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Captain America: The Winter Soldier – Recensione in Anteprima

Capitolo di transizione ma non per questo meno robusto, anzi. Captain America: The Winter Soldier rimescola le carte e apre a scenari i più svariati nell’ambito dell’universo Marvel

pubblicato 21 Marzo 2014 aggiornato 31 Luglio 2020 03:14

Anche per Steve Rogers i distruttivi eventi della Grande Mela di The Avengers sono oramai alle spalle. Ora è tempo di ricostruire, partendo proprio da sé stessi. Sì perché lo Steve che esce da quei tragici eventi è un (super)uomo cambiato: adesso bisogna capire (deve capire) quale sia il suo posto, lui che si guarda intorno e non riconosce in tutto ciò che vede qualcosa che assomigli anche solo vagamente a casa.

Il destino è lì però a rimettere tutto in discussione, volente o nolente. Basta con le menate pseudo-esistenzialiste: è l’azione che conta! Ed in Captain America: The Winter Soldier i fratelli Russo non lesinano di elargirne a piene mani. Al di là di come la trama va sviluppandosi, tocca notare subito una leggera ma sensibile virata; ridimensionata la propensione comica, il film riesce a ristabilire degli equilibri che nei film Marvel difficilmente si sono scorti. Passi in un contesto da vero one man show come Tony Stark, certi ripiegamenti sulla commedia avevano in un certo senso vanificato l’epicità seppur insita nelle varie incarnazioni dedicate ai singoli supereroi.

In The Winter Soldier viene operato il primo tentativo di “scremare” il tono a tratti eccessivamente goliardico, cercando al tempo stesso di non appesantire più di tanto l’atmosfera. Missione compiuta? Senz’altro. A ‘sto giro sono altre le fonti a cui attingere, sempre senza troppo calcare la mano, seguendo uno o più modelli in maniera schematica. Ciò che viene fuori in questo secondo capitolo dedicato a Capitan America è una spy-story che procede senza particolari intoppi, evitando qua e là di forzare troppo la mano in un senso o nell’altro.

Trattasi peraltro di un capitolo evidentemente di transizione, non solo nell’economia della storia del singolo Rogers/Capitan America, bensì nell’ambito dell’intero progetto Marvel, con evidente rimando al prossimo The Avengers, Age of Ultron. A suggerircelo è anzitutto il focus sul personaggio sotto la maschera; a conti fatti in questo sequel c’è molto Steve Rogers e poco Capitan America, ma è giusto così. Ma poi il titolo è tutt’un programma. Un “soldato d’inverno” che qui assaggiamo appena, rispetto al quale ci viene fornito quanto basta per poter intavolare un discorso vero e proprio in seguito. In tal senso è fuorviante appioppare la sempre incerta definizione di capitolo autoconclusivo, nella misura in cui una tappa di questo tipo può esserlo.

Eppure il film trova il suo equilibrio sin da subito, iniziandoci a questa crisi profonda dello SHIELD, causata da questa ambigua breccia dall’esterno. Di che si tratta? Qui tocca quindi evidenziare un altro tratto distintivo di quest’opera: perché in The Winter Soldier c’è molto Nick Fury. Anzi, c’è più Fury qui che tutti i film Marvel messi insieme probabilmente. Una storia, questa, segnata nettamente dal suo passaggio, che informa praticamente tutti i momenti chiave di snodo della trama. Solo che noi assistiamo a questo stravolgimento seguendo Rogers, qui abilmente ridotto dapprima a becera manovalanza, salvo poi rimetterlo al suo posto in maniera sensata e a tempo debito.

Ed infatti è proprio in questa capacità di gestione dei singoli personaggi che The Winter Soldier trova uno dei suoi maggiori punti di forza. Nessuno di questi è accessorio, ma al tempo stesso nessuno è predominante. No, nemmeno il Capitano, cui alla fine però viene giustamente riconosciuta qualcosina in più perché (sai com’è?) il film è anche il suo. Funzionando un po’ come gli ingranaggi di un orologio, ogni “comparsata” viene amministrata con una certa precisione, a tratti un po’ programmatica, senza che però tale impressione incida più di tanto sulla scorrevolezza.

Altra voce inevitabilmente importante è l’azione, che, come già accennato, offre un contributo a sua volta determinante. È un film Marvel, il suo protagonista è un supereroe, dunque astenersi appassionati della scienza. Qui la spettacolarità ha un senso e non costituisce un mero orpello: parliamo di una di quelle componenti essenziali, che in questo caso si contraddistingue per come è condotta. Un colpo d’occhio degno di nota bene integrato con la storia o quantomeno con la specifica situazione. Certo, sul finale ci si concede quella che è assolutamente un macroepisodio alla voce «assurdità gratuite», ma che viene inoculato en passant, tagliando la scena al punto giusto e spostando scaltramente l’attenzione sulla storia, che a quel punto ha già assunto un risvolto notevole.

Lezione dopo lezione pare dunque che Marvel stia riuscendo ad aggiustare il tiro, avvicinandosi verso quella soluzione adatta al contesto, vista già in The Avengers ma per forza di cose non replicabile con altrettanta efficacia in ogni singola iterazione che si concentri su uno anziché su più componenti. Buono il ritmo, ponderato il tono, nonché qualche uscita sopra le righe al punto giusto (la megasala dei computer old-school à la Ghost in the Shell o l’estemporanea mossa letale di una distinta signora in tailleur blu sul finire); i Russo consegnano all’universo Marvel quella che può a buon diritto essere considerata la più felice trasposizione sul grande schermo dopo The Avengers.

Tenendo a freno persino quell’impeto melenso tendente al patriottismo ed intrinsecamente connaturato ad un personaggio come Capitan America, The Winter Soldier mescola bene le carte in tavola ed apre voragini speculative sullo sviluppo del progetto SHIELD e affini. Qualcosa il cui riverbero non potrà che estendersi anche ad altre opere complementari future, ossia inserite nel medesimo universo, ma i cui benefici per il momento ricadono solo ed esclusivamente sul migliore dei sequel Marvel usciti fino ad ora. Almeno questo lo si può dire senza particolari remore.

Voto di Antonio: 7,5
Voto di Federico: 7,5
Voto di Gabriele: 7

Captain America: The Winter Soldier (USA, 2014) di Anthony e Joe Russo. Con Chris Evans, Sebastian Stan, Scarlett Johansson, Samuel L. Jackson, Anthony Mackie, Robert Redford, Frank Grillo, Cobie Smulders, Toby Jones, Emily VanCamp, Hayley Atwell, Georges St-Pierre, Maximiliano Hernández, Dominic Cooper, Garry Shandling, Jenny Agutter, Bernard White, Alan Dale e Chin Han. Nelle nostre sale da mercoledì 26 marzo.

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