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Venezia 2010: commenti a caldo su Norwegian Wood, Happy Few e La Belle endormie

Norwegian Wood (Concorso) di Tran Anh Hung 1967; Watanabe, Naoko e Kizuki sono diventati ormai amici per la pelle. Un giorno Kizuki si suicida, e Watanabe va via dalla città. Anni dopo il ragazzo ritrova la sua amica e i due cominciano nuovamente a frequentarsi. S’innamorano e fanno l’amore. Ma Naoko dalla morte di Kizuki

pubblicato 3 Settembre 2010 aggiornato 1 Agosto 2020 20:56


Norwegian Wood (Concorso) di Tran Anh Hung
1967; Watanabe, Naoko e Kizuki sono diventati ormai amici per la pelle. Un giorno Kizuki si suicida, e Watanabe va via dalla città. Anni dopo il ragazzo ritrova la sua amica e i due cominciano nuovamente a frequentarsi. S’innamorano e fanno l’amore. Ma Naoko dalla morte di Kizuki è definitivamente cambiata, e Watanabe fa amicizia con Midori, una ex-compagna di scuola che è l’esatto opposto di Naoko.

Sbarca finalmente in concorso uno dei film più attesi da molti accreditati, l’attesa e temuta trasposizione cinematografica del romanzo omonimo cult di Haruki Muratami. A portare le pagine su pellicola è stato chiamato il vietnamita Tran Anh Hung, già Leone d’Oro nel 1995 con Cyclo.

Lo stile di Tran è ormai noto soprattutto agli appassionati di cinema orientale. Eleganza e delicatezza sono due aggettivi che potrebbero essere validi per incominciare a spiegare a chi non conosce il regista il suo stile, e sono due aggettivi che ritornano con forza in Norwegian Wood. Il problema è che l’eleganza si trasforma, almeno da una certa parte in poi della pellicola, in calligrafismo: ovvero una raffinatezza (nella costruzione dell’inquadratura e del pro-filmico, nella costruzione dei tempi, nell’alternanza dei silenzi) che prende il sopravvento e congela le emozioni.

E’ un peccato, perché nonostante la prima parte soffra della presenza di una voce off del protagonista che tende a spiegare troppo quel che Tran non ha il coraggio di lasciare alle immagini, questa stessa parte offre alcuni dei momenti più belli di tutta la pellicola. Si pensi soltanto alla prima notte d’amore tra Watanabe e Naoko: descritta sì con delicatezza, ma quella giusta e dosata, adatta ad un momento bello, nervoso e complesso.

Per il resto c’è tutto quello che ci si può aspettare dal film: protagonisti fisicamente bellissimi e angelici (i protagonisti sono Kenichi Matsuyama e Rinko Kikuchi), paesaggi mozzafiato, una fotografia pulitissima e un’accuratezza dei colori che riempe lo sguardo. Ma Norwegian Wood sta tutto qui: non ci sono altri guizzi, emozioni e momenti di rilievo per cui dover promuovere con felicità uno degli adattamenti più attesi degli ultimi anni.

Voto Gabriele: 6
Voto Simona: 6

Qui il trailer.

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Happy Few (Concorso) di Antony Cordier
Due coppie sposate e con figli si conoscono. In una notte tutto cambia e i quattro iniziano a provare il “gioco” dello scambio di coppia. Pian piano le due coppie si scambiano quasi definitivamente: ma a loro sta bene così, basta vivere la situazione in modo spensierato e senza regole. Finché non entrano in campo vari fattori, fra cui la gelosia…

I detrattori del cinema francese spesso e volentieri al Lido tendono a ripetere con certi film del concorso gli stereotipi della cinematografia nazionale, tra cui le lunghissime chiacchierate sul nulla, le scene eterne, i momenti di vuoto assoluto, il sesso compiaciuto. L’altr’anno successe per il bellissimo e sottovalutato Persécution, fischiato come questo Happy Few. Le cui critiche saranno comunque decisamente più condivisibili rispetto a quelle riguardanti il film di Chereau.

Il teorema è pronto sin da subito, con il corteggiamento tra le coppie, lo scambio, il momento in cui il gioco inizia a crollare ed ovviamente lo scambio saffico. Sesso a volontà, dunque, e molte belle chiacchiere proprio come “piace” a chi non sopporta il cinema francese. Questa volta però l’originalità non è di casa, e si aspetta di vedere la fine solo per capire se ci sarà qualche colpo di teatro notevole che possa giustificare tutto quello a cui si è appena assistito. Inutile aspettare: non arriva alcun colpo d’ala o qualcosa di simile.

Le intenzioni di indagare sulle fragilità dell’amore all’interno della coppia borghese sono chiare, così come è chiara la modalità d’esecuzione di Cordier. E pur senza annoiare c’è un alone di vacuo e inutile che non smette di aleggiare. Ah, tra l’altro dicono sia una commedia. Dicono.

Voto Gabriele: 4/5

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La Belle endormie (Orizzonti) di Catherine Breillat
Reinvenzione de La bella addormentata ad opera della “scandalosa” Breillat, che questa volta fa sì che le tre fatine riescano a non far morire la giovane protagonista. Che dovrà dormire per 100 lunghi anni, ma avrà il privilegio di girovagare nel mondo dei sogni fino al risveglio, quando avrà magicamente solo 16 anni e sarà pronta ad affrontare la vita.

L’originalità di certo non manca alla regista, e anche un certo coraggio. La realizzazione del film si disperde però tra deliri volutamente o meno naif, con momenti in cui o il budget oppure una certa idea radicale della Breillat decidono di rendere eccessivamente finti, creando non poco disagio.

Che dire ad esempio della Regina delle Nevi? Il momento in cui se ne va in slitta per aria con un ragazzino (l’amore della protagonista, il suo sogno erotico infantile) lascia decisamente a bocca aperta. Ma si può sempre trattare di una scelta ben ragionata, lasciamo il beneficio del dubbio e probabilmente chi si sbaglia siamo noi…

Finita la parte onirico-delirante dell’opera, La Belle endormie svela nell’ultimo terzo della sua durata le sue carte. E con l’entrata in scena del “principe azzurro” incomincia anche il sesso: strano, non ce lo saremmo aspettati. Di ritratto dell’infanzia come preambolo e culla dell’adolescenza e in seguito della maturità in fondo si tratta, ma l’idea convince nella teoria e non tanto nella pratica, come si direbbe a scuola.

Il film non è nient’altro quindi che un clamoroso passo falso in cui il coraggio e una certa presunzione fanno cadere il risultato a terra con uno schianto. Ci sarà chi sarà pronto a sprecare elogi, e ci sarà chi non sopporterà neanche un fotogramma: le mezze misure con opere come questa non esistono.

Voto Gabriele: 4

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