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Venezia 2011: Il villaggio di cartone – recensione in anteprima del film di Ermanno Olmi

“Gesù è un simbolo di cartapesta lontano nel tempo” ha detto Ermanno Olmi a Venezia: ecco la recensione del film

pubblicato 7 Settembre 2011 aggiornato 1 Agosto 2020 08:38

Sotto gli occhi del Prete, la sua chiesa viene semi-distrutta. Una notte arrivano delle persone. Sono decine e decine, una moltitudine: clandestini in fuga che si rifugiano all’interno della chiesa e cominciano a rifugiarsi. Ma restano clandestini, e prima o poi chi deve far rispettare la legge li troverà: ci sarà qualcuno disposto ad aiutarli?

80 compiuti da poco, il 24 luglio, tanti quanti circa i suoi lavori, tra lungometraggi, corti, documentari, lavori per la tv. Una Palma d’Oro per il capolavoro L’albero degli zoccoli, “qualche” David di Donatello, un Pardo d’Onore, un Leone d’Argento per Lunga vita alla signora! e un Leone d’Oro per La leggenda del santo bevitore. Si sente vecchio per il concorso, Ermanno Olmi, e quindi ha rinunciato a concorrere, lasciando lo spazio ai più giovani: il premio maggiore al Lido lo ha già vinto. E tre anni fa Müller gli ha consegnato anche il Leone d’Oro alla carriera.

Nel 2007 con Centochiodi, discussa parabola umanista in cui un professore di storia delle religioni abbandona tutto per rifugiarsi sulle rive del Po, Olmi annunciava di volersi ritirare definitivamente dalla fiction per dedicarsi soltanto al documentario. Quindi, perché Il villaggio di cartone? Molto più “scontato” di quel che si può credere: per due mesi il regista si è trovato immobilizzato a letto per colpa di una caduta, e per non “andar fuori di testa” ha pensato ad un film, cosa naturale per un autore. Chi cercava chissà quali risposte intellettuali e complesse si è ritrovato davanti Olmi e la sua disarmante semplicità.

IL_VILLAGGIO_DI_CARTONE

Se Centochiodi aveva fatto discutere, lo farà ancora di più Il villaggio di cartone. Un film che si scaglia contro il potere dell’istituzione della Chiesa fino a svuotarla di tutto il suo significato attuale per (ri)portarla ai suoi valori cristiani, persi da troppo tempo. Il messaggio che ci dà Olmi è bello, limpido e forte: via gli altari dorati e le cose inutili, e che si accolga finalmente la gente comune. E si rinizia così una nuova fase, “provocatoriamente”, dai clandestini.

Clandestini che si ritrovano a costruire un vero e proprio piccolo villaggio con dei semplici cartoni all’interno della chiesa, dopo che questa è stata svuotata di tutto sotto gli occhi dell’incredulo prete che per anni ha fatto messa al suo interno. Il messaggio più urgente della Mostra quest’anno ce lo dà un garbato maestro di 80’anni, quindi, con un film che però non si dimostra completamente all’altezza delle ambizioni.

Troppi sono i simboli che incombono in ogni fotogramma, e anche assai semplici da afferrare, senza doverci pensare troppo. E sono troppi gli “aforismi” che finiscono in bocca a tutti i personaggi perdendo spesso la loro carica rivoluzionaria, inficiando alla base la recitazione degli attori (ma Hauer ha ancora uno sguardo che riesce a colpire, ad esempio).

Certo, alcune intuizioni anche scenografiche sono ottime, si pensi soltanto al prologo (ma anche al finale), ma non basta per poter passare sopra ai difetti di un lavoro che sembra quasi soffocato dalle metafore piuttosto che completato. Anche Centochiodi era imperfetto, ma aveva una semplicità ed una linearità che lo aiutavano parecchio. Qualcuno disse che era un capolavoro, e qualcuno dice che lo è anche Il villaggio di cartone: sarà.

Voto Gabriele: 5.5

Il villaggio di cartone (Italia 2011 – Drammatico 87′) di Ermanno Olmi con Michael Lonsdale, Rutger Hauer, Massimo De Francovich, Alessandro Haber, John Geroson, El Hadji Ibrahima Faye, Samuels Leon Delroy, Irma Pino Viney, Fatima Alì.

Dal 7 Ottobre 2011 nelle sale italiane

Trailer e foto del film
Editoriale di Italo Moscati
Foto dal red carpet

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