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Allacciate le cinture: Recensione in Anteprima per il film di Ferzan Ozpetek

Kasia Smutniak e Francesco Arca sono i protagonisti di una storia d’amore senza fine firmata Ferzan Ozpetek

pubblicato 28 Febbraio 2014 aggiornato 31 Luglio 2020 03:49

Quattro anni dopo il meritato successo ottenuto da Mine Vaganti, 8.352.000 euro al botteghino, 5 Nastri d’Argento vinti su 10 candidature e 2 David di Donatello portati a casa su 13 nomination, Ferzan Ozpetek è tornato a Lecce per Allacciate le cinture, film molto atteso a causa dei deludenti risultati ottenuti dal promettente ma poco riuscito Magnifica presenza. Il regista turco, ormai italiano d’adozione, ha ovviamente ritrovato i temi a lui più cari per raccontare una storia d’amore, per la prima volta tra un uomo e una donna, lungo 13 anni di esistenza.

Un uomo e una donna che hanno i volti bellissimi e i corpi ancor più inattaccabili di Kasia Smutniak e Francesco Arca, ex Tronista di Uomini e Donne da tempo prestato alla recitazione televisiva e da meno di una settimana mattatore nella nuova serie de Il Commissario Rex. Dopo aver lanciato Luca Argentero ed Ambra Angiolini con Saturno Contro e affidato un primo ruolo ‘drammatico’ a Gabriel Garko ne Le fate Ignoranti, Ozpetek ha così provato l’impresa più ardua, disegnando i tratti di un burbero maschilista, sessista, omofobo e razzista sui lineamenti aitanti e tatuati di Arca, che il Cinema non l’aveva praticamente mai fatto (a meno che Scusa ma ti voglio sposare non lo si voglia considerare tale). Fallendo completamente l’obiettivo. “Quando l’ho scelto mi hanno quasi insultato su Twitter. Ma Francesco era perfetto, aveva negli occhi il personaggio. E’ la dimostrazione che si può essere attori per istinto, anche senza studio“, ha ribadito in sua difesa Ferzan durante la conferenza stampa di ieri, senza aver ancora colto la profonda inadeguatezza di Arca all’interno della sua pellicola. Che possiamo ancora una volta definire promettente in partenza ma poco riuscita una volta arrivati ai titoli di coda.

L’obiettivo dichiarato di Ozpetek, ancora una volta, era quello di raccontare i temi che da sempre gli stanno più a cuore, vedi amore, amicizia, famiglia e intrecci del destino, consigliando al suo pubblico di allacciarsi le cinture di sicurezza per gestire al meglio le inevitabili turbolenze che nella vita prima o poi arrivano. Obbligandoti a reagire e a tenere duro. Protagonisti del film, che spazia continuamente tra dramma e commedia, Elena ed Antonio, accecati da un’illogica passione improvvisa. Un colpo di fulmine ‘barbaro’ ed ‘animale’ che va oltre le enormi distanze culturali dei due, tanto da portare entrambi a tradire i rispettivi fidanzati. 13 anni dopo ci ritroviamo dinanzi ad una coppia ancora in piedi, anche se minata dai continui tradimenti di lui, dai litigi in famiglia e dalla malattia che colpisce nel profondo lei. Perché un cancro al seno investe Elena, mettendo a dura prova i sentimenti di tutti, ovvero mamma, zia, migliore amico, figli e ovviamente lui, quell’Antonio burbero e poco loquace ancora attratto dalla sua bellezza, anche se devastata dalla malattia.

