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Colpi di fortuna: recensione in anteprima del “cinepanettone” 2013

Ultimo “cinepanettone” per Neri Parenti e Christian De Sica, Colpi di fortuna torna alla formula ad episodi per narrare la sfiga nell’Italia di oggi. Tutto stanco, tutto riciclato, tutto brutto: tre segmenti che sono quasi un manuale sui problemi del cinema italiano di oggi!

pubblicato 17 Dicembre 2013 aggiornato 31 Luglio 2020 06:05

Proviamo ad andare un po’ oltre. Sottolineo: proviamo. Ovvio che è facile liquidare un film come Colpi di fortuna, facilissimo. Lo può fare chiunque, se vuole, figurarsi la critica. Imbarazzante, senza idee, derivativo, stanco, volgarotto, e chi più ne ha più ne metta: questo lo sappiamo già, e paradossalmente forse manco occorre aver visto il film per pensarlo.

Però il film c’è, e rappresenta un discreto spunto pr ragionare su un paio di problemi seri. Perché in Colpi di fortuna c’è un’inquietante summa di tanta roba che non funziona nel cinema italiano. L’opera è divisa in tre segmenti (tutti diversi tra di loro nello stile, ci dicono), e uno penserebbe già ad un paragone con i bei film a episodi che furono: ma non c’è nessun paragone, l’analisi basta e avanza qui e ora.

Episodio 1. Ci sono Mario (Luca Bizzarri) e Piero (Paolo Kessisoglu), genovesi che lavorano per la MSC Crociere a Napoli. Sì, per la MSC Crociere: le navi della compagnia e il logo sono ovunque in questo episodio, e quasi quasi si cerca una nuova definizione per product placement. Piero è innamorato di una barista, che però inizia una relazione segreta con Mario. Nel frattempo Piero vince al Lotto con una cinquina scema (1, 2, 3, 4 e 5), ma perde il biglietto dopo una notte alcolica.

Episodio 2. Gabriele Brunelli (Christian De Sica) è un imprenditore tessile di successo iper-superstizioso, talmente tanto da circondarsi di peperoncini, toccare continuamente ferro e ripetere tutti i riti scaramantici. Sta per concludere l’affare di una vita, ovvero ottenere l’esclusiva di una pregiatissima lana prodotta da capre mongole. Quando Bernardo Fossa (Francesco Mandelli), il traduttore dal mongolo, arriva in ufficio, è un susseguirsi di incidenti: non è che ‘sto traduttore porta un po’ sfiga?

Episodio 3. Felice (Lillo) fa l’insegnante di danza in una casa di riposo. Un tempo era un ballerino di Raffaella Carrà. Ha una moglie e 4 figli adottivi (che si chiamano tipo Raffa, Kledi…). La “botta di culo” (riportiamo: lo si dice almeno 20 volte) arriva con un’eredità improvvisa che gli lascia il padre che non ha mai conosciuto: ma l’eredità arriva assieme ad un fratello che non sapeva di avere e di cui deve prendersi cura, Walter (Greg). Peccato che Walter sia “una persona speciale”: ovvero un matto con fissazioni assurde (schiaffeggia le persone che pronunciano le parole “niente” e “nulla”), e sogna di avere un razzo.

Dicono che al cinema ci si va per staccare il cervello e farsi due risate: sai, in periodo di crisi… A parte che lo stesso giorno esce nelle sale Philomena, per dire: ma qui, nel caso specifico, le risate dove stanno? Dove stanno queste grasse, abbondanti risate per tutta la famiglia? Qui stiamo ancora a fare le gag con la gente che si fa scivolare sullo scorrimano delle scale (e finisce con le parti basse spappolate), stiamo ancora ai cortei funebri anticipati da cavalli che fanno una montagna di cacca.

