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The LEGO Movie: Recensione in Anteprima

Una banda di supereroi e creativi in genere devono difendere l’universo dall’ordine e dai libretti d’istruzione, inspiegabilmente guidati da Emmet, lo “speciale”. Questo è The LEGO Movie, sogno ad occhi aperti di intere generazioni di piccoli e grandi grandi costruttori

pubblicato 19 Febbraio 2014 aggiornato 31 Luglio 2020 04:07

Tale e tanta è l’affezione per i mattoncini più celebri di sempre che, quasi in contemporanea con l’avvento di YouTube, tra i tanti fenomeni se ne impose presto un altro: la proliferazione di numerosi cortometraggi a sfondo LEGO. Tra parodie, video spensierati, qualche lavoro semiserio e quant’altro, ce n’è stato per tutti i gusti. Già in ambito videoludico tale brand aveva vissuto una sorta di seconda giovinezza, grazie alla geniale acquisizione dei diritti da parte di Traveller’s Tale, compagnia operante nel settore dei videogiochi che proprio col marchio LEGO ha operato a suo tempo la svolta definitiva.

Si aspettava, bisogna ammetterlo, da tempo la risposta al cinema. Perché in fondo quella spropositata mole di materiale che vagava nell’etere, spesso ben più vecchia delle piattaforme di video sharing online, altro non rappresentava che un monito pronto ad essere assecondato da un momento all’altro. A tutti quei ragazzini, un po’ adulti e un po’ bimbi, la risposta è arrivata e si chiama The LEGO Movie. Semplice. Diretto.

Guardare alla trama, o quantomeno alla sinossi, può rivelarsi per certi aspetti deludente. Emmet è un operaio come tutti gli altri, che segue le regole con un’irritante giovialità, ma che a un certo punto si scopre essere quello speciale. Che significa? Siamo alle solite: toccherà a lui salvare l’universo dal cattivo di turno pronto a mettere in atto il suo piano malefico. Niente di particolarmente esaltante, giusto? E non possiamo nemmeno andare oltre, perché vanificheremmo un discorso un attimino meno scontato, ma soprattutto che un suo senso specifico ce l’ha eccome.

Torniamo allora a quanto ci compete. The LEGO Movie è un po’ il sogno proibito di tutte quelle generazioni in un modo o nell’altro cresciute sotto l’ombra del mito di questi strani mattoncini colorati, con in più la passione per il grande schermo. Un film per certi aspetti sgangherato, così com’è giusto che fosse. Anzi, è proprio tale “sgangheratezza” che il contesto e il sottotesto reclamano a gran voce, quasi fosse un diritto che spetta loro a priori. Tutto sta nel darsi al gioco, così come si faceva da piccoli quando si costruivano certe cose che non avevano né testa e né piedi, ma che per ciascuno di noi era di volta in volta una casa, un rifugio, un drago, un automobile senza ruote, di nuovo un drago, una nave spaziale sprovvisto di tettuccio etc. Accettato questo patto tacito, quanto ci troviamo davanti si rivela da sé, senza per forza doverne forzare le premesse.

Premesse che, badate bene, ci sono eccome, anche in funzione narrativa. Immaginate un mondo in cui tutto procede senza alcun intoppo, in maniera drammaticamente oliata. Certo, il dramma fatica ad emergere perché tutti vivono in questo stato di torpore entusiastico per l’ennesima puntata di «Dove sono i mei pantaloni?», o perché tanto il traffico quanto la fila presso un qualunque edificio sono talmente ordinati che pare una coreografia perpetua. Si fanno i salti di gioia per un caffè pagato 37 dollari, sebbene sia lecito pensare che le paghe siano tali da permettere questo ed altro – come un appartamento tanto anonimo quanto confortevole, una cuccia a due, tre vani. Si erigono grattacieli da mane a sera senza sapere il perché, ma questo non importa perché «è meraviglioso» comunque!

Poi però qualcuno, un po’ per volta, ci lascia intravedere cosa c’è sotto la scorza; e allora si ride. E di gusto pure. Senza prendersi mai sul serio, costellando l’intera progressione di episodi al confine tra il grottesco e il nonsense, a tratti talmente raffinato che i più piccolini faticano a cogliere. Perché in fondo i LEGO, come ci avevano già chiarito i Traveller’s Tales con i loro videogiochi, sembrano essere concepiti per questo: parodiare. O a fini satireggianti perfino. Fatto sta che questo minuscolo/immenso cosmo, tenuto in piedi da poche e chiare regole, dunque essenzialmente sregolato, si adatta alle dinamiche più disparate.

Con i LEGO, sarà stato detto una miriade di volte, ci puoi fare di tutto insomma. Ed è vero. Anche dare vita ad un lungometraggio senza capo né coda che però non è mai fine a sé stesso. Riempiendolo degli elementi apparentemente più contraddittori, tra ciò che sta più o meno a cuore, formando così un potpourri di situazioni e rimandi inverosimili ma assolutamente in linea col contesto. Ed è lì che bisogna rivolgersi per sondare la vera forza di tale operazione.

In quelle piccole cose, magari un dettaglio che si percepisce appena per un secondo o anche una frazione di secondo. Perché da un lato abbiamo scene eclatanti come l’appello di Vitruvius, che nel richiamare all’ordine cita due volte Michelangelo: il Buonarroti e la tartaruga ninja; dall’altra troviamo elementi più discreti, come la polvere, il fumo o l’acqua fatte anch’esse coi mattoncini (sapete che il film è pressoché interamente in stop-motion, sì?), cose di questo tipo insomma.

Il tutto senza sacrificare l’appeal di certi personaggi, come il poliziotto bipolare, il Batman che fatica ad esternare i propri sentimenti o l’astronauta anni ’80 frustrato. Una girandola di citazioni che non risparmia nemmeno il cinema duro e puro, dall’ovvia impronta à la Matrix, fino a quei titoli di coda la cui grafica rimanda paro paro a quegli di Arancia Meccanica. Ma poiché non a tutti è dato esaltarsi per certe cose, si può certo dire che si tratta di un’aggiunta, un seppur irrinunciabile surplus a quanto già c’è di sostanzioso. Ripetiamo, senza caricare troppo il film, ché strutturalmente è molto basilare e proprio per questo efficace. Sì, efficace. Dato che in fondo, alla fine della fiera, non manca neppure la morale, quella sana, elargita con leggerezza, senza stare lì a girarci troppo intorno. E la morale qual è? Probabilmente che non esiste peggiore (o migliore, a secondo) conformista dell’anticonformista. Se non una morale, senz’altro una centrata provocazione.

Voto di Antonio: 8,5
Voto di Federico: 8
Voto di Gabriele: 7

The LEGO Movie (USA, 2014) di Phil Lord, Christopher Miller. Con Chris Pratt, Will Ferrell, Elizabeth Banks, Will Arnett, Nick Offerman, Alison Brie, Charlie Day, Liam Neeson, Morgan Freeman, Jadon Sand, Channing Tatum, Jonah Hill e Cobie Smulders. Nelle nostre sale da domani, giovedì 20 febbraio.

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