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100autori occupa la Casa del Cinema

Una mossa clamorosa ed inattesa, figlia di un immobilismo governativo che rischia di ammazzare il Cinema italiano. Iniziativa pacifica ma roboante da parte dell’Associazione Cento Autori. Questo il comunicato stampa che rivendica e spiega i motivi dell’occupazione della Casa del Cinema, a Roma. Il mondo del cinema e della televisione ha deciso di occupare la

pubblicato 23 Ottobre 2010 aggiornato 1 Agosto 2020 19:04



Una mossa clamorosa ed inattesa, figlia di un immobilismo governativo che rischia di ammazzare il Cinema italiano. Iniziativa pacifica ma roboante da parte dell’Associazione Cento Autori. Questo il comunicato stampa che rivendica e spiega i motivi dell’occupazione della Casa del Cinema, a Roma.

Il mondo del cinema e della televisione ha deciso di occupare la Casa del Cinema venerdì sera per fronteggiare una crisi finanziaria e industriale a cui si salda la pochezza di un governo che considera la cultura un elemento residuale e insieme di segno politico avverso di cui è auspicabile la chiusura per fallimento.

Come per l’informazione, la ricerca, la scuola, anche il nostro settore è stato smontato pezzo per pezzo, giorno dopo giorno. 1) Il taglio radicale del Fondo Unico per lo Spettacolo, che ha raggiunto il minimo storico; 2) il rinvio sine die di una nuova legge cinema, superata da un non meglio precisato decreto Bondi; 3) il decreto Romani che ha fortemente ridotto gli investimenti nella produzione cinematografica italiana; 4) la riduzione del 30% degli investimenti nella fiction italiana, mentre il mercato pubblicitario è in ripresa; 5) la delocalizzazione sistematica e crescente delle nostre produzioni televisive; 6) il mancato rinnovo del tax credit e tax shelter.

A questo si è aggiunta la notizia che il Comune di Roma ha approvato una memoria di giunta dove si dispone una radicale revisione del modello gestionale della Casa del Cinema. In particolare, la figura del Direttore Artistico verrebbe sostituita da un comitato di 7 membri, di cui 5 “che apportino un contributo di almeno 50.000 euro annui”. In altre parole, la Casa del Cinema sarebbe così appaltata ad un Comitato d’affari che gestirebbe questo spazio come meglio crede. A restare fuori a questo punto non saranno solo gli autori, ma il pubblico che ha aderito in tutti questi anni alle manifestazioni e rassegne gratuite.

Il mondo del cinema riunito in assemblea ieri notte ha deciso di dire NO. Un punto fermo, un atto simbolico per affermare che non accetta l’espropriazione dei suoi diritti: da quelli che gli autori sono costretti a cedere in blocco quando firmano un contratto, a quello di vedere la Casa del Cinema, nata dall’idea di uno dei nostri padri, Sergio Amidei, trasformata in una “casa d’altri”. Un gesto simbolico per dire che ognuno di noi sente il dovere di fare la sua parte, di prendersi le sue responsabilità, ma anche un gesto concreto per affermare una reale volontà di cambiamento e avanzare proposte.

Quest’anno le ore lavorate per produrre film e fiction si sono dimezzate. E un intero comparto industriale è in ginocchio con la certezza della disoccupazione per migliaia di famiglie. Però è possibile invertire questo segno negativo.

Le proposte elaborate dall’assemblea sono:

Per il Cinema:

• immediato e certo rinnovo del tax credit e del tax shelter;
• approvazione di una legge di sistema che crei un Centro nazionale della cinematografia sganciato da qualsiasi controllo della politica;
• un prelievo di scopo con il quale chi utilizza il cinema e l’audiovisivo italiani (televisioni generaliste e satellitari, provider e Telecom) reinvesta una parte dei profitti nella produzione nazionale e un prelievo sul costo del biglietto delle sale che inciderebbe per il 70% sui profitti delle major straniere.
• Reintegro del FUS, che può avvenire immediatamente e senza oneri per lo Stato semplicemente mettendo all’asta, come accade in tutta Europa, le frequenze del digitale terrestre che oggi vengono regalate a Mediaset;
• Sostegno e difesa delle sale di città, spazio privilegiato del cinema italiano;
• Promozione del cinema italiano all’estero;
• Divieto per i network televisivi di mantenere posizioni dominanti sul mercato con il controllo di produzione, distribuzione e sale.

Per la televisione:

• Nascita di un mercato liberato dal monopolio di Rai e Mediaset;
• Riappropriazione dei diritti sulla fiction da parte di autori e produttori, in grado di creare un mercato internazionale per le opere televisive italiane;
• Utilizzazione dei canali del digitale terrestre e dei canali satellitari – molti dei quali sfruttano gratuitamente e illegalmente le nostre opere – come nuove opportunità di una pluralità narrativa;
• Obbligo di realizzare sul territorio nazionale la fiction finanziata con il soldi del servizio pubblico;
• Attenzione alla produzione e diffusione del documentario in tutte le sue forme.

Per la Casa del cinema chiediamo al Comune di Roma:

– La revoca della memoria di Giunta che affida di fatto la gestione a una sorta di “comitato d’affari”;
– La convocazione delle associazioni del mondo del cinema che si propongono come protagoniste della gestione della Casa e del suo indirizzo culturale.

Queste nostre richieste, per le quali siamo quotidianamente insultati, non hanno nulla a che fare con la difesa di privilegi, ma sono il minimo necessario per far ripartire un‘industria che occupa oltre 250.000 lavoratori, che crea ricchezza per lo stato e cultura per il Paese, ed è già legge in tutte le nazioni avanzate d’ Europa.

“La cultura non si mangia”, sostiene Tremonti. Ma, forse lui non lo sa, nutre lo stesso e fornisce a quei cittadini che si fanno pubblico un alimento immateriale eppure decisivo, fatto di emozioni e sogni, consapevolezza e senso dell’identità nazionale, per guardare la realtà con occhi nuovi e immaginare un paese migliore.