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Miss Violence: recensione in anteprima del film di Alexandros Avranas

Festival di Venezia 2013: Alexandros Avranas porta in concorso Miss Violence, freddo, cinico e chirurgico ritratto di famiglia e violenza domestica. Seguendo lo stile della “nouvelle vague greca” degli ultimi anni, un prodotto sicuramente disturbante ma anche piuttosto tedioso e discutibile.

pubblicato 1 Settembre 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 10:29

C’è del marcio in Grecia, ci sta confermando la cinematografia nazionale da un po’ di anni a questa parte, soprattutto da quando il paese ha iniziato ad affrontare la crisi economica. Lo stile dei diversi registi può variare, l’argomento pure, ma resta di sottofondo un glaciale e cinico “humour” nero che può spiazzare.

Da Attenberg a Alps, resta la visione nerissima di un paese in crisi sotto molteplici punti di vista. Miss Violence di Alexandros Avranas rincara la dose con uno spietato ritrattino famigliare in interni che non rismarmia nulla e nessuno. Anche perché l’efficace scena di apertura già dice molto su quello che andremo a vedere…

Il giorno del suo compleanno l’undicenne Angeliki si butta giù dal balcone e muore. Mentre la polizia e i servizi sociali tentano di scoprire il motivo di questo apparente suicidio, la famiglia di Angeliki continua a ripetere che si è trattato di un incidente. Qual è il segreto che la piccola Angeliki ha portato con sé nella tomba? Perché la sua famiglia continua a cercare di “dimenticarla” e di tornare alla sua vita normale?

Che nella famiglia ci sia qualcosa che non va è chiaro proprio sin dalla sequenza iniziale del compleanno, in cui il quadretto di famiglia ha qualcosa di forzato, molti visi sono depressi e l’arietta che tira non è per niente gioiosa. Le prime nevrosi scoppiano durante la prima cena dopo la morte di Angeliki, in cui un funzionale gioco di luci e ombre rende il tutto decisamente plumbeo.


Il contorno è appena abozzato ma molto chiaro. Il padre cerca lavoro, la burocrazia è spietata, ed un gruppetto di personaggi esterni non lascia presagire nulla di nuovo. Elena, madre di Angeliki che vive in casa coi genitori e i figli (altri due, oltre alla ragazzina suicida), è incinta del terzo figlio; e per la terza volta non sa chi sia il padre.

Avranas opta per uno stile chirurgico, in cui le inquadrature fisse sono curate in modo simmetrico e con una pazzesca cura del dettaglio, mentre i movimenti di macchina sono dolci e geometrici. Sotto questa confezione disinfettata e dai colori spenti si nasconde quel marcio che nessuno riesce o vuole vedere, nonostante il nonno dica ad un certo punto che “In questa casa non abbiamo niente da nascondere”.

E invece c’è molto, troppo da nascondere, e lo spettatore viene trascinato lentamente – molto lentamente – in un vortice di scoperte ed atti di violenza: ragazzine che si tagliano con le forbici e le lamette, bimbi costretti a schiaffeggiarsi a vicenda, sempre più in fondo nel baratro… Miss Violence ha momenti molto disturbanti, nello stile della “nouvelle vague greca”, ma ha anche un gran bel difetto: è tedioso e, in fin dei conti, prevedibile.

Anafettivo lo è per forza, altrimenti non sarebbe quello che è e non avrebbe quello stile. Però il tutto procede con una “tranquillità” che rischia addirittura di far disinteressare totalmente lo spettatore a quello che sta succedendo alla famiglia. In più il finale è francamente discutibile nella sua programmatica disperazione/liberazione, oltre ad essere scontato. C’è già chi dice che con Avranas ci troviamo già di fronte ad un erede di Lanthimos: contenti loro…

Voto di Gabriele: 5.5
Voto di Antonio: 7

Miss Violence (Grecia 2013, drammatico 99′) di Alexandros Avranas; con Themis Panou, Rena Pittaki, Eleni Roussinou, Sissy Toumasi, Kalliope Zontanou, Konstantinos Athanasiadis, Cloe Bolota, Maria Skoula.

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