbijn. Con George Clooney, Violante Placido, Thekla Reuten, Paolo Bonacelli, Bruce Altman, Filippo Timi.Jack è un killer al soldo del miglior offerente e il suo lavoro gli ha creato molti nemici. Dopo una missione finita nel peggiore dei mondi tra le gelide tundre della Scandinavia, Jack è alla

pubblicato 6 Settembre 2010 aggiornato 1 Agosto 2020 21:19

The American (The American) Regia di Anton Corbijn. Con George Clooney, Violante Placido, Thekla Reuten, Paolo Bonacelli, Bruce Altman, Filippo Timi.

Jack è un killer al soldo del miglior offerente e il suo lavoro gli ha creato molti nemici. Dopo una missione finita nel peggiore dei mondi tra le gelide tundre della Scandinavia, Jack è alla ricerca di un luogo dove ritrovare la pace interiore, in un periodo di pausa che gli faccia capire se è ancora in grado di proseguire nel suo lavoro o scegliere di cambiare definitivamente vita. Il suo principale committente, un russo senza scrupoli, gli trova rifugio in un piccolo paese dell’entroterra abruzzese, dove Jack cercherà di nascondersi anche al suo contatto, ma uno come lui non passa certo inosservato. La sua ultima missione è quella di costruire un fucile di precisione, intanto frequenta con Clara, una ragazza conosciuta in una casa di appuntamenti. Mentre il loro rapporto si trasforma in qualcosa di più serio, una nuova minaccia incombe sul futuro di Jack.

Anton Corbjin è un nome che forse al grande pubblico non dice molto. Chi si intende però di videoclip sa che non è certo l’ultimo arrivato nel mondo della regia, sebbene il grande passo verso il cinema sia per lui una scelta estremamente recente. Dopo oltre venti anni tra U2, Depeche Mode e Coldplay, Corbijn infatti ha stupito il mondo con Control, il film biografico che nel 2007 ha raccontato la vita del leader dei Joy Division, Ian Curtis (1956-1980), interpretato dall’attore Sam Riley. Un film in bianco e nero, estremamente maturo e rigoroso, realizzato da chi evidentemente della musica ha una cultura sterminata.

A distanza di tre anni, Corbjin è tornato con un film di fiction che si distacca completamente dalle sue produzioni precedenti, ma che ha in comune una rigorosa messa in scena. Bisogna però sottolineare che il progetto del film nasce dalla volontà della produzione di tradurre in immagini il romanzo A Very Private Gentleman di Martin Booth, una storia estremamente difficile da sceneggiare in quanto racconta il percorso di redenzione interiore di un personaggio solitario e silenzioso. La sfida era interessante ma, al contempo, decisamente difficile. Lo sguardo che poteva offrire un regista come Corbijn, la cui esperienza nasce dal mondo della fotografia, era profondamente legato alla costruzione delle inquadrature e dall’idea che il panorama dell’Abruzzo diventasse non solo una scenografia ma anche un vero e proprio personaggio del film.

Il passaggio dalle prime scene innevate, girate in Svezia, alle brulle montagne dell’Abruzzo appare quasi frutto di una continuità geografica, piuttosto che da un viaggio di migliaia di chilometri. Le atmosfere rarefatte descritte da Corbijn hanno un taglio affascinante che per la prima parte del film riescono a reggere il confronto con il magnetismo del misterioso straniero impersonato da George Clooney, presto si perdono in una narrazione banale fatta di attese frustrate e di vuoti assoluti. La percezione però è che questo fascino resti a un livello estremamente visivo, estetico e superficiale poiché il film non riesce a scavare nella psicologia del personaggio per farne uscire il dramma interiore. Ne emerge solo la desolazione di questi luoghi splendidi ma descritti con lo stereotipo del luogo da terzo mondo, dove ci si ammazza per strada durante una processione a cui accorre tutto il paese e nessuno interviene.

In un Abruzzo arcaico però le case d’appuntamento ricordano i bordelli della Parigi della belle epoque, in un paradosso decisamente stridente tra descrizioni di un luogo che possono piacere a un pubblico che non ha alcun riferimento rispetto alla sua storia e alle sue tradizioni. Anton Corbjin insegue la cupa figura di George Clooney tra luoghi suggestivi e ricchi di fascino, ma la coppia d’oro non è sufficiente per salvare lo spettatore dalla noia, dalla frustrazione di quell’attesa di un evento risolutore che non arriva mai.

Clooney è sicuramente uno degli attori più rappresentativi della nuova Hollywood, ma i suoi ruoli sono quelli da commedia sofisticata e brillante. Per un personaggio come quello di Jack forse sarebbe servito un attore di minor impatto ma capace di comunicare il suo dramma interiore con un semplice sguardo o un gesto, purtroppo di tutto questo se ne sente una gran mancanza per tutto il film. L’esiguo cast italiano, Paolo Bonacelli e Violante Placido si ritagliano due ruoli che aderiscono perfettamente ai loro canoni e riescono quindi a dimostrare nel migliore dei modi le loro doti, chissà che qualcuno oltre oceano le noti…

Dopo un primo sopralluogo nel 2008, le riprese italiane sono state realizzate tra gli ultimi mesi del 2009 e l’inizio del 2010 nella provincia dell’Aquila, nei paesi di Castel del Monte, Castelvecchio Calvisio, Calascio e Sulmona. La società di produzione ha dichiarato di essere orgogliosa di aver contribuito (anche se in minima parte) alla ripresa economica dell’Abruzzo dopo il dramma del terremoto dello scorso anno.

The American esce nei cinema venerdì 10 settembre. Qui potete vedere il trailer.

Voto Carlo: 5
Voto Federico: 4 (10 alla noia, film semplicemente insostenibile)
Voto Simona: 4 (e quoto Federico in merito alla noia!)
Voto Carla: 4