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Le colline hanno gli occhi: recensione in anteprima

THE HILLS HAVE EYES di Alexandre Aja; con Aaron Stanford, Kathleen Quinlan, Vinessa Shaw, Emilie de Ravin, Ted Levine, Billy Drago.Una storia di violenza. Risuonano le note di California dreaming dei Mamas and the Papas nel deserto più deserto. Una famigliola ha appena fatto un incidente: il padre ritornerà indietro alla pompa di benzina in

11 Agosto 2006 22:24

THE HILLS HAVE EYES
di Alexandre Aja; con Aaron Stanford, Kathleen Quinlan, Vinessa Shaw, Emilie de Ravin, Ted Levine, Billy Drago.

Una storia di violenza. Risuonano le note di California dreaming dei Mamas and the Papas nel deserto più deserto. Una famigliola ha appena fatto un incidente: il padre ritornerà indietro alla pompa di benzina in cui sono stati da poco, il marito della figlia più grande camminerà lungo la strada per vedere se riesce a trovare aiuto. Ma prima tutti assieme si mettono a pregare. E intanto qualcuno li spia con un cannocchiale da una collina, e ripete ciò che il gruppo dice con una voce terribile. Le colline ritornano ad osservare, a costruire piani di morte e ad uccidere senza pietà dopo quasi trent’anni. Alexandre Aja ha più mezzi e un budget più elevato rispetto a quanto potesse avere Wes Craven (che qui produce) nel 1977, e per questo ne esce un film diverso, anche se con gli stessi personaggi e più o meno molte situazioni simili se non uguali. Le colline hanno gli occhi è un film diverso dall’originale, sì, ma è un film bellissimo, bello quanto il film di Craven. I titoli di testa, belli e durissimi nella loro contrapposizione tra melodia allegra e immagini agghiaccianti, già c’introducono nell’atmosfera del film. Che è teso, tesissimo, e cresce con un climax incredibile. Cresce nella follia, nella violenza, nella disumanità. Funziona nella miscela di dolore fisico e dolore psicologico: fanno male, nello stesso identico modo dal punto di vista dello spettatore, sia le asce conficcate in testa che la perdita di una persona cara. Aja, come in Alta Tensione, spinge il pedale sul gore, che esplode in furia cieca negli ultimi minuti: ma questa volta è più coerente e non corre il rischio di scivolare nel ridicolo. Estremizza il tutto, ed è un piacere restarne shockati. La carne brucia, le teste si sfracellano, le dita vengono tagliate via, e la fusione tra tensione (bella alta) e splatter è riuscitissima. Gli attori sono tutti in parte, facce credibili e adatte al genere che lottano e piangono contro qualcosa che non riescono a capire. E quei cannibali atroci e pericolosissimi (strepitoso il make-up) sono parenti stretti di Freddy Krueger, di Viggo Mortensen in A history of violence, di Leatherface: quella cattiva coscienza di “quella” nazione è viva. E ci si può ribellare, si può continuare a uccidere e a far sgorgare fiumi di sangue tentando ci nasconderla nei meandri delle coscienze. E si può, appunto, anche pregare. Ma tanto quei cannocchiali saranno sempre vigili sulle colline…

Voto Gabriele: 8