Roba insomma che Neri Parenti faceva già all’epoca dei suoi Fantozzi: con l’unica differenza che Fantozzi va in pensione sapeva anche essere gelidamente dark e cattivo. La differenza, poi, stava anche nel contesto in cui le gag, anche quelle più “volgari”, venivano inserite. Il contesto di Colpi di fortuna, così come quello di tutti i cinepanettoni, è invece improponibile e nullo. Ma andiamo con ordine.


Dicevamo che in Colpi di fortuna c’è un po’ tutto (o molto di) quel che non va nel cinema italiano. Il primo episodio, quello con Luca e Paolo, è quello più becero, pura barzelletta che dovrebbe scoppiare nella parte finale e invece scema ancora di più della sua già non scoppiettante partenza. La tipica barzelletta che non fa ridere e che lascia tutti gli ascoltatori a disagio.

Il fatto è che Parenti e compagnia credono di imbastire una trama ingegnosa e divertente, che se da un lato prova ad omaggiare Ho vinto la lotteria di Capodanno dello stesso regista, dall’altra non fa altro che ricalcare Una notte da leoni (c’è pure un cane gigante nascosto in bagno al posto della tigre). Problema numero 1 del cinema italiano di oggi trovato: la pochezza di idee. In questo caso non si sa manco ricalcare un modello americano (qualcuno ha pure detto Brizzi?).

Il secondo episodio, quello con De Sica e Mandelli, rimette sul piatto una delle grandi tematiche “italiane” di sempre: la superstizione. Il nostro cinema ci gira attorno da decenni, e persino Michelangelo Antonioni aveva dedicato al tema un celebre corto documentario. Ma tra corna, riti, cacca calpestata e tutto quanto ci si ritrova a costruire soltanto una stanca serie di sketch fisici e verbali (con equivoci sulla parola “froci” ecc.). Problema numero 2 del cinema italiano di oggi trovato: l’uso continuo di facili stereotipi per ammiccare al pubblico di bocca buona.

Il terzo episodio, quello con Lillo e Greg, ci dicono che è il migliore. Mah, sarà. Se però dà l’impressione di essere più riuscito dei precedenti due, è solo perché è vagamente più costruito, e questo la dice lunga sulla qualità di tutta l’operazione. Questa storia di due fratelli che imparano a conoscersi dopo anni e anni, in cui “follia” e “sanità mentale” si mescolano e contaminano, è noiosissima, scritta e diretta con piattezza disarmante. Problema numero 3 del cinema italiano di oggi trovato: mediocrità di scrittura e regia, piattezza generale dell’idea di cinema.

Questo è l’ultimo “cinepanettone” firmato da Neri Parenti e interpretato da Christian De Sica. Negli ultimi tempi il box office ha iniziato a non dare più troppa ragione alla formula “vacanziera” e si è optato per quella sempiterna ad episodi. Ma il problema è sempre stato nel manico, e il pubblico ci ha messo un po’ troppo a capirlo, e mica tutto il pubblico l’ha davvero compreso. Chissà se l’han capito gli autori e il cast: probabile invece che trovino semplicemente altre formule per portare avanti la stessa solfa.

Quel che resta di Colpi di fulmine fortuna è l’ennesimo uso a caso di un calciatore (Hamšík) e di una nota star tv (la Carrà, che appare nel finalone, in modo vagamente più sensato della Lollo in Box Office 3D). Resta anche poi l’assoluzione buonista di tutti i personaggi. Tutto si risolve alla grande alla fine di ogni storiella. Così gli Italiani tornano a sognare: perché siamo tutti più belli, ricchi, fortunati, persino più buoni. Sai, in periodo di crisi è proprio tutto molto credibile.

Voto di Gabriele: 1

Colpi di fortuna (Italia 2013, commedia 97′) di Neri Parenti; con Christian De Sica, Pasquale Petrolo, Claudio Gregori, Luca Bizzarri, Paolo Kessisoglu, Francesco Mandelli, Barbara Folchitto, Fatima Trotta. Qui il trailer. Dal 19 dicembre 2013 in sala.