Se fossimo in America un film simile sarebbe probabilmente nato da un romanzetto rosa di Nicholas Sparks. Ma siamo in Italia e l’idea di base è venuta a Ferzan Ozpetek, Maestro di melò che tanto meritato successo ha ottenuto negli ultimi 3 lustri. Peccato che anche in questo caso, come avvenuto con il presto dimenticato Un giorno Perfetto, il regista turco sia pesantemente scivolato su un argomento complicato come l’amore ‘fisico’ e passionale di una coppia che parla poco, interagisce solo sessualmente e per questo si ama follemente. Al fianco di Ferzan uno degli sceneggiatori storici come Gianni Romoli, suo collaboratore in Harem Suare, Le Fate Ignoranti, La finestra di fronte, l’incompreso Cuore Sacro e Saturno contro. 4 mani per provare a rendere credibile l’amore impossibile tra Francesco Arca e Kasia Smutniak, colonna portante della trama che traballa costantemente sin dai primi minuti di pellicola. Perché in Allacciate le cinture funziona il resto, vedi i comprimari chiamati a stemperare i toni drammatici con parti stereotipate eppure ben delineate e divertenti, ma non i due protagonisti che con passione si abbracciano nel poster ufficiale del film, che urla quasi con tono ‘mocciano’ “un grande amore non avrà mai fine“. Un amore che sboccia all’improvviso, tramite semplici sguardi, sfiancanti silenzi e poche, pochissime parole. Le battute di Arca sono talmente limitate da ricordare l’Arnold Schwarzenegger di Terminator, se non fosse che Francesco non riesca mai a dar loro giustizia. Mangiando spesso le parole per poi inquadrare il proprio personaggio con cliché maschilisti che ci auguravamo superati. Ingrassato 13 kg per interpretare l’Antonio ‘invecchiato’, l’attore toglie credibilità ad una trama già di suo ballerina, affossando inevitabilmente il salto carpiato di Ozpetek che ancora oggi difende la sua coraggiosa e tanto criticata scelta.

Alle spalle dei due protagonisti, come detto, troviamo il ‘meglio’ dell’opera, ovvero il sorprendente Filippo Scicchitano, incredibilmente naturale nell’indossare gli abiti di un giovane omosessuale dalla lingua tagliente; la ritrovata Elena Sofia Ricci, di nuovo diretta da Ferzan dopo Mine Vaganti e in questo caso esilarante zia ‘borderline’; una profonda Carla Signoris, madre della Smutniak nonché sorella della Ricci con cui darà vita ad interminabili e spassosi battibecchi; Luisa Ranieri, per pochi minuti in scena ma impeccabile nell’interpretare l’amante napoletana e a dir poco ‘kitsch’ di Arca; ed una brava e toccante Paola Minaccioni, in odore di nomination a David e Nastri perché quasi irriconoscibile nel ruolo di una malata terminale. Zigzagando tra i generi come vuole da sempre il suo Cinema, con risate che si alternano a momenti volutamente strappalacrime, Ozpetek esagera nel soffermarsi sulla malattia della Smutniak, per poi ‘osare’ una sorta di incrocio temporale che consentirà al film di fare un passo indietro di 13 anni, concludendo il tutto con scelte assai discutibili e involontariamente comiche, vedi una scena di sesso tra Francesco e Kasia resa inaccettabile dalla sua insensata evoluzione.

Perché ‘un grande amore non avrà mai fine‘, per l’appunto, persino dinanzi alla trasformazione fisica di un corpo. Quello della Smutniak, in questo caso, amata a prescindere dall’Orso Arca, pronto a sciogliersi in una stanza d’ospedale e con accanto un’altra paziente dinanzi alla moglie malata e per anni tradita. Introdotto da due lunghi piani sequenza, a cui faranno seguito i tradizionali ampi movimenti della macchina da presa a cui Ozpetek ci ha sempre abiutato, tecnicamente quasi ineccepibile e impreziosito da una colonna sonora a due facce, con il tema musicale che crolla nelle scene più leggere per poi decollare dinanzi ai brani con sapienza scelti dal regista, vedi la meravigliosa A mano a mano di Rino Gaetano, Allacciate le cinture conferma e certifica i tanti dubbi che avevano accompagnato la sua lavorazione, legati in particolar modo alla coppia di protagonisti. Perché se la bellissima Kasia può considerare ‘superata’ la propria prova, che anche nel suo caso l’ha costretta ad una trasformazione fisica con 8 kg persi, a non convincere minimamente è l’interazione con l’altra metà della mela, Francesco, così come il modo in cui Romoli ed Ozpetek hanno costruito la loro ‘inaffondabile’ storia d’amore. Fondata essenzialmente sul nulla, flebile nella sua introspezione e in troppi casi forzata nel volersi mostrare per quello che non è, tanto da finire contro un muro a velocità sostenuta. Finendo così per uscire malconcia e dolorante. Anche se con le cinture adeguatamente allacciate.

Voto di Federico: 5
Voto di Gabriele: 4
Voto di Antonio: 4

Allacciate le cinture (Commedia, Dramma, Italia, 2014) di Ferzan Ozpetek; con Kasia Smutniak, Francesco Arca, Filippo Scicchitano, Francesco Scianna, Carolina Crescentini, Elena Sofia Ricci, Carla Signoris, Paola Minaccioni, Giulia Michelini, Luisa Ranieri – uscita giovedì 6 marzo 2014.